We have wings, è questo il tema della cerimonia di apertura, il vento e le ali.
Lo stadio fin da subito si trasforma in un grande metaforico aeroporto.
Tutti abbiamo le ali, c’è chi ce le ha grandi, chi ce le ha piccole, chi ne ha una sola, ma tutti possiamo volare.
Dall’attivazione dei macchinari virtuali del vento, entrano gli agitos, i tre elementi del logo paralimpico, colorati di blu, rosso e verde, i tre colori più frequenti utilizzati nelle bandiere di tutto il mondo.
Spirit in motion, è questo il motto paralimpico, lo spirito in movimento, ed attraverso il movimento del vento entrano, fino a formare il simbolo del logo.
“Buona sera passeggeri, tra pochi minuti arriveranno gli atleti da tutto il mondo al National Stadium.” annuncia la voce introducendo gli atleti nell’aeroporto del futuro in cui ci prenderemo cura gli uni con gli altri, sotto un vento di cambiamento.
Lo stesso vento che muove, con un algoritmo grafico, le bandiere sulla pista durante la sfilata di tutte le nazioni, che entrano come di consueto ad una ad una in pista.
A conclusione della sfilata il vento le mescola tutte in una sfera, in cui tutto il vento e tutti i colori fluiscono a formare un unicum, un globo, il pianeta terra che esplode in uno spettacolo pirotecnico.
E il vento prende forma.
Entrano degli uccelli, volano nello stadium sospinti da questo vento.
Entra una bambina, su un piccolo aeroplano con un’ala sola.
E con lei altri aeroplani arrivano e volano sopra lo stadio, maestosi, in volo sfilano e le fanno vedere quanto sia bello volare: biplani, aerei a motore…
Ma non si riconosce, manca qualcosa, le manca quell’ala che quegli aeroplani sopra di lei hanno.
Scuote la testa, “No, non ce la faccio”, e si oscura tutto.
Arriva il colore, arrivano altri aeroplani. Arrivano aerei con un arto amputato e le stampelle, un aereo con ali enormi, un piccolo aeroplano con piccole ali.
E tutti volano!
Lo sfondo si fa colorato, rosso, verde e blu! I tre Agitos nelle grafiche prendono forma.
È un’esplosione di aerei, di diverse disabilità, espresse dai performer in campo, a convincere la bambina a volare in quella pista in cui la diversità diventa unicità.
Tutti intorno a lei volano, cercano di sospingerla e spingerla a volare, ma nulla.
Ci prova. Si posiziona ma la paura è troppa.
Ed in questa esitazione si entra nella parte istituzionale della cerimonia con i discorsi di Hashimoto Seiko, presidente del comitato olimpico di Tokyo, e di Andrew Parsons rivolti agli atleti e alle persone con disabilità di tutto il mondo.
1 miliardo e 200mila persone, il 15% della popolazione mondiale.
Nei loro discorsi sottolineano l’importanza delle azioni che stanno facendo tutti i comitati paralimpici e di quanto, anche attraverso lo sport, si possano abbattere barriere, architettoniche e stigmi sociali, che ancora esistono, ma che a poco a poco si devono sciogliere ed eliminare.
Lo sport diventa strumento per far alzare il vento del cambiamento, un cambiamento sociale.
#WeThe15
E dopo questi discorsi torna la bambina, con i suoi dubbi e le sue paure.
Con lei entra un autobus, un autobus colorato pieno e ricco di diversità, che la sprona a volare con il suono del suo clacson, a cui risponde con paura, espresso dal suono di un violino.
Scendono dall’autobus artisti e performer artistico/sportivi con diverse disabilità, illuminati, ognuno nel suo costume di scena, da luci differenti.
Ognuno portatore di una luce posizionata in diverse parti del corpo o di dimensione differente, a sottolineare ancora una volta la cultura della diversità, l’elogio dell’imperfezione che arricchisce, illumina in questo caso.
E sotto le note di “I did it my way” arriva un ballerino con una protesi luminosa alla gamba, e questa luce viene fatta vedere, data alla nostra protagonista che, attraverso questa luce, guarda il mondo in modo diverso. È uno sguardo verso un mondo nuovo, un mondo possibile. Quando scopriamo che è possibile, attraverso l’esperienza di altri che con il loro esempio e unicità ci fanno capire che potrebbe anche solo essere possibile, diventa possibile anche per noi…
Ci illuminiamo. La bambina con un’ala sola inizia a illuminarsi.
Al richiamo del clacson dell’autobus questa volta la bambina non risponde con paura, ma risponde con entusiasmo, un guizzo di violino la accompagna.
Ci prova, prende la rincorsa, e vola!
Vola illuminata dalla sua luce accesa da questa nuova visione.
We Have Wings – abbiamo le ali. E possiamo volare, tutti.
Con questa luce, che portiamo, ed è stata portata da molti tedofori per tutto il Giappone, ecco l’ultimo scambio della fiaccola olimpica all’interno dello stadio.
Il fiore inizia a schiudersi, gli ultimi tre tedofori allungano le torce sul braciere, e finalmente possiamo illuminarci, tutti, di nuovo, sotto questa fiamma, attraverso questa fiamma, questa passione, questa luce, questa torcia olimpica interiore che ognuno porta con sé.
Illuminiamoci, e lasciamoci illuminare sotto lo stemma paralimpico, sotto lo stesso cielo, e risplendiamo.
Differenza è forza e non debolezza
Andrew Parsons – Presidente del Comitato Paralimpico Internazionale