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La nostalgia imperfetta di Anna Levi

Sinossi

Il celebre Gattopardo avallò la storiografia acquisita dell’Unità. Ma cosa pensavano i borbonici rimasti fedeli al ricordo di Francesco II, “il vero re”?

Gli stereotipi accettati dei “buoni” e dei “cattivi” della storia italiana sono completamente capovolti in questo racconto che spazia fra il 1860 e il 1960 sul filo dei ricordi di famiglia e del narratore, un uomo “quasi centenario”, che “non ama parlare di sé”.

Discendente da una famiglia aristocratica borbonica, spogliata dal tempo di titoli e terre, è nato in Terra di Bari. Allo scoppio della seconda guerra mondiale abita con i genitori a Bologna. Nel 1943, per sfuggire ai bombardamenti alleati, la madre si rifugia con lui e la sorellina nel suo paese di nascita, in Puglia.

Cresce fra due culture, Nord e Sud, senza rendersi conto di essere terrone, in un dopoguerra pervaso dal sogno americano.

In famiglia vi sono il nonno e tanti zii e cugini ma il suo è un mondo femminile, che fa della guerra “una lunga festa affollata di donne”: la sorella maggiore che ammira e lo domina, la madre indifferente e oziosa, anziane zie, cugine scervellate, un ambiente matriarcale in cui prevale la nonna “spagnola”, ostile ai Savoia, allevata nel culto delirante di Francesco II.

Il narratore non rivedrà più la Terra di Bari. Ormai alla fine della sua vita, il suo rimpianto è tutto per le donne della sua infanzia e per il Sud del passato.

Recensione

Come spiega il narratore nei primi capitoli del romanzo, accade che dopo molto tempo la memoria richiami gli eventi del passato a salti, li confonda, li unisca quando dovrebbero essere divisi e li separi quando dovrebbero procedere insieme.

È proprio questa la chiave del romanzo, definito fin dal titolo come una raccolta di memorie lucide, ma addolcite dalla patina degli anni: una nostalgia vaga, totale, spalmata su mesi e anni visti come un tutt’uno. Una nostalgia imperfetta.

Procedendo insieme al narratore a salti nel suo passato, il lettore è accompagnato a scoprire una storia altra. O meglio, la storia è la stessa, ma viene raccontata dalla voce e attraverso il punto di vista dei vinti, degli sconfitti.

Anna Levi ribalta quello che siamo abituati a dare per scontato dai libri di scuola, e mostra una prospettiva diversa, disincantata, talvolta terribilmente cinica, che non manca mai di alleggerire con la constatazione che tutti quanti “in fondo (…) presi uno a uno, come i tedeschi, erano brava gente”.

Avrei desiderato che qualcuno mi facesse leggere un libro come questo nei miei anni di liceale.

Ricordo ancora lo stupore che provai io, nata e cresciuta nel profondo nord, quando mi trasferii a Napoli e scoprii che esisteva un partito Borbonico: non solo non ne avevo idea, ma nemmeno lo avrei mai sospettato.

Quale che sia la posizione che ciascuno deciderà di assumere nei confronti della nostra storia come nazione – ammesso che sia possibile prendere una posizione univoca – “La nostalgia imperfetta” è un libro da leggere per vedere un’altra faccia della medaglia.

E credo che una versione alternativa delle cose, in ogni caso, valga sempre la pena di ascoltarla.