Chi salverà la musica?
Intervista a Marco “Moci” Colagrande
Il 2020 ci ha portato tante brutte notizie, ma non solo. Nel campo musicale stiamo assistendo a una rivoluzione: nuovi musicisti riescono, nonostante il virus e il menefreghismo della grandi case discografiche, a far sentire la loro voce. Questo grazie ai social e alle nuove produzioni indipendenti. Abbiamo la fortuna di avere qui Moci, che ha appena debuttato con il suo primo album “Morbido”, prodotto da Sbaglio Dischi. La Tracklist è composta da dieci canzoni che coccolano l’ascoltatore con suoni “morbidi” e, a volte, quasi psichedelici retrò (alla Beatles per intenderci) e testi sinceri, ma allo stesso tempo sia colorati che con molte zone d’ombra. Si può definire Rock? Indie? Pop? Definiamolo solamente così: Moci.
Intanto: ma tu chi sei?
Mi chiamo Marco Colagrande, ho 23 anni e sono nato e cresciuto a Roma Nord. Suono il basso e la musica è l’unica cosa che mi interessa al mondo.
Il tuo album si chiama “Morbido”. Cosa è morbido per te?
Non sono mai riuscito a dare una mia definizione, almeno per quanto riguarda quello che per me rappresenta questa parola. Diciamo che è un mix di emozioni farcito con purezza, nostalgia fanciullesca e tanto calore umano. Che sono poi le cose che ricerco di più nelle persone di cui mi circondo
Come è nato il tuo album?
È nato in più tempi: nel corso di tre anni ha più volte cambiato tracklist, sonorità e genere; diciamo che è una sorta di diario del viaggio musicale ed emotivo che ho condotto dalla fine del liceo a un anno fa. Ho prodotto i brani in cameretta e li ho portati in studio da Giancane; da lì è andato tutto velocemente.
I dieci secondi che preferisci del tuo nuovo album.
I primi dieci, l’intro di “Pensieri Bellissimi” me lo tatuerei in fronte se potessi. Adoro i colpi di piatto e i fill di batteria suonati dal mio batterista (Enrico Strina) e l’idea che sia quel passaggio ad aprire il disco mi ha sempre reso fiero.
Qual è stato il tuo viaggio per arrivare a pubblicare un disco?
Tre anni di etichette, distribuzioni, uffici stampa, booking, produttori diversi, studi diversi, figli di puttana, belle persone, bei concerti, concerti orribili, sudore in saletta e timpani esplosi in studio. Una specie di interrail nei posti più angusti e più affascinanti della scena italiana.
Progetti futuri?
Dipende da cosa ci riserva il futuro, il sogno sarebbe quello di tornare a suonare dal vivo, fare un bel tour estivo e rinchiudersi in studio il prossimo autunno per registrare un secondo disco. I brani ci sono, le idee pure, ma c’è un momento buono per ogni cosa.
Quanto della tua vita, esperienze personali, possiamo ritrovare nelle tracce? Sempre che tu voglia svelarcelo.
Diciamo molto, anche se tra mille virgolette. Le immagini che evoco molto spesso non sono reali, soprattutto quelle più grottesche o tragicomiche, ma sono costantemente nell’anticamera del mio cervello. Sono brutti pensieri che faccio spesso, paranoie o stupide fantasie, tutta roba che però è ispirata a vicende personali ed emotive che nella maggior parte dei casi partono da un sentimento verso qualcuno o me stesso.
Ho notato che solitamente parti, per lo scrivere i testi, da situazioni quotidiane. In sostanza prima testo o poi musica?
In genere mi appunto qualche verso quando mi viene in mente, in qualsiasi momento o contesto, poi quando ho la chitarra in mano e ho una melodia in mente (spesso in fare english) provo ad adattare gli ultimi versi appuntati su quelle sillabe e vedo come viene; se il risultato mi soddisfa provo sempre a continuare a scrivere il testo a braccetto con la musica.
Facci un saluto e dicci perché dovremmo scegliere di ascoltare Moci.
”Bella” per Matteo, per ilgiornaledellebuonenotizie e per le buone notizie in generale che in questo periodo non sarebbero male. Ascoltate Morbido, il mio primo disco, perché trovo sia un disco vero, fatto con amore e qualità, un po’ moderno un po’ che puzza di vecchio. Per questo mi piace.
Beh, che dire, date una chance a questo ragazzo. Bisogna cercare di sostenere gli artisti emergenti, se non vogliamo ritrovarci in un mondo più plasticoso di quello in cui già viviamo (artisticamente parlando). Serve più morbidezza, più elasticità. Andate alla ricerca. Cercate cose belle.
La musica indie ci salverà? Può darsi. Nel frattempo ascoltiamoci Morbido di Moci, poi si vedrà.
Matteo Abozzi