L’alcool e l’ombra

Elisa, (nome di fantasia), una donna molto elegante, distinta: viene al primo colloquio dopo una telefonata in cui aveva chiesto un incontro per una nevrosi gastrica che la tormentava da un po’ di tempo. Non accenna minimamente alla sua dipendenza dall’alcool, e non lo farà per molti incontri. Il suo atteggiamento è molto controllato, formale, si lamenta, dice di sentirsi triste e afflitta dai disturbi che la tormentano. Spesso ha dolori allo stomaco che la lasciano stremata.

La prima volta che la vedo mi appare sfuggente, parla poco di sé ma molto dei suoi disturbi.

Mentre parla è come se perdesse il controllo e scivola in frasi volgari che stonano tantissimo con la “maschera” di donna di classe con cui si propone.

Quando le chiedo se ha un sogno da raccontarmi dice di no. Poi però inizia a dire che le sembra di ricordare che la notte precedente aveva sognato di trovarsi in una casa che conosceva, molto bella ed elegante ma fredda. Si aggirava nelle varie stanze ed erano spoglie, senza arredi, più guardava più si rendeva conto che mancava tutto, inoltre si accorge che ci sono cumuli di spazzatura negli angoli, ma contrariamente alla sua indole si rende conto che quel sudiciume non le da affatto fastidio. Attraversa una porta e si trova in un porcile, si avvicina ai maiali e si stende accanto a loro rotolandosi nel fango. Dice di essersi svegliata con senso di nausea.

Il nostro primo incontro termina chiedendo ad Elisa se vuole tornare. Risponde che non sopporta gli psicologi ma che forse non le farà male parlare con me.

Ci vediamo la settimana successiva, lei è ancora più distaccata della prima volta, dice di non fidarsi di me. Parla solo dei suoi disturbi di stomaco descrivendoli nei minimi particolari, verso la fine però dice di aver sognato di essere in un ospedale, aveva il volto di una vecchia secca e rugosa ma il corpo giovane e agile.

È solo dopo qualche mese che inizia ad accennare al suo bere. A come ha iniziato, come si è sviluppato… mentre ne parla abbassa la voce, quasi sussurra, sembra che si confessi. E mi chiede discrezione perché è la prima volta che ne parla con qualcuno. Le piace il torpore che l’alcol le procura, “come essere in un sogno”.

Dice di rendersi conto di aver bisogno di aiuto.

È iniziato così il nostro viaggio insieme, un percorso in cui si sono rivelati alcuni aspetti fondamentali che hanno evidenziato come i suoi disturbi siano strettamente correlati al suo disagio e cioè il suo bisogno di eliminare le sue ombre, le sue parti oscure.

Il primo sogno racconta che nella coscienza di Elisa ci sono rifiuti, sostanze che le creano nausea, però lei non prova disgusto nel sogno, né prova disagio nello stare con i maiali, nella parte inconscia. La sua parte oscura vuole essere recuperata.

La casa priva di arredi rivelano la sua aridità, il vuoto affettivo che l’aveva portata a bere.

Il secondo sogno racconta della lotta fra le due parti di Elisa. Da un lato il viso vecchio pieno di rughe simboleggia l’immobilità della coscienza, mentre il corpo giovane mostra la forza dell’istinto.

Il viaggio terapeutico sortisce un altro sogno. Elisa racconta di aver sognato di trovarsi in un tempio, era in alto e sente che il pavimento sta sprofondando. Non sa che fare e resta immobile poi decide di lasciarsi scivolare e si ritrova su un letto d’erba, il contatto è piacevole.

I simboli della lotta fra i due aspetti di Elisa: quello superiore del tempio e quello inferiore del porcile, si presentano sotto immagini diverse per un po’ di tempo, e contestualmente pian piano si modifica il suo atteggiamento. È più naturale, meno costruita, non si lamenta, e appare più determinata.

Per un po’ di incontri questo tema caratterizza tutto il viaggio terapeutico, il rito dell’incontro con l’altra parte, quella oscura, della sua personalità che si manifestava nell’abuso alcolico. Elisa grazie al viaggio terapeutico è riuscita a trovare altre vie espressive sino ad abbandonare definitivamente l’alcool.

Maura Luperto