Se Sanremo fosse durato due giorni in più, non ci sarebbero stati dubbi: la canzone “Musica Leggerissima” degli artisti Colapesce e Dimartino sarebbe arrivata prima, posizionandosi sopra la già dimenticata “Fuori di Testa”.
Per l’appunto, i giorni dopo essersi conclusa la gara canora, scoppia il tormentone. Ovunque ci si giri, qualsiasi pagina virtuale venga scrollata ecco che le note e le parole del ritornello ci appaiono di fronte: “metti un po’ di musica leggera perché ho voglia di niente!”
E così per le radio, i meme sui social e varie reinterpretazioni fatte da vip e persone qualsiasi.
È ovunque. Tutti la conoscono, tutti l’hanno ascoltata. Ma praticamente nessuno l’ha capita. Sembra quasi che il testo non venga per niente ascoltato, altrimenti le reazioni non sarebbero persone felici che ballano su questa musichetta.
È stato un colpo alla Edoardo Bennato: parli di un Gatto e di una Volpe, ma in realtà sotto una storia carina, si nasconde una grande critica… o un grande messaggio.
L’artista napoletano nascondeva, ma neanche troppo, messaggi politici, questo però non è il caso di Colapesce e Dimartino. Nel caso di Musica Leggerissima il messaggio è sostanzialmente filosofico/esistenziale: si parla di depressione cronica, per i più forbiti pessimismo cosmico.
Partendo dal videoclip: si può subito notare che i due protagonisti, ovvero i cantanti della canzone, non sorridono mai. Indossano sempre un’espressione neutra, perché non c’è nulla per cui sorridere (ne riparliamo dopo). Ma dei sorrisi qua e la sparsi per il videoclip sono presenti, ma sono tutti finti o inquietanti. Difatti il filmato finisce proprio con una foto di persone in posa, che ostentano una felicità inesistente.
Non c’è qui spazio per poter fare un’analisi parola per parola del testo, ci limiteremo quindi a estrapolare il messaggio principale, il quale si può in realtà dedurre quasi interamente dal ritornello.
C’è bisogno di ascoltare della musica. Qualsiasi tipo di musica? Ma assolutamente no! Serve una melodia dolce, che non dia da pensare. Semplice e leggera. L’uomo non vuole riflettere ma vuole pensare di riposarsi, poiché è solamente una diceria che “si stacca il cervello” sentendo, o guardando, prodotti audio-visivi idioti. In teoria per avere un giusto ozio, bisogna comunque impegnare la mente in qualcosa per cui valga la pena usare il proprio tempo. Dire musica leggera (anzi leggerissima) vale a dire intrattenersi con qualcosa di superfluo e in ogni modo rimpiazzabile.
Ma qual è il perché per il quale l’uomo ha bisogno di avere una musica tra le orecchie? Perché senza di essa, senza un rumore di sottofondo, ci sarebbe il nulla. Il nulla spaventa. L’essere umano piuttosto che arrendersi a questo innalza falsi Dei, filtra la realtà. Bisogna riempire il “silenzio assordante per non cadere dentro il buco nero”. La depressione ci è vicina più di quanto pensiamo; piuttosto che affrontarla però, le mettiamo una maschera e la chiamiamo in modo diverso. Ma rimane lì, non scompare. La musica leggerissima elimina la gravità del grande buco nero, tappandolo, ma non distruggendolo.
È interessante poi guardare allo special, quella parte che porta all’ultima ripetizione del ritornello, nel quale gli autori dicono quanto sia diffusa socialmente questa condizione umana. Non rimane infatti rilegata a pochi individui, ma è in realtà un’isteria di massa. Tutti sono assuefatti da questa musica leggera. Perennemente distratti dalla ricerca di senso delle loro vite. È onnipresente: nei supermercati, in palestra, nell’esercito, tra i giovani, in chiesa, nei pensieri, nelle feste e, giustappunto, nella vita.
Per usare una terminologia di un grande pensatore italiano, Umberto Galimberti, c’è un ospite inquietante che ci segue sempre, ma che non vogliamo fermarci a guardare.
Ci basta alzare il volume e assordarci.
Musica Leggerissima è sicuramente una delle migliori canzoni degli ultimi anni. Un misto di stile indie, con influenze della disco-music. Arrangiamento e testo si sposano alla perfezione. Così bene che il testo cullandosi tra le note, viene sì canticchiato, ma mai separato dal contesto musicale e compreso nella sua pienezza.
Colapesce e Dimartino sono stati i veri vincitori di Sanremo, portando sul palco una canzone allegra e una filosofia depressa.
Matteo Abozzi