Eseguito per la prima volta in Italia il trasferimento di un intero blocco cardio-polmonare su una paziente di 19 anni sottoposta a ECMO
Un trapianto multiplo di cuore e polmoni, su una paziente sottoposta a ventilazione extra-corporea, non era mai avvenuto in Italia. Una 19enne di Corato, in provincia di Bari, è arrivata a fine giugno all’Ospedale Molinette in condizioni gravissime. Grazie all’intervento del Prof. Mauro Rinaldi – docente UniTo, direttore della divisione di cardiochirurgia dell’AOU Città della Salute e delle Scienze di Torino – e della sua equipe, ora la giovane è fuori pericolo. Un risultato reso possibile grazie alla qualità e alle competenze del Sistema Sanitario Piemontese, dell’Università di Torino e del Centro Regionale Trapianti.
Prof. Rinaldi, quali sono gli aspetti che rendono unico un intervento del genere?
“È la prima volta che si realizza un trapianto così complesso, di un intero blocco cardio-polmonare, in una paziente a cui era stato applicato un ECMO, cioè un sistema di assistenza cardio-respiratoria, da 15 giorni. La giovane non aveva mai avuto una diagnosi di ipertensione polmonare prima, e quando le è stata diagnosticata era già in fase acutissima. È arrivata all’Ospedale di Bari sostanzialmente in arresto cardiaco, poi sono sorte ulteriori complicanze, come l’insufficienza renale ed epatica. Trapianti come questo, chiamati multiorgano, in genere vengono eseguiti su pazienti elettivi, che arrivano in sala operatoria ancora coscienti. Ne vengono realizzati non più di due o tre all’anno in tutta Italia. Qui la situazione era diversa, perché un tipo di intervento del genere non era mai stato eseguito in queste condizioni. La donna è stata trasportata da Bari a Torino, con un sistema di cannule extra-corporee, grazie a un volo C130 dell’Aeronautica Militare. Anche quella è stata una sorta di avventura, perché trasportare pazienti in condizioni così complesse è molto difficile”.
Subito dopo l’intervento è stata elogiato il Sistema Sanitario Piemontese, che ha contribuito alla riuscita di un’operazione così delicata. Un successo che è stato possibile anche grazie alle competenze messe a disposizione dall’Ateneo Torinese.
“Anzi, direi soprattutto grazie alle professionalità che si trovano all’Università di Torino. Interventi del genere di solito vengono eseguiti in strutture di ricerca che richiedono un livello di expertise superiore rispetto alla cardiochirurgia standard. Proprio perché molto raro, per eseguire un trapianto di cuore e polmoni è necessaria una formazione di rango internazionale. Inoltre, le strutture che hanno partecipato all’operazione provengono da una formazione e da una direzione di tipo universitario, perché è indispensabile avere una visione quanto più ampia possibile. Penso ad esempio alla collaborazione che abbiamo avuto con il Centro Regionale Trapianti, diretto da Antonio Amoroso, un ente di assoluta eccellenza”.
Lei è arrivato a Torino nel 2005. Da allora dirige la divisione di cardiochirurgia universitaria all’Ospedale Molinette e insegna al Dipartimento di Scienze Mediche UniTo. Com’è cambiato il contesto in cui si è trovato a operare negli ultimi 17 anni?
“È stato completamente rivoluzionato. Io sono arrivato a Torino dopo un periodo molto difficile della cardiochirurgia universitaria di questa città, dove i trapianti di cuore e polmoni erano il fanalino di coda del panorama nazionale. Oggi invece, grazie al supporto incondizionato dell’Università di Torino e dell’Ospedale Molinette, abbiamo un personale universitario strutturato di quattro persone, con un professore ordinario, due associati e un ricercatore. Abbiamo una salda gerarchia istituzionale che porta avanti il discorso della formazione e della diffusione delle nuove tecnologie. Oltre ai trapianti in generale, dove siamo tornati ai vertici nazionali, quando parliamo di cuore e polmoni siamo tra i primi gruppi in Italia, insieme ai grandi centri di Padova e Milano. Siamo tornati a eseguire un certo numero di prestazioni con un sostanziale miglioramento dei risultati. Inoltre, la nostra scuola di specializzazione è ritenuta una delle migliori del Paese. I ragazzi che escono, dopo cinque anni di training intensivo, sono già in grado di operare. Si tratta di una delle poche realtà italiane che effettivamente applica lo spirito delle nuove scuole di specialità”.
Il Prof. Giovanni La Valle, Direttore Generale dell’Ospedale Molinette, ha fatto i complimenti al “sistema trapianti” piemontese. Il nostro è un territorio di eccellenza sotto questo punto di vista?
“Il Sistema Nazionale Trapianti è un’eccellenza di per sé. È una delle poche attività sanitarie che viene monitorizzata in maniera ossessiva dal Centro Nazionale Trapianti, con un sistema di controllo capillare. Ciò implica delle prestazioni di altissimo livello. Il sistema Piemonte, in particolare, grazie a persone che si sono dedicate in maniera assoluta in questo campo, è uno dei migliori in Italia. Raccogliamo l’eredità di grandi personaggi, da Mauro Salizzoni a Giuseppe Segoloni, professionisti che hanno fatto del trapianto di organi la missione della propria vita”.
Lei si è già reso protagonista di “trapianti record” in passato. Nel 2015 ha eseguito il primo intervento al cuore utilizzando i Google Glass, nel 2019 ha trapiantato contemporaneamente quattro organi (polmoni, fegato e pancreas), primo caso in Europa. Questo è solo l’ultimo di una lunga serie di successi.
“Sono tutti record che rimangono negli annali, ma la vera motivazione è cercare di curare un paziente. In particolare se è in gravi difficoltà o, come nell’ultimo caso, se altri centri hanno preferito evitare di intervenire per il rischio di insuccesso. Alla base di tutto c’è la dedizione nei confronti del paziente, non certo i record. La cosa che bisogna dire è che, in realtà come l’Università di Torino e l’Ospedale Molinette, questi record risultano molto più semplici da realizzare. Abbiamo il Centro Trapianti di fegato più attivo d’Europa, il Centro Trapianti di rene più attivo d’Italia, per cui è una questione di rete e di sistema estremamente efficiente, non del singolo individuo”.