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Intervista con l’autore: Sandro Dettori

Note Biografiche

Nato a Bolzano nel 1937, Sandro Dettori si diletta in restauro e scrittura. Ha scritto otto romanzi, uno dei quali, Trappole di carta, è stato pubblicato nello scorso febbraio, e un numero imprecisato di racconti brevi e lunghi, alcuni premiati con citazioni di merito e pubblicazioni in diversi concorsi nazionali quali: Edizioni Il Cavedio (I 100 corti 2012), Premi Piemonte Letteratura 2015, ’16 e ’17 – Premi Ranieri Filo della Torre 2016 e ’17, Antologia e Romanzo antologico (patrocinio Università “Aldo Moro” di Bari) e “I signori del thriller” per le edizioni Rudis.

Sposato da cinquantasei anni, ha una figlia, un genero, una nipote e due gatte.

Presentaci il tuo protagonista

Ted Achab è un giovane americano che tira avanti facendo il bibliotecario. Ha una moglie bella e viziata e lui, nel tentativo di migliorare la loro posizione e diventare ricco e famoso scrive un romanzo che viene pubblicato da una importante Casa Editrice.

Sotto un aspetto mite e a volte persino sprovveduto, Ted ha un’ottima opinione di se stesso e dopo il successo ottenuto ritiene che l’ambiente dell’editoria sia ormai nelle proprie mani. I problemi iniziano quando il favoloso contratto che ha firmato lo costringerà a scrivere una seconda opera ma poichè la sua ispirazione latita è la moglie a fornirgli l’idea che lo conduce dapprima a tradirla senza alcun rimorso e poi addirittura in carcere perché accusato di omicidio. Non è un protagonista positivo, Ted, ma anche altri personaggi hanno qualcosa di poco chiaro da nascondere e si muovono su un palcoscenico che ho inventato di sana pianta e che mi auguro non possa esistere in nessuna parte del mondo.

Come trovi l’ispirazione? Prima di iniziare a scrivere pianifichi tutto o ti lasci trasportare dall’istinto?

Mi vergogno quasi a dirlo ma non pianifico mai. Niente di scritto, nessun appunto ma l’ispirazione mi capita che arrivi come se leggessi un cartellone pubblicitario mentre sono fermo al semaforo. Il giallo che più mi piace, tra i cinque che ho scritto, è nato in estate durante un riposino pomeridiano. Una folgorazione: la storia di una strana, numerosa e ricca famiglia, col solito commissario al seguito per via d’una cerimonia di nozze. Dopo nemmeno un’ora, mi sono alzato dal letto con il romanzo in testa: dalle vittime, preferisco mai più di tre, al nome del colpevole e al motivo dei delitti. Con Trappole di carta, invece, l’idea mi è nata leggendo delle tante presentazioni di amici che avevano pubblicato. Mi sono chiesto che cosa si provasse a vedere un proprio lavoro nelle vetrine o tra le mani di sconosciuti e ho pensato a un Ted qualsiasi, cercando di mettermi nella sua testa ma senza riuscirci. Allora ho capovolto la storia e quella che doveva essere la lieta novella di uno come me è diventata, nello spazio di un pre-Nrem notturno, la storia di quel millantatore.

Aggiungo, infine, che quando mi metto al pc per scrivere i tre/quattro capitoli già progettati, ho in testa perfino una bozza dei dialoghi ideati la notte prima e, per mia somma fortuna, tenuti a mente nonostante l’età. Una vera fortuna che mi permette la completa prima stesura di un romanzo in due o tre mesi.

Quali sono i tuoi autori di riferimento.

Questa che mi fai è la domanda più difficile. Dopo i Salgari dell’adolescenza cominciai con i gialli Mondadori ma soltanto in estate perché mia madre, una piccola sarda col temperamento di un maresciallo dei carabinieri, durante l’anno scolastico mi proibiva di leggere tutto ciò che non era stato indicato dai miei professori, cioè molto poco. Ho cominciato a rifarmi alle superiori con Verga, Nievo e Manzoni ma, in tutta sincerità e umiltà, non posso annoverarne nessuno tra i tre, o altri come loro. Dopo, ho cominciato a leggere di tutto e di più, dalle biografie dei Grandi, politici, scrittori, uomini e donne che hanno lasciato un segno, a Maurois con la sua Storia d’Inghilterra, dalla Fallaci a Gervaso con i suoi ritratti storici. Temo di non essere in grado di fare ampie e dotte citazioni, anche se la memoria come ho detto è ottima, per il motivo che non ho letto quintali di libri e quando ancora lavoravo gli occhi si stancavano tra verbali di collaudo, relazioni e arbitrati. Adesso che potrei devo limitarmi perché la vista non me lo permette a lungo. Ma ho pazienza e tempo davanti a me, almeno così mi dico.

Puoi invitare a cena un grande scrittore del passato. Chi è e quale domanda gli faresti?

Dopo la risposta precedente questa di adesso ne è la conseguente. A cena, col placet di mia moglie che dovrebbe cucinare, non oserei invitare nessuno degli Autori citati poco fa e nessuno degli altri come loro. Non oserei e in più non sarei in grado di impegnarli in una risposta adeguata alla banalità della mia domanda perché, questa, non potrebbe mai essere al loro livello intellettuale. Ripiegherei su Agatha Christie, ma non già perché scrittrice di minor livello, come molti e a torto giudicano il genere giallo, ma per carpirle i segreti del suo modo di inventare e lavorare, invitandola anche a darmi il suo parere su altri scrittori giallisti, da Rex Stout a Ellery Queen, da Cornell Woorlrich a Donato Carrisi.

Parlaci dei tuoi progetti futuri.

Nonostante a oggi la salute sia, se non eccellente, almeno ottima, è difficile parlare di progetti futuri alla mia età. Per me il futuro è Ferragosto, magari Natale ma già Pasqua ricade nell’imponderabile! Dal lato scrittura, e quindi tra attualità e futuro immediato, sono alle prese con l’invio a un Premio piuttosto in vista dell’unico mio edito, appunto Trappole, e spinto dagli amici del web, che a volte mi sembrano tarantolati, ho riesumato qualche abitante del mio cassetto, sono ben sette, e li sto rieditando secondo le regole editoriali di ciascuna casa editrice cui li presenterò. In animo ho anche di scrivere un mega racconto a quattro mani con Chiara Forlani, la storia di un lontano amore estivo di quasi sessant’anni fa, molto tenero e triste perché, due anni dopo, la ragazzina di sedici anni morì. Chiara ha già fatto ricerche in loco e prima o poi dovremo deciderci. Altri progetti non ne ho ma se, andato a fare un riposino, mi scattasse qualcosa in testa non mancherò di farlo sapere in giro. Grazie.