Dopo il successo della mostra “Terre Alte”, con gli scatti del fotografo americano Steve McCurry, MUSE – Museo delle Scienze di Trento e Mart di Rovereto presentano a Palazzo delle Albere la mostra “Selvatici e salvifici. Gli animali di Mario Rigoni Stern”. A cent’anni dalla nascita dello scrittore dell’Altipiano dei Sette Comuni, la nuova esposizione firmata dai due musei trentini omaggia il bestiario animale scaturito dalla sua penna: volpi, orsi, urogalli, cervi, tassi, pernici, aquile, immaginati da 15 artisti che lavorano in campo ambientale.
In occasione del centesimo anniversario della nascita di Mario Rigoni Stern, avvenuta ad Asiago il 1 novembre 1921, MUSE e Mart organizzano una mostra dedicata agli animali raccontati dal grande narratore dell’Altipiano dei Sette Comuni. Dal 22 ottobre 2021 al 27 febbraio 2022 il secondo piano di Palazzo delle Albere accoglie le opere, per la maggior parte inedite e ideate per l’occasione, di pittori, fotografi, scultori e artisti ambientali che interpretano la fauna letteraria e celebrano la sensibilità dello scrittore per il mondo naturale.
Un mondo che, per Rigoni Stern, era “salvifico” e “da salvare” perché – spiegava citando Giacomo Leopardi e il suo Zibaldone – “se l’uomo distrugge la natura recide le radici del futuro”. L’esposizione, curata dal giornalista e critico d’arte Fiorenzo Degasperi e dal biografo dello scrittore Giuseppe Mendicino, è un omaggio alla scrittura asciutta, limpida ed evocativa di Mario Rigoni Stern e agli animali che ha incontrato e raccontato durante la sua vita di uomo di montagna, di cimbro dell’Altipiano. Nei suoi più celebri romanzi, lo scrittore ha raccontato storie realistiche e commoventi sugli animali selvatici, sulla caccia e sul mondo dei cacciatori come parte integrante di una storia della montagna alpina. Un mondo, come quello degli altri alpigiani, denso di fatiche, silenzi e conoscenze. Conoscenze soprattutto degli equilibri della montagna e della delicatezza che l’uomo deve sempre avere nell’accostarsi a essa per trarne sostentamento.
Il percorso espositivo, immerso tra le sale nobili e gli affreschi cinquecenteschi dell’antica dimora dei principi vescovi di Trento, suggerisce un’inedita esplorazione dove arte e scienza dialogano tra loro in un rinnovato rapporto con l’ambiente, curioso e senza pregiudizi.
15 artisti e un nuovo rapporto con la natura
All’entrata di Palazzo delle Albere, sul prato del MUSE, una grande sagoma lignea di circa 4 metri, dal titolo “Human”, opera di Roberto Pedrotti, richiama la figura di un cervo. Rossa come il cervo dipinto su un ciottolo emerso sull’altopiano della Marcesina (assieme ad altre 217 pietre dipinte risalenti a 11.000 anni fa, durante gli scavi del riparo Dalmeri), a pochi chilometri da Asiago, nella terra cimbra di Mario Rigoni Stern.
Le altre opere – circa una settantina tra sculture, fotografie e dipinti – trovano spazio negli oltre 600 metri quadrati del secondo piano di Palazzo delle Albere. A ogni autore, molti dei quali furono grandi amici dello scrittore, corrisponde un’area intitolata a uno o più degli animali narrati da Rigoni Stern.
Tra gli artisti esposti, chiamati a interpretarne le poetiche descrizioni, c’è Fortunato Depero, con i suoi orsi, galli e altri “animali futuristi”.
Marco Arman, pittore ed ex guardacaccia cembrano, affronta il mondo degli uccelli tratteggiandolo per accenni, mentre Albert Ceolan, fotografo, cattura in un click il loro passaggio. Gli olii su carta di Alda Failoni sono intensi e raffinati: caprioli, ermellini, tassi e faine sono avvolti da un alone magico. Gli animali di Federico Lanaro – caprioli, camosci, volpi e orsi –, disposti in una struttura che costringe lo spettatore a passarvi in mezzo, possono moltiplicarsi a dismisura facendo sentire noi umani piccoli piccoli. Gianfranco Schialvino e Gianni Verna sono due incisori. Alcune delle loro opere – lepri, gufi e il maestoso gipeto – decoravano le pareti della casa di Mario Rigoni Stern e ora omaggiano l’autore dalle sale rinascimentali delle Albere.
Claudio Menapace, con i suoi piatti decorati, gli Scheiben, e Aldo Valentinelli, entrambi pittori alpini, interpretano a loro modo l’amico dell’uomo, il cane; Gianluigi Rocca con i suoi disegni iperrealistici racconta scene di caccia e di vita nei boschi; Matthias Sieff, con un linguaggio grottesco, la dea Diana, stambecchi e altre creature di montagna. Civette e altri rapaci notturni scaturiscono dall’inventiva lignea di Adolf Vallazza. Ivan Zanoni, invece, omaggia Rigoni Stern con la forza del martello e l’eco dell’incudine, esponendo in uno dei torrioni del Palazzo le sue opere in ferro battuto: anatre, pernici, una lince. Orlando Gasperini, infine, attinge dai bestiari medioevali costumi, simboli e proprietà degli animali, facendo emergere la loro cifra simbolica, salvifica o dannata: dall’unicorno all’uccello del Paradiso, dal Tetramorfo all’Ouroboros.