World Polio Day e Venice Marathon: Intervista a Pina Mediati

Domenica 24 ottobre è la giornata mondiale della Poliomelite, ma anche il giorno in cui si correrà la 35^ edizione della Venice Marathon, occasione per raccogliere fondi a favore della lotta per eradicare dal mondo questa tremenda malattia aderendo alle iniziative Run to end Polio e End Polio Now.

Ne abbiamo approfittato per intervistare Pina Mediati, ex atleta paralimpica, prima atleta donna disabile a disputare questa gara nel lontano 1986 e affetta da Poliomelite da quando aveva 20 mesi.

Ciao Pina, domenica è la giornata mondiale della Poliomelite, ti va di raccontarci la tua storia?

“Ciao, io nasco il primo febbraio del ’59, una bimba sana, a 8 mesi comincio già a camminare, sono una bambina vivace, insomma tutto bene. Nasco a Roma, in un quartiere che una volta si diceva “le Baracche” ma per me erano delle ville, se le vedo con gli occhi di adesso. Il 4 novembre del 1961 alla mattina vengo preparata e vestita bene perché una volta era festa il 4 novembre, e da casa vado a Piazza Venezia, dove c’è il Milite Ignoto, e vado a questa festa. Ritorno a casa al pomeriggio e mi hanno raccontato che dicevo “Bua bua bua” e avevo la febbre alta. Tutti pensavano che mi fossi stancata per la giornata di festa e vado a letto. Ma io continuo a dire “Bua bua bua“, per cui la mattina seguente chiamano il medico di base e lui dice “Sì, sì, la vengo a vedere verso le 2 del pomeriggio“. Però già in quelle ore, da quello che mi ha raccontato mia nonna, si vede che le gambe sono flaccide. Quando il medico arriva dice che d’urgenza bisogna andare in ospedale perché ho la Polio. Quindi mi portano prima in un ospedale a Roma, e poi mi mandano ad Ariccia. Qui mi tengono in isolamento per quaranta giorni e mi mettono anche nel polmone d’acciaio. Questi sono tutti racconti che mi dicono i miei, perché io ero piccola. Io riesco a ricordare penso da quando avevo 4 o 5 anni, mi ricordo da quando sono all’asilo “Nido verde Lyda Cini“. Tienitelo bene a mente questo nome!”

Ma come è successo che hai preso la Poliomelite?

“In quel periodo era già obbligatorio fare la vaccinazione anti Polio, il vaccino di Sabin era già uscito. Senonché mi portano dalla Dottoressa però avevo il raffreddore. Ero influenzata. Lei ha detto di aspettare una settimana e quindi quella settimana là io ho preso l’infezione.”

Non sai dove?

“Quando io ho preso la Polio, a Roma alla Montagnola, in quella settimana anche un’altra bambina è stata contagiata. Però boh. L’avrò presa sicuramente lì. C’era qualcosa, non lo so. Non te lo so dire. Però siamo state due. Lei era un po’ più piccolina di me, però siccome l’hanno presa in tempo, lei è stata lesionata e paralizzata a solo mezza gamba. Mentre io, siccome c’è voluto tempo prima che mi fermassero con la puntura lombare il virus, sono passate tante ore, per cui sono stata colpita a tutte e due le gambe, la schiena e il braccio sinistro. Se tu intervenivi prima, almeno da quello che mi raccontano, lo fermi ‘sto virus.”

Quindi eri all’Istituto Nido verde Lyda Cini e?

“È in una zona bellissima di Roma, a Monte Mario, una delle zone più “In”. La cosa più bella che mi porto ancora oggi dietro è come ci trattavano all’interno dell’istituto. Dovete pensare che negli anni ’60 noi non eravamo internati. Noi poliomelitici romani, eravamo circa un 150, andavamo alla mattina e ci portavano a casa nel pomeriggio. La mattina c’erano dei pulman che venivano a prendere nelle varie zone di Roma i bambini e ci portavano a Monte Mario. Lì c’era l’asilo, c’era anche il nido per i bambini ancora più piccoli e c’erano le scuole elementari. Quindi io ho fatto sia l’asilo che le elementari. Non era gestito da suore ma c’erano le Signorine. Noi eravamo trattati come principi e principesse. La giornata si svolgeva se eri all’asilo con il gioco e le terapie, se eri a scuola facevi scuola e terapie.

Le terapie come funzionavano, durante la settimana avevamo magari il turno della piscina, il turno della palestra, dei massaggi, delle macchine, ecc. Io vi racconto della piscina. Non ricordo come ho imparato a nuotare, però so che so nuotare e negli anni ’80 entro anche a far parte di una squadra a Mestre (Ve) e arrivo in Nazionale. Ma ne parleremo. La terapia in piscina era che andavamo in acqua, ci facevano fare degli esercizi, ma anche delle garette. Poi uscivamo e ognuno di noi, eravamo gruppi di 6 o 7 persone, aveva un suo lettino per poter riposare almeno mezz’ora. Ci asciugavano i capelli, ci vestivano, ci preparavano proprio e poi ci rimandavano a scuola. In palestra facevamo ginnastica, e poi ci mettevano su un tappetone grande e ci facevano fare le lampade Uv, come quelle di adesso. Ci mettevano gli occhialetti, tutto quanto, perché era tutta Vitamina D che a noi serviva per le ossa. Io l’ho capito dopo questo. Poi c’era la giornata della sala massaggi, quindi avevi la signorina che ti faceva il massaggio e poi in quell’occasione avevi anche mezz’ora con quelli che chiamavano i fornetti. Fai conto di vedere, come posso dirti, hai presente la risonanza magnetica? Un pezzo di risonanza magnetica, a campana. Mettevamo dentro solo le gambe e avevamo dieci lampadine accese, lampadine normali, e anche queste aiutavano per la vitamina D. Poi c’era il gioco, avevamo un bellissimo giardino, quindi ognuno di noi, a gruppi, aveva la propria rotonda, molto grande e ci trovavamo lì per giocare, colorare. Non avevamo le carrozzine, a quel tempo non esistevano, e quindi le persone come me che non camminavano, erano su… fai conto di vedere i passeggini per bambini come quelli di adesso, loro avevano attrezzato tutto il percorso dell’istituto sia interno che esterno con dei maniglioni e quindi noi spingendoci con le mani ci riuscivamo a spostare o i bambini che riuscivano a camminare ci spingevano e ci davano un aiutino. Anche all’esterno c’erano delle staccionate uguali e ci riuscivi, oppure ti facevi aiutare dalle signorine. Lì ho fatto anche la comunione ed era un bellissimo momento perché avevamo il catechismo, quindi un’altra attività, e in più avevamo la sartoria, perché i vestiti ce li facevano loro. Noi ci sentivamo che eravamo le spose. I maschietti no, compravano il vestito per conto loro, mentre a noi ci facevano tutte il vestito uguale, ed era bellissimo.”

Ma in tutto questo i tuoi genitori?

“Io tornavo a casa la sera, loro non spendevano nulla. Non abbiamo speso una lira, era tutto sovvenzionato dallo Stato e da una Principessa. Per dirti, noi avevamo una divisa. Noi femmine avevamo un grembiulino giallo e i maschietti verde. L’accappatoio verde, e poi la tuta, tutto quanto. Sempre devi pensare agli anni ’60, tutta questa biancheria, diciamo questa dote, ogni anno ci veniva data perché intanto crescevamo, e ci veniva dato un buono per la Rinascente a Roma, pensa che popò di roba che ci davano, ed eravamo dei gioielli! Bellissimi!

E come ci andavi?

“Avevamo l’autobus, io ero la prima che saliva nella mia zona, perchè erano 4 pulman che giravano per Roma, io ero la prima a salire e l’ultima a scendere, ormai avevo imparato il giro a memoria perché a volte capitava che veniva anche un’autista nuovo e magari non sapeva la strada, no? E quindi io seduta davanti dicevo “Gira di quà, gira di là“. Tu pensa, sempre anni ’60, noi avevamo il pulman con la televisione! Io sono quella che sono proprio perchè ho ricevuto nella normalità, io non sono mai stata internata!”

L’ultima in basso a destra è Pina Mediati al Nido Verde
La Principessa Yana Cini Alliata di Montereale al Nido Verde

Ma chi era che sovvenzionava questo Istituto?

“La principessa Yana Cini e il ministero della Sanità.”

E come sei arrivata a Venezia?

“Noi siamo a Roma, ogni 15 giorni arrivava l’elicottero e scendeva il Professor Fabio Franco e la Dottoressa Frizziero. Loro erano quelli che curavano i malati di Polio all’Ospedale le Grazie di Venezia. Quando noi avevamo bisogno di interventi e operazioni ci mandavano al’ospedale civile di Venezia, il San Giovanni e Paolo, in cui c’era un’equipe con il medico specializzato per i piedi, quello per i trapianti dei muscoli, erano quattro. Dopo che avevi fatto l’intervento in ospedale ci mandavano alle Grazie, lì facevamo un periodo perché dovevamo tenere i gessi ecc. e fare la riabilitazione e poi ci rimandavano a Roma. Quando però hanno chiuso le Grazie e nel frattempo io sono cresciuta, sono arrivata che faccio le scuole medie. E funzionava così, andavo sempre all’Istituto. Il Pomeriggio, dopo la scuola, perché ho fatto le medie pubbliche normali, ci veniva a prendere il pulmino più piccolo e ci portava a fare terapie, per cui andavamo solo per le terapie.”

Ma come facevi a muoverti e spostarti alle medie?

“Io nasco, cammino, Polio, non cammino fino all’età di 17/18 anni. Nel frattempo ho fatto 13 interventi all’Ospedale di Venezia e tramite questi sono riuscita a camminare prima con due tutori, poi con uno, e poi in casa senza niente, fino a quarantanni riuscivo più o meno a muovermi in casa e fuori, nei percorsi più lunghi mi aiutavo con le stampelle. Finita la scuola però, quindi a giugno, io sono stata una delle prime a venire nuovamente a Venezia e mi facevo giugno, luglio, agosto e inizio settembre non più alle Grazie, perché l’avevano chiuso, ma a Santa Maria del Mare. Quindi mi facevo lì 3 mesi di terapie, poi quando hanno chiuso anche lì andavo al San Camillo. Io ho fatto le terapie fino al 1978 costantemente.”

E poi?

“Poi io ero grande, non potevo più andare al Nido Verde. Circa 3 anni fa ci siamo ritrovati noi ragazzi a Roma, abbiamo fatto un pranzo insieme. L’8 ottobre, e da lì ogni anno ci ritroviamo in quella data. Lì ho saputo che è stato chiuso e poi distrutto e non sappiamo perché.”

Continuamo con questo tuo percorso. Invece le scuole superiori?

“Nel frattempo da Roma mi sono trasferita a Ostia e ho fatto 2 anni di Ragioneria a Ostia, poi mi sono trasferita a Milano e le ho finite lì. Ma intanto venivo su e giù a Venezia per le terapie.”

Quando è che ti sei trasferita poi definitivamente a Venezia?

“Fammi pensare… nel 1977/78 circa”

Questa è un po’ la tua storia, ma mi dicevi che dovevo tenermi bene a mente il nome di Lyda Cini, perché?

“Avevo sempre in mente questa principessa e quando vengo a Venezia sento parlare della Fondazione Cini un po’ ovunque. Ho detto: “Vuoi vedere che centra qualcosa questa Principessa“. Però non avevo mai avuto il coraggio di approfondire, di andare a parlare con qualcuno. Però ti dico che io fino alla scorsa settimana ho avuto il chiodo fisso, perché mi dicevo ma è una fantasia mia o è qualcosa di vero? E invece cosa succede la scorsa settimana, devo consegnare un appartamento della Struttura Don Vecchi, dove lavoro, all’associazione AIL (Associazione Italiana Leucemie). Viene il Presidente dell’associazione, che abita a Roma, insieme a due consigliere e faccio vedere loro l’appartamento, spiego un po’ tutto della struttura e alla fine gli faccio vedere il mio, dove in entrata ho la foto mentre incontro il Papa Giovanni Paolo II.

Pina Mediati con Papa Giovanni Paolo II

Lui mi fa: “E qua?” e io: “Sai, ho fatto le Paralimpiadi, ho fatto tanto nuoto” “Ah sì“- fa lui – “Allora hai avuto un incidente?” E io: “Macchè incidente, io c’ho avuto la Poliomelite!” Gli ho detto. “La Poliomelite?” – dice lui- “Sa, noi avevamo un istituto a Monte Mario...” e io gli dico “Ma scusa, il Nido Verde?” “Eh sì, perché lo conosci?” E io sai che c’ho la chiacchera e mi metto a raccontargli che avevamo una Principessa che è stata bravissima, che ci ha dato e fatto tanto… tutto quello che ti ho raccontato adesso, l’ho raccontato a lui. Queste due consigliere che erano davanti a lui, io ero in mezzo, gli dicono: “Ma digli chi sei!” e allora io mi giro e gli dico “Ma scusa, chi sei?” “Sono Giovanni Alliata di Montereale, il figlio della Principessa.” “

Principessa Yana Cini Alliata di Montereale con Albert Sabin e Fabio Franco – fonte https://www.yanaalliatacini.it/

Ho i brividi. È pazzesco!

“Ma ti rendi conto? Tutte e due piangevamo, ci siamo abbracciati, mi ha promesso che mi porta a vedere tutto. Ma tu pensa, la mamma si è tanto battuta per la Polio, lei aiutava Sabin a fare la ricerca, infatti c’è una foto della Principessa, di Sabin e del Professore mio, Fabio Franco delle Grazie. Il figlio ha continuato a portare avanti il progetto della mamma perchè Sabin, dopo che trovato il vaccino della Polio, stava facendo la ricerca per il cancro, e quindi lui è il presidente dell’AIL! È troppo bello quello che mi è capitato!

Davvero bellissimo, e fatalità proprio in questi giorni appena prima della giornata mondiale della Poliomelite

“Io mi ritengo no fortunata, di più. Quando tutti mi dicevano da piccola “Poretta, questa povera figlia chi se la prenderà, chissà cosa farà da grande, poretta” e invece ho una bella vita. Diciamo che io, il periodo brutto che ho vissuto, è stato quando mi sono trasferita a Ostia e perdo le amichette che avevo a Roma, e sono in età adolescenziale. Là mi sono resa conto che non ero normale, perché fino a quel momento là io la disabilità non la vivevo male. Però, quando poi le amichette non c’erano più, avevano il morosetto ecc. io là mi sono resa conto e mi sono fatta giornate e giornate di pianti. Poi noi Polio a quel tempo, adolescenti, dove potevi trovare il moroso? Solo a Santa Maria del Mare o al San Camillo. Non è che andavi in giro, in discoteca, de quà e de là. Tanti polio si sono sposati tra di loro, il primo amore è così, era quella la vita che conducevi, non è che andavi da altre parti.”

Ma torniamo alla Polio, io sono molto ignorante in materia e penso la maggior parte delle persone lo sia visto che in Italia non c’è più da anni

“In realtà non è proprio così, cosa sta succedendo a noi Polio vecchi, abbiamo in atto la Post Polio. Che vuol dire che noi è come se il virus fosse rifiorito e quindi tutte quelle autonomie che tu avevi prima le stai perdendo. Io per questo ora non cammino più, non mi alzo più dalla carrozzina e ho sempre paura di cadere. Sono diventata nuovamente floscia. Però non c’è nessuno che ci cura, tranne l’Ospedale di Malcesine (VR) che ci può fare le terapie. Non è che se io dico che voglio farmi le terapie me le prescrivono, è gran difficile, perché ormai siamo cronici. Però se loro ci aiutassero un po’, questo decadimento verrebbe un po’ più rallentato. Sono daccordo che hai un’eta, come ogni anziano, ma l’usura che ho io sulle spalle, che giro sempre con la carrozzina che faccio determinate cose è diverso da un altro. Noi avevamo chiesto anche alla Camera dei Deputati, ero andata circa 15 anni fa, per far approvare una legge per riconoscere questo stato nostro. Ma stiamo ancora aspettando”

Quindi quale sarebbe il messaggio che vorresti passare a tutti?

“Che venga riconosciuta anche la post Polio. Perché noi che siamo gli ultimi, io ho 60 anni, abbiamo bisogno di essere più seguiti e riconosciuti”

Domenica ci sarà anche la 35^ edizione della Venice Marathon, il cui ricavato verrà devoluto in beneficenza alla lotta contro la Poliomelite che, purtroppo, è ancora presente in paesi come la Nigeria, il Pakistan e l’Afghanistan. So che tu conosci bene questa manifestazione sportiva

“Certo, io nell’86 sono stata la prima donna a fare la Maratona in Italia! Prima che venissero fuori le atlete che ora conosciamo tutti, io sono stata la prima donna disabile a fare la Venice Marathon, e ci ho messo 4 ore e 20, avendo pure appena partorito! È stata una scommessa. Succede che Giuliano Caprini, un altro mestrino, per 3 anni si iscrive alla Maratona, però quando arriva al Ponte della Libertà gli viene la crisi e quindi non arriva mai al traguardo. Io sono molto affezionata a Giuliano perché mi ha aiutato a trovare lavoro, per cui gli dico: “Senti Giuliano, anche se ce mettemo 24 ore, vengo anch’io e dobbiamo fa ‘sta maratona! Io ti affianco.” Io senza allenamento, senza niente. Lui mi da una sua carrozzina, che quindi non ha le misure mie, e parto da Stra (VE) e arrivo alla Salute a Venezia. In 4 ore e 20.

E quindi sei stata la prima donna disabile a farlo?

“C’era Gelindo Bordin in quell’edizione. Chi mi dava la forza a me di andare avanti per fare ‘sta Maratona! Poichè anche io poi avevo i miei momenti di crisi. Ero sempre seguita da un ragazzo del Gazzettino, al mio fianco in bicicletta, ma a me passavano le persone davanti e dicevo “Madonna, guarda che forti questi!” e qualcuno me lo ricordavo anche visivamente, però dopo un po’ magari lo vedevo per terra e mi dispiaceva per lui. E allora io dicevo “Però so forte, eh? So Forte!” e andavo avanti. Ad un certo punto mi è venuta una botta de fame, non ce la facevo più. Quando sono arrivata a Mestre, dove c’è il campo d’atletica a San Giuliano, c’avevo fame, c’avevo fame e ‘sto ragazzo quà aveva una mela. Mi ha detto “Guarda Pina, se vuoi ho una mela…” E io me so mangiata ‘sta mela e sono andata avanti. Che succede, quando tu arrivi a Venezia, a quel tempo il percorso era che dovevi attraversare la Marittima e poi arrivavi ai ponti che avevano fatto con le passerelle. La gente era sui ponti e batteva le mani e diceva “Brava, brava” e mi volevano come spingere, no?”

E da regolamento non puoi essere aiutata

“E no! E io tutto quel percorso là me lo sono fatta urlando “non toccatemi che se no mi squalificano, non toccatemi che mi squalificano!” e andavo avanti. E che succede dopo, quando tu hai finito, sei arrivata all’arrivo e tutto quanto, devi ritornare indietro e quindi io sono ritornata indietro rifacendomi quei ponti e la gente in quel momento là mi poteva battere le spalle. Il giorno dopo avevo le spalle che non ce la facevo più, perché tutti “Brava, brava!“.

L’esperienza più bella è stata questa Maratona, a parte tutte le gare che ho fatto di nuoto, sempre belle, ma quella che mi ricordo di più come manifestazione è stata la Venice Marathon e il Giubileo dello Sport dell’84 in cui io ero nella Nazionale e ho incontrato il Papa.”

Vuoi aggiungere qualcos’altro per quanto riguarda la Polio in generale?

“Mi auguro che questa tremenda malattia venga debellata al più presto anche negli ultimi Paesi in cui è presente. Anche se con la Polio si può vivere, io ho avuto e ho una bella vita, ho due figlie, ora sono Nonna, ho tutto! E le barriere, come sempre si dice ormai da una vita, sono barriere culturali. E se tutti pensassero “Oggi so così, domani non lo so” tante cose si potrebbero risolvere, cone le barriere architettoniche, ecc. “

Ti ringraziamo Pina per questa stupenda storia che ci hai regalato. Ci risentiamo presto per raccontarci la tua incredibile storia nella Nazionale di nuoto.

Anna Bigarello