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Oltre il ghetto. Dentro&Fuori

A partire dall’istituzione del primo ghetto nella Venezia del 1516, seguito poi da quello di Roma e delle altre città, gli ebrei dovettero misurarsi con questo luogo circoscritto e ambivalente, che li includeva nel perimetro urbano e allo stesso tempo li isolava.

Per quasi tre secoli fu questo lo spazio entro il quale gli ebrei coltivarono la propria identità, preservando da un lato i caratteri di una cultura millenaria, ma attingendo dall’altra al mondo che si apriva oltre quel confine: la relazione continua fra il “dentro” e il “fuori” le mura del ghetto segna la vita degli ebrei nel lungo cammino verso l’emancipazione. A questa realtà così complessa e articolata è dedicato la mostra e il catalogo (già disponibile), che si avvale di un ricchissimo apparato critico per affrontare sotto ogni angolazione – storica, artistica, sociologica – una problematica fortemente attuale: i concetti di resilienza, integrazione, confronto fra culture, aspirazione a essere uguali pur rimanendo diversi, sono temi che la società odierna continuamente ripropone, riaccendendo con essi il dilemma dei ghetti.

Comprenderne il ruolo in una prospettiva identitaria è lo scopo cui mira la mostra e la pubblicazione, che ripercorre questa peculiare condizione vissuta dagli ebrei europei, e italiani in particolare, tra il XVI e il XIX secolo nella convinzione che la storia ebraica possa trasmettere valori universali e offrire strumenti utili per il presente.

Si apre venerdì 29 ottobre 2021 al Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara il terzo importante capitolo che il MEIS ha concepito per dare vita al suo percorso: l’esposizione Oltre il ghetto. Dentro&Fuori.

La mostra – curata da Andreina Contessa, Simonetta Della Seta, Carlotta Ferrara degli Uberti e Sharon Reichel e allestita dallo Studio GTRF Giovanni Tortelli Roberto Frassoni – ripercorre la storia degli ebrei italiani nel periodo che va dal confinamento all’interno dei ghetti (con l’istituzione del primo, a Venezia, nel 1516) all’inizio del Novecento.

“Quello che si inaugura – spiega il Presidente del MEIS Dario Disegni – è il terzo fondamentale tassello concepito dal MEIS, dedicato alla millenaria esperienza ebraica in Italia: nel dicembre del 2017 è stata infatti inaugurata ‘Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni’, curata da Anna Foa, Daniele Jalla e Giancarlo Lacerenza con prestiti provenienti dai più prestigiosi musei, archeologici e non solo, di tutto il mondo e nel 2019 è stata allestita ‘Il Rinascimento parla ebraico’ a cura di Giulio Busi e Silvana Greco all’interno della quale spiccavano opere firmate da Mantegna e Carpaccio. Due mostre temporanee di grande successo, ora condensate nel percorso permanente ‘Ebrei, una storia italiana’, che si arricchirà ulteriormente al termine di ‘Oltre il ghetto. Dentro&Fuori’. Un viaggio nel tempo reso possibile grazie ai musei, alle collezioni private e ai cimeli di famiglia che vengono prestati anno dopo anno al Museo e che esposti assieme raccontano più di duemila anni di storia”.

Il ghetto italiano, serraglio entro cui si è consumata una lunga e dura segregazione – scrive il Direttore del MEIS Amedeo Spagnoletto nel catalogo – ha rappresentato per quasi tre secoli uno spazio angusto e ombroso ma pur sempre corredato di simboliche finestre ora più ora meno aperte verso il mondo esterno, una relazione continua fra il ‘dentro’ e il ‘fuori’. Un filtro culturale e fisico che ha plasmato la vita ebraica a 360 gradi, agendo in profondità, dalla sfera sociale a quella familiare, modellando il lessico, rendendo più resistenti che altrove aspetti della vita religiosa, ma anche soffocando l’energia che in condizioni di libertà sarebbe fiorita più vigorosa in tante discipline. Questa mostra ci narra le letture complesse che di tale esperienza si possono offrire. I delicati rapporti fra le comunità ebraiche e il governo locale, ma anche le storie familiari, gli aneddoti e le tradizioni regionali, i fermenti culturali e artistici, che, nonostante tutto, sono pure fioriti in quella dimensione tanto ristretta“.

L’esposizione, che ripercorre i momenti cruciali della storia moderna visti dalla prospettiva dell’esperienza ebraica, viene costruita e raccontata attraverso materiali e opere eterogenee provenienti da tutta Italia e dall’estero, come l’imponente dipinto Ester al cospetto di Assuero di Sebastiano Ricci – prestito del Palazzo del Quirinale –, Interno della sinagoga di Livorno di Ulvi Liegi e il Ritratto di Giuseppe Garibaldi ad opera di Vittorio Corcos (entrambi provenienti dal Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno).

Ma peculiare di questo progetto espositivo è stata la volontà di integrare il percorso con oggetti che testimoniano la vita ebraica quotidiana, come la porta dell’Aron Ha-Qodesh, l’Armadio sacro dorato in legno intagliato, di una delle sinagoghe del ghetto di Torino che venne donato nel 1884 dalla Università Israelitica locale al Museo Civico di Torino, o le testimonianze di impegno personale, rappresentate per esempio dal baule della crocerossina Matilde Levi in Viterbo. Si snoda così il pensiero alla base della mostra e dell’intero Museo, che affianca a un rigoroso approccio storico e a un significativo riferimento all’arte, contributi di taglio sociologico, aprendo anche alla dimensione individuale e personalissima, che risuona ancora oggi di grande attualità.

Attraversando i secoli si arriva fino all’Unità d’Italia e alla Prima Guerra Mondiale, data conclusiva del periodo analizzato, restituendo un’immagine nitida degli snodi identitari vissuti dagli ebrei in Italia e in Europa, uscendo dal ghetto per partecipare attivamente e con convinzione alla Storia nazionale in tutti i suoi passaggi fondativi, prima di essere rinchiusi nuovamente – col fascismo – in un “dentro” di privazione di diritti e di orrore.