Quest’anno Annalisa Scarpa propone a Verona la sua mostra di fotografie con l’originale tecnica fotografica di Light Painting presso il laboratorio Armonie.
L’inaugurazione è prevista per Sabato 4 Giugno ore 11
Innanzitutto diamo una breve spiegazione su questa tecnica fotografica.
Light Painting – dipingere con la luce
Per fotografare in Light Painting si sfrutta la possibilità della macchina fotografica di fare lunghe esposizioni, anche di svariate decine di minuti. Questo tipo di fotografia richiede tradizionalmente di lavorare al buio pressoché totale e di illuminare con una torcia elettrica le parti della scena che si desidera rendere visibili nella foto. In queste condizioni la pittura con la luce è assai poco praticabile e molto approssimativa perché il fotografo ha un controllo molto limitato sul risultato finale.
Alcune macchine fotografiche moderne consentono di operare in light painting anche in presenza di luce perché hanno la possibilità di lavorare sulle differenze di illuminazione rispetto alla situazione iniziale e di registrare nella foto solo quelle.
Si parte quindi da un soggetto inquadrato in penombra, per il quale, se il fotografo non effettua alcuna variazione di luce, di solito si usa una torcia, ma va bene qualsiasi sorgente di luce, il risultato sarà un fotogramma perfettamente nero.
Durante l’esposizione, con una cadenza scelta dal fotografo, la macchina analizza se ci siano state variazioni di luce.
Tali variazioni, e solo quelle, verranno aggiunte alla fotografia, facendo quindi emergere dal nero le parti del soggetto che nell’intervallo di tempo sono state illuminate.
Ad esempio Annalisa ha scelto una cadenza di una registrazione al secondo, ossia ogni secondo viene registrata solo quella parte del soggetto che viene illuminata falla torcia, di fatto il “pennello” del fotografo.
La macchina mostra nel monitor le variazioni dell’immagine man mano che vengono prodotte, in questo modo l’artista può decidere quanto illuminare, cosa illuminare e quando fermare il processo di lightpainting.
La mostra
Quest’anno il lavoro di Annalisa riprende e approfondisce il concetto delle porte del tempo, di queste “Sliding Doors”, per parafrasare il famoso film del 1998 diretto da Peter Howitt,
L’idea non era in sè affatto nuova, il film infatti prese spunto da un’idea del regista polacco Krzysztof Kieślowski, il quale aveva già trattato lo stesso tema nel suo film del 1981 “Destino Cieco”.
Quante volte ci siamo posti la domanda “Cosa sarebbe successo se?…”
A differenza dei film citati, non si tratta solo di traiettorie narrative e neppure dei possibili sviluppi del destino che avvengono in ogni momento nella nostra esistenza.
L’individuazione delle porte del tempo è un’interessante indagine introspettiva che ci fa riflettere sui momenti nodali della nostra esistenza, su quei momenti topici che hanno lasciato un segno indelebile nella nostra storia.
Lo spazio delle eventualità
Lo spazio delle eventualità compendia tutti possibili i percorsi alternativi che si dipanano da ciascuna di queste “Sliding Doors”, di queste porte scorrevoli, porte che creano cesure nette tra un vissuto e un altro.
Visioni Metatemporali suggerisce una riflessione alternativa, ove la dimensione temporale possa essere rivista e superata da una percezione forse più alta, dove la successione degli eventi, la logica di causa ed effetto dei fenomeni naturali, perda la sua centralità nel nostro modo di interpretare il mondo.
L’idea consiste nel considerare lo spazio delle eventualità, l’insieme delle traiettorie percorribili come un qualcosa che esiste al di fuori della temporalità, esattamente come la pellicola di un film che decidiamo di visionare: la proiezione dei fotogrammi ci trasmette l’illusione del tempo, che resta però solo un’illusione in quanto tutti i fotogrammi del film esistono contemporaneamente.
Quindi il tempo diviene solo uno strumento interpretativo mediante il quale diventiamo spettatori di una realtà atemporale che è la pellicola del film.
La consapevolezza
Come è possibile provare ad interpretare la realtà al di là della dimensione temporale a cui siamo abituati?
E’ un po’ come in Matrix, o, meglio ancora, come ci racconta Platone nel suo Mito della Caverna: viviamo il film della nostra esistenza, immersi in un’illusione di temporalità.
Vorremmo iniziare ad essere spettatori quantomeno consapevoli che la realtà è molto differente da come ci appare e da come la intendiamo.
Questo è il punto di partenza dell’indagine di Visioni Metatemporali.
Maggiori informazioni sull’artista e le sue opere sono reperibili on line sul sito https://aspartes.it/
HGD