A Bari nei primi di gennaio scompare nel nulla un facoltoso imprenditore Michele De Benedictis un brav’uomo, un padre esemplare e un grande lavoratore, che nel periodo prossimo alla sua scomparsa ha subito un cambiamento radicale diventando improvvisamente brusco e violento. Si scopre che i suoi conti correnti sono stati prosciugati e il testamento modificato a favore della seconda moglie, Antonella, una donna più giovane di oltre vent’anni. Antonella ha tradito il marito con Giulio, un giovane musicista spiantato. Dopo qualche tempo i due amanti rendono pubblica la loro relazione suscitando le reazioni della prima moglie e dei due figli di De Benedictis ma soprattutto dell’agenzia con cui l’imprenditore aveva stipulato un’ingente assicurazione sulla vita sempre a favore della seconda moglie. Questi eventi spingono gli inquirenti ad indagare e dalle intercettazioni dei cellulari dei due giovani amanti e dai loro dialoghi scoprono la complicità della coppia nell’assassinio e nell’occultamento del cadavere di De Benedictis. I due amanti, interrogati, forniscono dichiarazioni contrastanti. Prima accusandosi singolarmente del delitto:
Nella mattina del 7 luglio Antonella ha confidato alla compagna di cella di aver ucciso il marito con tre coltellate per difendersi da un’aggressione mortale. Avrebbe poi occultato il cadavere da sola.. nel pomeriggio del giorno successivo Giulio, durante il colloquio in carcere con il fratello, ha ammesso di aver freddato De benedictis scaricandogli in faccia un intero caricatore della sua calibro 9. Con l’aiuto della donna avrebbe poi gettato il cadavere a amare.
Poi rivolgendosi accuse reciproche.
Il caso diventa mediatico. Antonella e Giulio sono innamorati innocenti o una coppia di spietati assassini?
A decidere una Corte d’Assise composta da sei persone di diversa età e cultura, il giudice relatore Stefano Clivio e la presidente Virginia Della Valle, magistrato scrupoloso e attento.
Sul suo viso pensieri inafferrabili, occhi inquieti, ombre. […] era una donna alta, elegante, fiera, i capelli ancora neri, le sopracciglia corrugate, l’autunno negli occhi castani. […] A quasi cinquantasei anni era troppo giovane per ritirarsi, troppo vecchia per ricominciare.
Dare un verdetto diventa difficoltoso. Lo fa notare ai sei giurati la stessa Della Valle
Terza e ultima regola- proseguì-Potremo condannare i due indagati solo se non avremo alcun dubbio, alcun ragionevole dubbio, sulla loro responsabilità, sulla loro volontà di uccidere.
Che sarà incerta sino alla fine sul giudizio finale. Giudizio che, per ironia del destino, sarà reso decisivo dal suo voto.
Chi veste la toga non è libero. Non si può permettere il lusso delle idee, dei sogni, e neanche dei sentimenti. Per lui la giustizia non esiste: la giustizia è legge. E legge significa anche innocenti in galera e delinquenti in libertà.
[…]
L’ombra del dubbio è il compagno fedele di ogni giudice, un’ombra tenace, a volte feroce,
E questa volta? …
Un legal thriller di non facile lettura per chi non ha confidenza, sia pure in modo superficiale, con alcuni meccanismi della legge. Non dobbiamo stupircene se pensiamo che il suo autore, Francesco Caringella è stato un commissario di polizia poi magistrato penale a Milano durante l’inchiesta «Mani pulite». Attualmente presidente di Sezione del Consiglio di Stato, presidente della Commissione di garanzia presso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e giudice del Collegio di garanzia dello sport presso il Coni. Francesco Caringella inoltre è autore di molte opere giuridiche e da decenni impegnato nella formazione di futuri magistrati e avvocati. È chiaro dunque che conosce molto bene l’ambiente dei tribunali ma aggiunge alla sua esperienza in materia una profonda capacità di introspezione nei riguardi di chi opera in quell’ambiente e dell’essere umano in generale.
La narrazione si focalizza nella camera di consiglio dove il giudice e i giurati si ritirano per deliberare. In tal senso questo legal ripropone l’ambiente della Corte di Giustizia presente ad esempio ne I giorni del giudizio di Giampaolo Simi. Ma in quest’ultimo la narrazione esce a tratti dall’aula del tribunale per narrare il vissuto dei sei uomini e donne chiamati ad un’esperienza che alla fine li vedrà stravolti persino nella loro vita. Oltre ogni ragionevole dubbio invece confina la vicenda solo con pochissime eccezioni in un ambiente chiuso dal quale si evade, è proprio il caso di dirlo, solo alla fine per avviarsi ad una risoluzione davvero sorprendente.
Malgrado il pericolo di annoiare il lettore che un legal di questo tipo può generare, il livello di tensione rimane nel romanzo sempre alto anche in virtù di una narrazione scorrevole e dinamica che va crescendo nel finale con un colpo di scena inaspettato con il quale l’autore dimostra come spesso verità, giustizia e legge non combacino.
“La prof.” M. Lucia Martinez