Per molti il fondale del Mare Adriatico è una distesa sabbiosa, piatta e monotona, che può ricordare il suolo di un deserto. Ma non molti sanno che proprio poche miglia al largo di Chioggia si trovano le Tegnùe, conformazioni rocciose assolutamente uniche per la struttura e per gli organismi che le abitano.
La presenza di queste “scogliere sommerse” era nota già nel 1700, al tempo dell’abate Giuseppe Olivi (il naturalista chioggiotto che per primo le descrisse). Il termine “Tegnùe” deriva proprio dal dialetto locale e significa ‘trattenute‘ e veniva usato dai pescatori per indicare la presenza di queste rocce su cui si impigliavano le reti.
Queste strutture sono distribuite principalmente di fronte alle coste del Nord Adriatico, ma è proprio davanti al litorale della città di Chioggia che si trova il complesso di Tegnùe più ampio e importante, in cui sono presenti i raggruppamenti più grandi rinvenuti fino a ora.
Come spiega il Comune di Chioggia, “la loro origine al momento rimane in parte incerta e oggetto di studio, ma certamente un grosso apporto alla loro formazione è dovuto ad alghe calcaree e invertebrati biocostruttori come i coralli. Per questa ragione le Tegnùe di Chioggia vengono spesso chiamate ‘le barriere coralline adriatiche‘. E come le barriere coralline presenti nei mari tropicali, anche le Tegnùe sono un ambiente ricco di vita e biodiversità, caratterizzate da rocce estremamente irregolari, ricche di anfratti, di gallerie e di cavità, usate da moltissimi organismi come riparo, rifugio o nursery“.
I subacquei che s’immergono per visitare le Tegnùe restano sorpresi per l’enorme biodiversità presente, caratterizzata da organismi animali e vegetali sessili (non in grado di spostarsi) e incrostanti, appariscenti per forme e colori, quali, ad esempio, spugne, anemoni, ascidie coloniali, e di numerose specie di pesci. Per tutte queste caratteristiche e per ciò che rappresentano per il nostro Mare Adriatico, le Tegnùe possono essere considerate delle vere e proprie oasi di biodiversità in mezzo ad una distesa sabbiosa apparentemente povera di organismi.
Proprio nei giorni scorsi, dopo 20 anni, è stato siglato il protocollo d’intesa sulla gestione delle Tegnue di Chioggia tra Comune di Chioggia, Ente Parco naturale Regionale Delta del Po, ISPRA Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Biologia, cioè i partner tecnico-scientifici che lo affiancheranno nella gestione. Prossimo passo: l’ok ufficiale della Regione.
“Grazie all’azione della nostra Amministrazione – ha sottolineato il Sindaco Armelao – e all’impegno dell’assessore De Perini si è giunti finalmente alla fine di questa vicenda. Andremo ora a gestire le Tegnue grazie alla collaborazione dell’Ente Parco naturale Regionale Delta del Po, ISPRA Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale, Università degli Studi di Padova, Dipartimento di Biologia. Grazie anche alla Regione Veneto che ora dovrà sancire l’assegnazione, abbiamo dato una risposta importante a tutti coloro che amano questo scrigno prezioso del nostro mare, in primis l’associazione Le Tegnue e il suo presidente Piero Mescalchin. Anche il nostro turismo ne beneficerà, con quella che potrebbe essere una proposta di immersioni in questo paradiso ambientale che deve essere tutelato”.
“Portare le Tegnue di Chioggia alla gestione diretta da parte della città era uno degli obiettivi della nostra associazione”, ha detto Piero Mescalchin, presidente dell’Associazione Le Tegnue. “Ora l’area, per disposizione europea, è una ZSC (Zona Speciale di Conservazione) per la quale è previsto un organo di gestione. Ci sono voluti 20 anni ma alla fine siamo arrivati a questo importante risultato per la città di Chioggia”.
“Un grande plauso va a questa Amministrazione – ha aggiunto Moreno Gasparini, presidente Ente Parco naturale Regionale Delta del Po – per aver creduto nel progetto. Il Parco è “fratello” delle Tegnue, assieme rappresentiamo una potenzialità importante di diversificazione turistica. Da un lato il turismo balneare con Chioggia e dall’altro quello ambientale con il Delta del Po per allargare la stagionalità”.
“Noi ci siamo – ha detto il prof. Luigi Bubacco direttore del Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Padova – vediamo un’accelerazione sul tema della valorizzazione dei tesori ambientali. L’Università investe molto su Chioggia e la presenza di tanti studenti in città ne è la prova. Ora i giovani di Chioggia si devono innamorare della loro città”.
Credits foto Comune di Chioggia