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A tu per tu con Tinder, l’Alfred Pennyworth del nuovo millennio

La pigrizia.
La forza (im)motrice della natura umana, capace di incriccare persino le sfere celesti.
Cosa c’è di più pigro di una app in cui devi far scivolare il ditino a destra o sinistra per decidere le sorti del mondo?
Sì, perché se ti incastri su Tinder, le sorti del TUO mondo un po’ cambiano: ti metti in vetrina per cercare… cosa in realtà?
Facciamo un passo indietro.

Per chi non sapesse cosa sia Tinder, si tratta di una app per gli incontri in cui basta strisciare il dito a destra o sinistra dello schermo per “matchare” un eventuale partner, cioè per saggiarne la compatibilità.
Tinder è specializzato in vari settori, come un maggiordomo di lunga data, un Alfred Pennyworth per gli svariati Bruce Wayne che di notte si trasformano in Batman: relazioni, amicizie, scopate.
NO Dick Pic [foto di membri maschili – NdA] perché Tinder/Alfred ha una sua etica e non gli piacciono le zozzerie. Per quelle c’è Telegram, formidabile fucina delle peggio cose di cui le Dick Pic sono solo la punta dell’iceberg.

Tinder è anche un po’ Gotham City, un carnaio di villains che alla sacra luce del mattino, portatrice di saggezza e hangover, si mostrano per quello che sono. Avete presente la persona stupenda che si rimorchia al locale la sera prima, quando si è belli carichi di alcol? Poi la si ritrova al mattino e ti chiedi perché la sera prima ti sei portato a casa un tripode etrusco.

“La gente si innamora del nulla cosmico e di bugie nascoste dietro a un’illusione” secondo il cinico parere della mia amica Odry.

Torniamo a noi.
Vi chiederete come abbia fatto a condurre un piccolo reportage là dentro.
Iscrivendomi e “swipando”, cioè muovendo il dito a destra e a sinistra a seconda che la persona in vetrina mi convincesse o meno. Poiché è statisticamente provato che i maschi cercano una donna più giovane, sono stata costretta a mentire sulla mia età: volevo evitare di entrare in contatto con boomers spargitori di fake news, che notoriamente appartengono alla fascia degli ultrasessantenni.
Dunque Annina su Tinder ha 37 anni invece che 47.  

Essendo donna, il leggendario MdF [Morto di Figa – NdA] mi ha sempre attaccato (bottone) per primo, il che, di primo acchito, si è tradotto in una nutrita manica di fappisti [masturbatori seriali – NdA] in cerca di foto di ritagli anatomici, per soddisfare una overdose compulsiva di solitario piacere.
Una porzione di umanità fatta di egoismo e solitudine.

Tuttavia dopo il primo, faticosissimo slalom gigante tra gente a me incomprensibile, scatta il secondo step: l’incontro con persone sensate. Si va a bere qualcosa, nella speranza di comprendere se chi ti sta di fronte merita che gli si dedichi più tempo del mero bicchiere in compagnia. E là Annina svela il trucco e rimane meravigliata che per la controparte l’età non sia così importante. Meglio così.

Qua il discorso si fa interessante, perché le motivazioni che portano alcuni maschi su Tinder sono le più disparate, dall’idea di amici buontemponi in una serata troppo alcolica, al volersi rimettere in gioco, al voler ampliare le proprie conoscenze.
Alla fine si tratta di avere la pazienza di far uscire dal web dei veri esseri umani, con tutte le loro peculiarità.
Dunque al di là del mezzo, che rimane a mio parere misero specchio dell’era digitale, qualcosa di buono salta fuori.

Tinder/Alfred mi segue fino a un certo punto, per essere sicuro che io, piccola Bruce Wayne, rimanga soddisfatta dai suoi servizi ma, quando mi trasformo in Batman, lui si ritira in buon ordine e io mi dedico a salvare ancora una volta quella modesta Gotham City che è il mio cuore.

Morale? Non sottovalutate il potere di un maggiordomo del Nuovo Millennio, perché potrebbe stupirvi con la sua capacità di portare alla luce esemplari preziosi di essere umano in questo mondo contemporaneo fatto di solitudine.

Anna Castelli

Laureata in arte orientale, OSS, scrittrice part-time, matta per i cani e per i tatuaggi. Sicuramente curiosa della vita.