Le persone che si rivolgono allo psicoterapeuta chiedono spesso il perchè dei loro disagi: “Perché sono così? Perché mi è capitata questa cosa?
Capire la causa dei propri disagi non è necessario per risolverli. Coloro che hanno fatto un percorso di psicoterapia parlano spesso un linguaggio che sembra li accomuni: parlano del complesso di Edipo, di regressione, dell’angoscia di castrazione ecc.. Come se avessero capito tutto , come se sapessero tutto di sé e degli altri.
“Sa, dottoressa, ho sognato questa cosa e credo di aver capito cosa significhi”. Questo tipo di verbalizzazione è molto frequente e in parte sostenuta da giornali che parlano di articoli impregnati sul casellario dei sogni. Cioè (scrivono) se sogni il gatto ripetutamente significa una cosa, se sogni di salire un scala, vuol dire un’altra cosa, ecc. Il problema è che a volte alcuni psicoterapeuti partecipano al gioco dei perché. A volte, senza rendersene conto, si danno ai pazienti risposte precise e particolareggiate.
Alla domanda spesso frequente “Quanto tempo ci vorrà?” nessun psicoterapeuta può rispondere perchè non lo sa, non gli è dato di saperlo.
Il mondo degli affetti, delle immagini, delle emozioni appartiene ad altre dimensioni. Non esiste spiegazione logica che possa rispondere alle domande: “Perchè mi sono innamorato, perchè gioisco, perchè provo rabbia, perchè soffro?“.
Neppure i sogni possono essere spiegati, perchè appartengono al regno della notte, dove domina l’immagine e dove la logica della ragione non ha spazio. Forse i sogni si possono leggere, ma con il loro stesso linguaggio simbolico.
Se si ascoltano le storie di chi soffre di disturbi psicosomatici come l’ulcera, l’asma bronchiale, la colite, la cefalea, la psoriasi ecc. ci si rende conto che in tutte compare un elemento comune: l’eccessivo utilizzo del termine razionale.
Il malato psicosomatico è dominato da un uso prevalente della parte che pensa rispetto a quella emozionale. I pensieri dominano abbondantemente la scena dell’esistenza. Si tratta di pensieri tutti incentrati sulla concretezza, sulla continua riflessione, sui fatti accaduti; c’è poco tempo e spazio per vivere le emozioni, sia quelle piacevoli sia quelle colorate negativamente. Insomma più si impedisce a se stessi di vivere al gioia e il dolore, l’euforia e la tristezza, più il corpo si ribella facendoci ammalare.
Chi si ammala, quando va dallo psicoterapeuta cade in una nuova trappola: quella di chi crede che, utilizzando di più la capacità di capire, si possano superare il dolore e il disagio. Va capito subito che una psicoterapia non è un percorso di certezze, né dei perchè. Chi pone domande sul proprio stato inevitabilmente si allontana dal mondo delle emozioni, che attraverso i sintomi stanno cercando di farsi ascoltare. Capire perché si soffre non serve, non porta ad alcun risultato. La psicoterapia non dà consigli. L’anima non conosce la parola perché.
La psicoterapia come la concepisco io non risponde a domande, non dà certezze, punta piuttosto allo sviluppo di una trama, a far allargare e fluire le immagini portate dal paziente. Diventa lo spazio dove le immagini scorrono libere, come nel sogno, dove la coscienza non interviene a dire la sua. Diventa il territorio senza tempo dei simboli.
Quanto più un racconto esce dal contingente del quotidiano, tanto più si immerge nell’infinito. Allora l’ansia, il dolore, la paura non corrispondono più alla realtà ma diventano delle immagini senza tempo dei miti, delle fiabe, del sogno. In questa dimensione i perché non esistono, non hanno più senso e i fatti perdono la loro importanza. Le scelte sbagliate, i conflitti, i lutti – come vorrebbe la nostra ragione – la causa dei nostri malanni. Le nostre immagini diventano protagoniste, come in un teatro in cui si alza il sipario del nostro essere, al di là di ciò che si appare, che sembriamo agli altri e al mondo.
Quindi i sintomi quali l’ansia, la depressione, i disturbi psicosomatici, ci raccontano il linguaggio dell’anima inespressa. I sintomi diventano linguaggi, autoritratti di parti inconsce inespresse, di parti che raccontano chi siamo al di là della coscienza.
L’astrologia, al di là di come si legge oggi nei media, si è sempre occupata di creare la tendenza dell’Universo riassunta dentro di noi. In questo senso l’oroscopo che ci spiega cosa accadrà domani non vale nulla. Piuttosto nei segni zodiacali si può leggere una tendenza dell’inconscio, una sorta di destino del nostro mondo energetico. Il segno zodiacale è un altro simbolo che “rinuncia” alla parola perché. Semmai ci informa di tendenze, di desideri, di sogni che appartengono alla nostra parte universale.
Maura Luperto