Sinossi
Per quindici mesi Sebastian Junger ha seguito un plotone di trenta soldati americani in una
remota valle dell’Afghanistan, si è trovato coinvolto in molti più scontri di quanti avrebbe mai
potuto immaginare, ha visto uomini morire o restare gravemente feriti e lui stesso ha rischiato più
volte la vita. Il suo obiettivo era semplice ma ambizioso: voleva riuscire a comunicare al mondo i
loro pensieri più intimi e le loro emozioni più sincere. Obiettivo raggiunto, perché in queste pagine
Junger ci svela la verità su come i soldati vivano la guerra, tutte le guerre, e sul significato
autentico di parole, ormai svuotate dalla retorica, quali “onore”, “paura”, “coraggio”. E si propone
di rispondere a quella che lui stesso definisce la “domanda-bomba”: perché un uomo si
butterebbe su una granata per salvare persone che conosce da pochi mesi? La risposta è
sfuggente e al tempo stesso profonda, e va al cuore di ciò che significa essere un uomo, prima
ancora che un soldato. “War” non racconta una guerra qualunque. Un’esperienza che la maggior
parte di noi non farà mai e che non può comprendere appieno: l’estenuante preparazione alla
battaglia, l’adrenalina che sale durante un’imboscata, la paura di morire, la fatica immane, il
frastornante rumore degli spari, il trauma di uccidere, il cameratismo fra uomini che
preferirebbero morire piuttosto che deludere i compagni. Da questo reportage lo stesso autore ha
tratto il film candidato all’Oscar “Restrepo. Inferno in Afghanistan”.
Recensione:
Molte persone potrebbero chiedersi per quale motivo si dovrebbe leggere un libro che parla di
guerra con cui probabilmente pochi sono (sono stati) d’accordo, e leggere della vita di un gruppo
di uomini che con ogni probabilità non incontreremo mai.
La mia risposta sarebbe una sola: prospettiva.
Non prospettiva nel senso che il libro di Junger cambierà le vostre convinzioni politiche, ma nel
senso che sono reportage come questi che, a mio parere, permettono di fare una distinzione
fondamentale e per nulla scontata: la guerra che c’è sui libri di storia non ha mai niente a che fare
con gli uomini che la combattono.
Potrebbe sembrare una contraddizione. Ciascuno di noi potrebbe infatti pensare: ma se non credi
in quello per cui combatti, perché rischi la vita tutti i giorni lontano da casa?
La risposta degli uomini di Restrepo è tanto semplice quanto disarmante: per il compagno che mi
sta accanto.
A rischio della propria incolumità, il giornalista Sebastian Junger trascorre quindici mesi con i
soldati in uno degli avamposti più pericolosi dell’Afghanistan, e restituisce con il suo racconto
quella che è la quotidianità di persone che vivono per oltre un anno separate dai propri affetti, e
che soppiantano con le relazioni di cameratismo e amicizia tutti gli altri rapporti sociali di cui un
essere umano ha bisogno per funzionare.
Non un libro per difendere, ma per comprendere meglio.
Spesso, dopotutto, tanto basta.
Denise Jane