Ricercatori di UniTo identificano due proteine coinvolte nella cachessia neoplastica
I risultati dello studio, pubblicati sulla rivista Cell Reports Medicine, suggeriscono un nuovo approccio terapeutico per trattare una sindrome, associata a molte patologie croniche, che ancora rappresenta un’esigenza medica.
Gli scienziati del Dipartimento di eccellenza di Biotecnologie Molecolari e Scienze per la Salute dell’Università di Torino, che lavorano al Molecular Biotechnology Center di via Nizza 52, hanno identificato il ruolo chiave di due proteine nella promozione della cachessia neoplastica e dell’atrofia muscolare. I risultati dello studio, coordinato dal Prof. Paolo E. Porporato del Dipartimento di Biotecnologie Molecolari e Scienze della Salute e sostenuto da Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Cell Reports Medicine.
La cachessia è una sindrome associata a molte patologie croniche, caratterizzata da un forte calo del peso corporeo e da una crescente atrofia muscolare, che incide drasticamente sulla qualità di vita e sulla prognosi dei pazienti. In ambito oncologico questa condizione affligge la maggior parte dei pazienti con malattia in stadio avanzato e rappresenta la causa di morte in almeno il 20% dei casi. Anche a causa delle scarse conoscenze alla base della cachessia neoplastica, attualmente non esistono cure specifiche ed efficaci.
Le cellule che costituiscono i tessuti del nostro corpo rispondono a stimoli dell’ambiente circostante con flussi di proteine che si attivano e inattivano, lungo specifiche vie di segnalazione cellulare. La ridotta attività di una di queste vie di segnalazione, chiamata “BMP-Smad”, induce una diminuzione della forza e della massa muscolare ed è uno dei meccanismi biologici noti alla base della cachessia neoplastica.
I ricercatori dell’Università di Torino hanno aggiunto un tassello a questo quadro, identificando due proteine coinvolte nella riduzione di questa via di segnalazione: l’ormone eritroferrone (ERFE) e la proteina intracellulare FKBP12. Grazie a una stretta collaborazione con l’Università di Padova e l’Ospedale San Raffaele di Milano, gli scienziati hanno osservato l’aumento dell’ormone ERFE nei muscoli di pazienti oncologici. Inoltre, in modelli sperimentali di cachessia neoplastica hanno trovato che tale aumento è indotto da uno stato persistente di infiammazione.
Una volta identificato ERFE come ulteriore inibitore della segnalazione del BMP-Smad, i ricercatori hanno valutato un possibile approccio terapeutico per riattivare questa via. Il gruppo ha in particolare studiato l’effetto della molecola FK506, che a basso dosaggio lega e rimuove la proteina FKBP12. Allentando il freno rappresentato dalla proteina FKBP12, la molecola FK506 riattiva la via del segnale del BMP-Smad nel muscolo.
In particolare la Dott.ssa Erica Mina, prima autrice dell’articolo, ha individuato gli effetti positivi della molecola FK506 sul muscolo. Basse dosi di FK506 sono in grado di ripristinare la sintesi proteica e prevenire l’atrofia di fibre muscolari in vitro e in modelli sperimentali di cachessia neoplastica. FK506 impedisce la perdita del peso corporeo, proteggendo anche dalle alterazioni dell’apparato neuromuscolare: una condizione chiave per il miglioramento della qualità di vita in caso di cachessia.
I dati raccolti con questa ricerca, sostenuta da Fondazione AIRC, sono un interessante punto di partenza per la comprensione dei meccanismi alla base della cachessia neoplastica. Ulteriori studi saranno necessari per una futura applicazione clinica. Sarà, infatti, necessario sviluppare un approccio farmacologico che colpisca solo il muscolo, per garantire un effetto specifico del trattamento.