Il farmaco giusto dentro di noi

Tanta gente ricorre spessissimo agli psicofarmaci pensando che quella sostanza chimica sia in grado di aiutarci a risolvere i nostri disagi. Viviamo in un mondo di agi, tecnologie e servizi eppure si ha paura… forse paura di vivere pienamente… questa è la ragione più profonda che probabilmente conduce al farmaco.

C’è chi lo prende per dormire, chi lo usa per gestire l’angoscia, l’ansia. Chi ha bisogno dello psicofarmaco per paura di scivolare nella depressione. Disistima, ansia, insonnia, depressione sono i motivi principali nella corsa allo psicofarmaco.

Nell’osservazione dei pazienti che da anni fanno uso di psicofarmaci; nel guardare i loro atteggiamenti mentali, noto quasi sempre qualcosa che li accomuna: La certezza che “tanto la mia vita non cambia“.
Chi assume psicofarmaci, parla dell’ansia, della tristezza quasi come se non si possa fare nulla. Questo è il motivo per cui il farmaco diventa così potente.

Il ragionamento è il seguente: ” Io non sono la causa del mio disagio, perché viene da qualche parte estranea a me. Prima lo mandiamo via (con il farmaco) e prima tornerò come prima.”
E se a questo qualcuno dentro di noi non andasse di tornare come prima? E se una parte profonda di noi volesse farci capire che si è stancata di essere una persona banale come noi l’abbiamo fatta diventare?
Allora ecco la protesta e il disagio della nostra voce interiore che si rifiuta di essere quello che la nostra mente la vuol far diventare.

Passiamo la vita ad accettare tutto, la famiglia, le convenzioni, i luoghi comuni. Diventiamo entità che passano la vita a dire sempre di sì.
Assumere gli psicofarmaci significa dire sì senza ribellarsi. Significa accettare che non possiamo essere protagonisti della nostra vita, che non ce la faremo mai. Dimenticando che il nostro cervello secerne tutte le sostanze contenute negli psicofarmaci mirabilmente dosate. Per questo dobbiamo stare attenti, nello sforzo di mandare via il disagio, a non eliminare anche la nostra intima essenza.
Bisogna partire dal presupposto che ogni cosa che facciamo, ha un valore, non dobbiamo mai guardarla come se fosse un’azione banale.

La verità è che guardiamo spesso dalla parte sbagliata, diventiamo “miserabili” perché entriamo in quella frequenza, diventiamo “inutili” perché conduciamo una vita inutile.
Se non ridiamo vita al mistero, noi diventiamo banali e tutto attorno a noi diventa inutile. Dobbiamo sempre cercare il nostro mistero non svelato dentro di noi. A volte nei nostri gesti senza senso è racchiuso il senso delle nostre giornate, il senso di noi. Se non vogliamo essere prigionieri dei luoghi comuni, dei sensi di colpa, liberiamo la parte magica che ci abita.

Spesso siamo marionette in balia del nulla: è il nostro regista occulto, il Sé che ci fa stare male per farci cambiare percorso, per toglierci da una vita senza senso in cui ci annulliamo.
Ci ammaliamo perché perdiamo il senso della vita. Perché ci chiudiamo in sforzi che non sono i nostri, perché non sappiamo ribellarci alle convenzioni che uccidono il nostro talento.
Qualsiasi gesto facciamo, anche il più banale, se lo facciamo senza giudicarlo e con la mente libera diventa sublime. Il sublime non ha bisogno degli psicofarmaci.

Maura Luperto