Esco dalla mia comfort zone – giallo, thriller, noir – per parlarvi di una nuova uscita che mi ha colpita.
Neravorio è un mainstream, un romanzo in cui romance, mistery e fantasy si mescolano e amalgamano per creare una storia dall’intreccio uniforme e personaggi strutturati e corposi.
La vicenda si svolge in luoghi e tempi differenti: la narrazione avviene su tre piani temporali e ognuno è affidato a un narratore diverso.
La trama nasce da una suggestione: l’autrice vedeva da casa della nonna, a Terracina, la Torre Quadrata, a un davanzale della quale stava appesa una maschera bianca. Di chi è quel volto di donna? La Campeti ha creato il personaggio di Maria, attorno alla quale ruota l’intera vicenda. A lei è affidato il compito di supportare uno dei piani narrativi, mediante una narrazione in prima persona.
I capitoli in cui parla Maria, la misteriosa abitante della Torre Quadrata, sono diversi dagli altri: Maria si rivolge al suo amato, Giovanni, come se portasse avanti un discorso che riguarda solo loro, escludendo il lettore e il resto del mondo. Il personaggio di Maria mi ha conquistata: è poetico, struggente, e il suo modo di raccontare e vedere il mondo rispecchiano queste sue caratteristiche. Non sappiamo chi è Maria fino a quando Giovanni non inizia a parlare di lei, così come non capiamo chi è Giovanni oggi finché non compare nei capitoli ambientati nel presente, in cui il punto di vista predominante è quello del figlio Davide.
Ai personaggi di fantasia se ne affiancano altri reali, a cui l’autrice dedica dei piccoli cammei – Fabio, Rinaldo, Pina Giuffrida, Ylimaz e la Multikulti – , così come alcune tra le vicende narrate hanno un fondamento storico: emblematico il personaggio di Adele, che rappresenta tutte le donne ciociare che hanno subito violenza durante la seconda guerra mondiale da parte delle truppe francesi (marocchinate).
La costruzione del romanzo è complessa: i tre piani narrativi, inizialmente indipendenti, si intrecciano e fondono così che, di capitolo in capitolo, riusciamo a ricostruire la vicenda aggiungendo particolari che, grazie al ricorso alla focalizzazione multipla, provengono dai punti di vista di personaggi diversi.
Anche l’ambientazione non è statica. La storia parte nel presente, a Catania, per poi spostarsi a Roma e soprattutto a Terracina. Le descrizioni sono puntuali e realistiche, grazie al fatto che l’autrice conosce bene i luoghi di cui parla: da catanese non ho avuto difficoltà a riconoscere le strade in cui Lara e Davide si muovono.
Il finale, dolce e insieme amaro, mette a posto tutto: ricongiunge presente e passato e fa convergere tutti i protagonisti della storia nello stesso luogo e nello stesso tempo.
È un inno all’amore – carnale, fraterno, materno – e insieme un invito al perdono, al coraggio di perdonare e perdonarsi, trovando la forza di guardare sempre avanti. Nonostante tutto.
Claudia Cocuzza