Gestire le foreste in maniera sostenibile è essenziale per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (SDGs). Per farlo, occorre armonizzare prospettive diverse: sia quella ecologica, sia socio-economica, dato che i cambiamenti climatici in atto richiedono un ripensamento di tutte le attività umane. L’obiettivo del progetto europeo ONEforest (Programma Horizon 2020) è creare nuovi modelli di gestione dei quattro tipi di aree boschive del continente: mediterranee, continentali, alpine e boreali. unibz è una dei 19 partner europei.
Gli ecosistemi forestali coprono il 42% della superficie totale dell’Unione europea. Negli ultimi anni essi sono stati duramente colpiti da condizioni climatiche inaspettate e in rapido cambiamento: siccità di lunga durata, tempeste e precipitazioni più brevi ma più intense, assalto di nuovi parassiti molto aggressivi e incendi boschivi con conseguente cambiamento delle condizioni del suolo e dell’acqua, aumento del deflusso superficiale e del rischio di frane.
In Italia, la memoria va subito alla tempesta Vaja che, nel 2018, devastò numerose aree di foresta in Trentino – Alto Adige, Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Veneto. Nel giro di una sola notte diversi milioni di metri cubi di legname vennero abbattuti dalla forza del vento: un danno enorme in termini ecologici, economici e paesaggistici. Risulta evidente che per le sfide che i cambiamenti climatici pongono, la gestione delle foreste, come è stata fatta in passato, deve essere rivista.
Questo è l’obiettivo del progetto di ricerca interdisciplinare OONEforest (Programma Horizon 2020), che vede la collaborazione di 19 partner europei (leader l’Università Tecnica di Scienze Applicate di Rosenheim) e che riunisce le competenze di ingegneri, economisti, microbiologi, ecologi e chimici per rispondere in maniera pratica alle problematiche connesse alla filiera dell’uso del legno.
“L’idea alla base del progetto è la salvaguardia della foresta in quanto catena di valore”, spiega il ricercatore e docente Lorenzo Brusetti, responsabile del progetto per l’ateneo altoatesino, “un valore che è in primo luogo ambientale, perché serve a fissare la CO2 in eccesso e a mitigare il clima, ma anche economico per tutta la filiera della produzione del legname per i vari usi umani. Non da ultimo, tra i vari servizi sistemici garantiti dai boschi, pensiamo al ruolo svolto dagli alberi per contenere i processi di erosione e dissesto del suolo”.
Seguendo le regioni biogeografiche dell’Europa, gli estensori del progetto hanno individuato quattro aree in cui analizzare le differenti pratiche necessarie per una gestione selvicolturale efficace che renda le foreste più resistenti ai cambiamenti climatici attraverso nuovi metodi di semina e piantagione e con l’applicazione di una copertura del terreno a base di fibre di legno.
Successivamente, le operazioni forestali e industriali del legno verranno ripensate e sviluppate sulla base di criteri di sostenibilità sia ambientale, sia socio-economica, grazie anche all’apporto di diversi stakeholder europei (enti pubblici e aziende della trasformazione del legno). Il progetto prevede anche la realizzazione di una piattaforma internet di supporto decisionale multi-criterio che permetta agli stakeholder di confrontare in anticipo gli esiti di diverse tipologie di gestione sostenibile delle foreste.
Tutti i risultati di ONEforest saranno implementati in nuove “Foreste Modello” che diventeranno parte della Rete Internazionale di Foreste Modello per il concetto di gestione forestale regionale adattata. Unibz, grazie al lavoro scientifico di Lorenzo Brusetti, si occuperà delle analisi microbiologiche in due punti chiave del progetto. Brusetti è chiamato ad investigare il possibile miglioramento dell’attività microbica del suolo tramite diverse pratiche di gestione della selvicoltura.
“L’attività microbica nei suoli costituisce una parte ampiamente sottovalutata degli ecosistemi ed è direttamente collegata al ciclo dei nutrienti, alla biodiversità forestale, alla salute delle foreste e allo stoccaggio del carbonio”, chiarisce Brusetti. “Useremo la diversità genetica microbica come uno dei parametri della struttura dei popolamenti forestali e la collegheremo alla disponibilità di nutrienti e al potenziale di stoccaggio del carbonio dei diversi popolamenti forestali. Il mio lavoro si concentrerà principalmente sulle foreste alpine in Slovenia. I risultati e le conclusioni saranno però generalizzati, ove possibile, per trasferirli ad altre regioni geografiche”.
L’unità di ricerca di Brusetti, che include i ricercatori Silvia Pioli e Atif Aziz Chowdhury, ha un secondo compito. Nell’ambito dell’economia circolare intendono valutare la sostenibilità di biocomposti innovativi derivanti dagli scarti della lavorazione del legno, sviluppati dai partner del progetto, e utilizzati come protettori contro il gelo per le piante in crescita nei vivai forestali. “Questi biocomposti possono anche favorire la fertilizzazione del suolo, ma per contro anche alterare la diversità e la funzione dei microbi del suolo”, conclude il ricercatore unibz, “e noi dobbiamo capire se e come questo accade”.