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Daniele Scarpa: lo sport deve aiutare i giovani

Martedì 6 aprile si è celebrata la Giornata Internazionale dello Sport per lo sviluppo e la pace. A 125 anni dalla prima Olimpiade moderna, da un anno lo sport sta soffrendo le tantissime restrizioni dovute all’emergenza sanitaria. Idem per la cultura. Come dire che tutto ciò che rende l’essere umano più empatico, sensibile, socialmente attivo, disponibile al confronto, rispettoso delle regole e dell’avversario è ridotto ad attività virtuali. Non c’è proprio storia.

E se gli atleti professionisti riescono ancora a gareggiare e a svolgere regolari allenamenti, chi soffre maggiormente in questa “bolla” d’inattività sono proprio gli sportivi tra cui si potrebbero celare gli atleti di domani: i giovani.

Insomma, la pandemia è riuscita lì, dove non sono riuscite nemmeno le guerre: Tokyo 2020 è ormai il triste ricordo di ciò che non c’è stato, il futuro sembra ancora incerto.

Lo sport e l’attività fisica sono i cardini di una buona salute, soprattutto in un momento d’incertezza e distacco sociale come l’attuale. Se l’attività fisica migliora la salute mentale, aiuta a sconfiggere i pensieri negativi, riduce lo stress e la depressione e rafforza il sistema immunitario, cosa sta succedendo adesso?

Ne abbiamo parlato con Daniele Scarpa, veneziano, classe 1964, campione internazionale di canottaggio – K2, 500 e 1000 metri – quattro Olimpiadi ma soprattutto oro nel K2 1000 metri ad Atlanta ‘96 in coppia con Antonio Rossi e argento nel K2 500 con Beniamino Bonomi. Ha vinto anche due titoli mondiali nel 1995.

– “L’ONU riconosce il potere dello sport nel guidare il cambiamento sociale, lo sviluppo della comunità, promuove la pace e la comprensione. Questi i cardini della Giornata Internazionale dello Sport”. In questo momento, che potere ha lo sport nel guidare il cambiamento sociale, visto che siamo tutti fermi e l’unico suggerimento che è dato è “attivi in buona salute, stando a casa?”.

La voce sorride, mentre Daniele risponde “È una bella domanda, calza benissimo, anche perché siamo in una situazione paradossale, inimmaginabile, mai vissuta prima nemmeno in guerra. Se parli con mio padre che ha novant’anni, nemmeno in tempo di guerra c’erano queste restrizioni e questo stato d’animo. Decisamente questo virus fa paura. Anche oggi le notizie danno ancora incerto lo svolgimento delle Olimpiadi di Tokyo, perché hanno trovato altre varianti pure in Giappone, quindi viviamo in questa bolla: da una parte chiusi, da una parte pieni di speranza.  Lo sport non è un ammortizzatore sociale, è un’esigenza sociale e indubbiamente tutti quelli che l’hanno compresa hanno fatto una scuola di vita di quelle che sono le regole che dovrebbero essere applicate quotidianamente. Fondamentalmente lo sport è regola, regola per giocare e divertimento, ma soprattutto attenersi agli accordi prima di iniziare il gioco. Questo serve a educarci e a farci crescere. Ecco perchè, soprattutto nei bambini, l’attività sportiva andrebbe accentuata trovando i sistemi rispettando le distanze. Anche accompagnarli in un giro in bici è sufficiente: sono distanziati, fanno sport e al contempo imparano l’educazione stradale. Ma non si fa nemmeno quello. Si tengono a casa, abbiamo problemi seri con questa didattica a distanza. Ore e ore davanti a uno schermo che crea non solo paranoia ma anche eccitazione e instabilità psico cognitive. Lo sport è tutto, è fondamentale. Porta speranza alla società.  Però c’è sport e sport”.

– Cioè?

“C’è lo sport che vediamo tutti i giorni, dove c’è il fair play, dove si cerca di educare all’altruismo, alla solidarietà, l’onestà, la lealtà. Bei paroloni che poi vanno in conflitto con quelle che sono le istituzioni dello sport, che spesso non sono ottimo esempio su quello che predicano”.

“Lo sport va a cercare la paura per dominarla, la fatica per trionfarne, la difficoltà per vincerla”. Parole di De Coubertin. In un periodo in cui si vive nella paura, perché questa è la realtà quotidiana della maggior parte delle persone, hanno tolto cultura, musica e sport, ovvero tutto quello che può far stare bene le persone. Perché, secondo te? 

“Non vorrei azzardare teorie, ma è indubbio che – forse – si sono dimostrati tutti impreparati e ancora lo sono, perché avere i vaccini è ancora un problema. Di sicuro questa pandemia a qualcuno può portare benefici. Come sempre nelle disgrazie c’è chi ne trae beneficio e il popolo deve subire e stare dentro delle regole che purtroppo condizionano la vita di tutti i giorni ma soprattutto le relazioni, la crescita. Sto pensando a questa generazione, a questi ragazzi che stanno vivendo in maniera veramente incredibile. Sebbene sia passato solo un anno, sembrano dieci da come li stiamo vivendo, fatto salvo la parentesi estiva. Ora mi aspetto una domanda, da te ”.

Eccola: tra poco più di un mese ci saranno le elezioni del CONI e per la prima volta ci sarà una candidata donna, Antonella Bellutti.

“Lei sta facendo una campagna votata al cambiamento, è per lo sport contro le discriminazioni di genere come l’omofobia nello sport ma non vede supporto dagli atleti. In realtà votano i grandi elettori, come i presidenti e gli atleti scelti dai presidenti. Ma è una casta, c’è poco da fare. Chiedono l’autonomia ma se non entra il governo ad aiutare, il Coni chiude domani. Vive grazie ai contributi del governo, quindi di noi cittadini. Ecco perché un argomento fondamentale che bisognerebbe trattare a fondo è la giustizia sportiva, questo è il punto nodale, vedi il caso Schwazer”.

Torniamo ai bambini, ai giovani, agli atleti di domani privati di un punto fermo come lo sport, che porta valori importanti nella crescita quali educazione, rispetto delle regole e dell’altro. Secondo te, quali saranno gli effetti negativi a lungo termine di questa mancanza nella vita di tutti i giorni?

“Indubbiamente, come per un atleta di vertice rimanere fermo e poi rientrare porta delle grandi difficoltà, allo stesso modo i nostri ragazzi avranno dei grossi ostacoli, addirittura alcuni potrebbero arrivare a un abbandono delle attività. Un bambino che fa sport, ripeto, fa bene a se stesso ma è un bene anche per la famiglia, per il sociale tutto. Stare davanti a uno schermo televisivo, o davanti a un pc o ancora ciondolare senza un programma o un obiettivo, è come lasciare qualcuno in mezzo al mare e dirgli “arrangiati” e non tutti hanno la capacità di intuire su quale sponda si possa arrivare prima. Anche se sanno nuotare. Come essere in mezzo alla nebbia, insomma. Esce fuori chi ha gli strumenti o sa come tira il vento, come ci insegnavano i nostri vecchi. Questa situazione si farà sentire, ma mi auguro che si possa recuperare. Penso poi a tutti quelli che hanno già compromesso la loro attività, i tanti giovani con buone speranze e propositi che si sono visti cancellare manifestazioni nazionali e internazionali. Mi dispiace per loro, vivono un momento difficile, ci sono occasioni per cui ti sei preparato tanto che non ritornano. A livello giovanile, rispetto ai senior, più il tempo passa più perdi occasioni. Mio nipote, sedici anni, quest’anno avrebbe l’attività mondiale: se la salta, è persa, non tornerà. Ed è terribile, per un giovane atleta. L’età poi ti porta a passare a uno stato successivo perdendo le gioie, le capacità del momento e quanto un anno di sport avrebbe potuto portare. Per i giovanissimi, bisogna trovare una soluzione quanto prima. Creare dei tutor che aiutino le società a creare dei protocolli: i bambini devono ritrovarsi. Anche solo una passeggiata, distanziati. Parliamo di valori, di cultura. Ecco, usiamo questo periodo per insegnare non solo l’attività fisica ma anche l’attività culturale dello sport, che è molto importante. Palestre chiuse? Attività che non si possono fare? Troviamo alternative per supportare i giovani che potrebbero, per usare un eufemismo, perdersi per strada. Non solo sudore, insomma, andiamo ad alimentare la mente, che è un passaggio fondamentale, nella crescita. Il corpo bene o male un anno lo regge, la mente comincia a vacillare e crea dei grandi vuoti”.

Quindi, cosa c’è da festeggiare oggi nello sport?

“No, oggi c’è da riflettere, non da festeggiare. Da riflettere sulla criticità del nostro sistema e sulla mancanza di capacità a reagire. Si è pensato di tutelare i campioni, perché siamo nell’anno olimpico, ma si è dimenticato che questi campioni sono nati anche loro da una base, da ragazzini che avevano dei sogni e dei desideri. Stiamo condizionando una generazione futura. Posso dire? I campioni, bene o male, si arrangiano. Bisogna che Coni e governo investano assolutamente nelle società giovanili, in chi trasmette la passione e i valori dello sport. Oggi è la giornata velata dello sport. Chiamiamolo un confessionale dello sport. Voglio trovare un interlocutore che non ci dica solo quattro Ave Maria e andate a casa”.

cricol