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Educazione e immagine di Sé

Mosche Feldenkrais scriveva:

– “L’immagine di sé equivale all’opinione di sé, che a sua volta si basa sulla personalità. Questa immagine di sé che, da un lato, governa ciascun nostro atto, è condizionata in differenti gradi da tre fattori: eredità, educazione, autoeducazione.

L’educazione imposta dalla società va in due direzioni, e cioè: sopprimendo ogni tendenza non conformista, con un atteggiamento di rifiuto di assistenza, e, contemporaneamente, impregnando l’individuo di valori che lo obbligano a rinunciare ai propri desideri. La filosofia contemporanea conferma tale affermazione quando osserva che la cultura industriale, il potere dei mezzi di comunicazione che influenzano e mettono a nudo la vita privata, la superstizione che affida tutto alla scienza, gli affari… tutto questo minaccia l’interiorità individuale dell’uomo contemporaneo che lo vive con angoscia, con insicurezza e diventa sempre più fragile e nevrotico.

Inoltre spesso gli scienziati, attraverso le loro ricerche, finiscono con il concepire una rappresentazione del mondo che poi passa all’opinione pubblica, che è riduttiva perché rispecchia quelle dimensioni che possono essere osservate e che genera una visione del mondo unidirezionale, perché si ferma su ciò che può essere osservato dagli strumenti e considera immaginario tutto quello che è invisibile agli occhi.

Già C.G. Jung affermava:

“la scienza non è certo uno strumento perfetto, tuttavia è inestimabile e superiore; fa dei danni solo se pretende di essere un fine in sé. La scienza è fatta per servire; è su una strada sbagliata quando usurpa un trono”.

Così facendo si ottiene una rappresentazione del mondo tutta in superficie, senza spessore, senza profondità. Così l’uomo finisce per confondersi con i fenomeni che provoca, con le immagini che forma nello sguardo degli altri e che da essi riceve. Diventa un gioco di apparenze, di riflessi, di maschere.

La società, purtroppo, spesso è considerata come il campo dove l’individuo deve progredire per essere accettato come un elemento prezioso, in quanto il suo valore dipende dalla posizione che occupa nella società. Ma questa, tuttavia, è anche il campo nel quale l’uomo può esercitare le sue qualità individuali, sviluppare ed esprimere le proprie inclinazioni, le proprie specialità.

La cultura sociale in cui si nasce possiede inoltre un ruolo educativo. Le figure che impartiscono l’educazione, all’inizio vengono accettate per poi (con il nascere di una personalità indipendente) essere messe in discussione. Purtroppo i modelli educativi attuali sono modulati secondo i miti dell’efficenza, del successo e del potere.

In ognuno di noi invece, le caratteristiche organiche derivano dalla propria eredità biologica e la loro espressione è importante per il funzionamento ottimale dell’organismo. Perché la tendenza ad uniformarsi crea numerosi conflitti con le caratteristiche individuali. Costretto dal mito dell’efficenza e del successo ad essere quello che non è, l’uomo si fa un’immagine che non è la sua, e così “per essere vincente” cerca di identificarsi, di copiare perdendo identità.

Si può arrivare assurdamente ad agire facendo pressioni su se stessi, una sorta di violenza che sfocia in quello che viene chiamato “esaurimento nervoso“.

Le persone che non si ribellano a questo sistema, sono costrette a vivere dietro a UNA MASCHERA. Ogni aspirazione o desiderio è soggetto a una critica rigorosa, per paura di rivelare il proprio pensiero. I desideri generano ansia perché si tende a reprimere l’impulso a realizzarli.

L’unico compenso che rende la vita accettabile nonostante tutto questo è la soddisfazione che deriva dal riconoscimento, che la società tributa all’individuo che raggiunge il successo. Il bisogno di un appoggio costante da parte dei propri compagni di vita è così grande che molta gente trascorre la maggior parte della propria vita rendendo più impenetrabile la propria maschera. Il ripetersi del successo è fondamentale nell’incoraggiare l’individuo a persistere in questa mascherata.

È noto che tale atteggiamento è tipico dei giovani, quindi si può affermare che la nostra società è “giovanile“, mentre le società antiche erano trainate dagli anziani, perché ritenuti saggi.

Molto lentamente, negli anni un uomo arriva a convincersi che il riconoscimento del suo successo gli procura una soddisfazione organica, tale per cui si abitua alla sua maschera talmente tanto che inizia ad avere problemi familiari e relazionali, per cui gli affetti perdono di importanza di fronte al successo della maschera che permette, con maggior o minor dolore, di soffocare qualsiasi vuoto interiore, quando ci si ferma per ascoltare il cuore.

Maura Luperto