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Il magico mondo delle scope tra streghe, miti e leggende

Immancabile in ogni casa, reale o di fantasia come quella delle streghe. La scopa è lo strumento di lavoro che accomuna queste due categorie: la prima per le pulizie, la seconda come mezzo di trasporto.

Ad Halloween sarà possibile vederne tante, di streghe. Rinsecchite, bitorzolute o più affascinanti a seconda dell’immaginario, tutte si accompagnano sempre alla loro inseparabile scopa, un oggetto di culto che affonda le radici lontano nel tempo.

Gli esperti del pulito di Polti, in vista della notte più spaventosa dell’anno, ci svelano la simbologia di questo oggetto semplice ma altrettanto misterioso, a cui fin dall’Antico Egitto si attribuivano poteri magici.

Nell’antica Grecia serviva a scacciare le anime dei morti e fu per anni legata alla dea Diana, che guidava schiere volanti di streghe in visita agli uomini che le onoravano. In generale, la credenza popolare le conferisce il potere benefico di spazzare via i guai, tanto che a Capodanno, in molti paesi, si usa regalare delle piccole scope ornamentali di buon auspicio.

La scopa continua a essere caricata di significati fiabeschi, ad esempio è tornata in voga nella saga di Harry Potter: nel “Prigioniero di Azkaban”, il maghetto ottiene in sostituzione della sua Nimbus una Firebolt, la scopa più veloce al mondo, con cui compete nel quidditch, sport in cui si gioca a bordo di scope fatate.

Ma qual è l’evoluzione storica di questo utensile?

Scopa significa “ramoscello” in latino, appellativo che riporta alle prime scope realizzate con una fascina di rami secchi fissati intorno a un bastone da impugnare. Le primissime forme erano ricavate da una pianta di ginestra con un ciuffo di foglie all’estremità (usata anche dagli spazzacamini), in India con fronde di palma da dattero.

Più avanti, grande importanza nell’economia ha avuto la fabbricazione della versione in saggina, comunemente usata per spazzare casa fino alla seconda guerra mondiale. Due erano i centri di produzione più famosi: Padova e Torino, dai quali venivano distribuite in tutta Italia.

Un po’ diversa era la concezione della scopa prettamente da esterno, detta ramazza, costituita da un manico in legno intorno al quale venivano disposte setole in saggina o bambù fissate con chiodi o fil di ferro.

Nel tempo la scopa in saggina è caduta in disuso, anche se in Polesine alcuni artigiani continuano a realizzarla. Dagli anni Cinquanta, infatti, la fibra naturale è stata via via sostituita con quella sintetica, in particolare nylon, pvc o poliestere, più duraturi e facili da pulire. Oggi le versioni sono tante: il manico in legno, plastica, acciaio o alluminio, viene avvitato sul “bustino”, termine tecnico che indica il supporto su cui vengono applicate industrialmente le setole.

Ulteriore salto in avanti lo si fa poi con un modello che diventa una via di mezzo tra la scopa e lo spazzettone in cui le setole sono costituite da strisce di tessuto da immergere nell’acqua e poi strizzare. Rimanendo su questo genere, c’era anche la radazza, un tipo di scopa a cui a una estremità erano legate filacce di canapa o cotone, usata soprattutto per lavare i ponti delle navi, precedentemente passati con pietra pomice. Anche la radazza ha subito un’evoluzione e la versione attuale è costituita da un panno con frange di circa 80 cm fissato a un manico snodato alla base.

Oggi l’evoluzione del pulito è il vapore. Un valido alleato per le streghe moderne è lo spazzolone a vaporedegno sostituto della bacchetta magica perché rimuove ed elimina sporco e batteri già alla prima passata semplicemente con un bicchiere d’acqua. E niente più mani da strega: zero panni da strizzare e zero guanti, per un pulito che fa paura.