Friuli, agricoltura. L’economia circolare supera la “crisi concime”
In Friuli Venezia Giulia, fertilizzante organico dagli impianti di biogas. Il caso del Greenway Group che, grazie alla produzione di digestato, ha limitato al minimo il ricorso ai concimi chimici grazie a una filiera sostenibile dal valore aggiunto sia ambientale sia economico.
L’economia circolare per superare la crisi che sta colpendo l’agricoltura: davanti a una carenza di fertilizzante, con conseguente aumento esponenziale dei prezzi, arriva la risposta del Greenway Group.
La realtà friulana, che raccoglie la Greenway Agricola, la San Daniele Bioenergie (entrambe con sede a Codroipo – UD) e la Greenfirm di Pordenone, ha concretizzato da tempo i principi di quella transizione ecologica diventata oggi linea guida di sviluppo.
Come? «Avviando una vera economia circolare a carattere territoriale», spiega il presidente Marco Tam alla guida del gruppo insieme con Gabriele Gardisan. «Dalla coltivazione dei campi alla produzione di biogas, fino a ottenere il digestato: un residuo della fermentazione delle biomasse vegetali agricole che è ad altissimo valore agronomico e viene utilizzato nei campi in sostituzione dei concimi cimici».
Attraverso i propri impianti di Bertiolo e San Daniele del Friuli, il Greenway Group riesce ad arrivare a una produzione di circa 28 mila tonnellate di digestato all’anno «che ci permette di sostituire quasi interamente il ricorso ai concimi chimici per la coltivazione di quasi 700 ettari di terreno», prosegue Tam.
«Questo ci consente ad oggi di non essere dipendenti dai fertilizzanti e dalle materie prime necessarie – come ad esempio l’azoto – per la concimazione che provengono dall’est Europa e i cui costi, a causa del conflitto russo-ucraino in corso e delle tensioni internazionali, sono aumentati esponenzialmente negli ultimi mesi, aprendo una pesante crisi sul fronte agricolo».
La filiera circolare del Greenway Group parte dai campi. «Sono circa 700 gli ettari dedicati per il 75% alle colture energetiche, per la produzione di biomasse, e per il restante 25% alle colture di uso umano e animale, prevalentemente soia, colza e girasole», prosegue il presidente del Greenway Group.
«Altri 45 ettari sono destinati alla coltivazione della vite. Da queste uve ricaviamo vino che viene commercializzato attraverso la Greenfirm con il nostro marchio “Filare Italia”. Tutte le coltivazioni beneficiano di quel digestato, un fertilizzante organico con una parte liquida e una frazione solida e completamente inodore, ottenuto negli impianti di biogas».
E proprio da questi impianti arriva la produzione di energia elettrica che permette di soddisfare il fabbisogno di circa 20mila persone.
«Sintetizzando, possiamo dire di fare “dal campo alla casa”», aggiunge Tam. «Le coltivazioni alimentano gli impianti dai quali otteniamo sia energia, sia fertilizzante per le coltivazioni stesse. È un processo circolare che non è solamente sostenibile, sia sotto il profilo economico sia sotto quello ambientale, ma riesce a creare sviluppo e lavoro. Infatti attorno al Greenway Group ci sono una trentina di collaboratori che lavorano nei diversi settori delle aziende coinvolte. Il tutto con una ricaduta sul Pil dell’area centrale del Friuli Venezia Giulia, dove sono concentrate le attività del gruppo, che è di oltre 2 milioni di euro».
Conclude: «Il prossimo passo sarà la produzione di biometano per il fabbisogno regionale, il quale ci consentirà di fornire a un prezzo fisso, che non subisca gli effetti geopolitici, una fonte di energia indispensabile per la nostra economia».