Questa settimana non mi ci metto nemmeno a cercare di farvi ridere: ci pensa John Vincent!
Esco un’altra volta dai confini del Veneto per approdare a Milano, dove c’è una fiorente attività di stand-up comedians.
La stand-up comedy è una particolare branca della comicità che presuppone ci sia una persona talmente coraggiosa da mettersi “in piedi” davanti a un pubblico (da qui “stand-up”) rivolgendosi direttamente ad esso, senza la quarta parete.
Un mestieraccio insomma, talvolta anche pericoloso: ricordiamoci il pugno che Will Smith ha sferrato a Chris Rock in occasione degli Oscar 2022.
Vi presento quindi John Vincent, che lavora come stand-up comedian a Milano e dintorni.
Raccontaci un po’ la tua vita e come sei approdato alla stand-up comedy.
Come racconto anche nel mio primo spettacolo “Italoangloamericano”, sono nato all’estero – a Cardiff, in Galles – e poi sono approdato in Italia nella prima adolescenza.
La mia carriera comica comincia molto più tardi: a 32 anni (parliamo di nove anni fa) scopro su Facebook che ci sono dei microfoni aperti proprio di stand-up comedy, a Milano.
Partecipo al primo (in un locale sui Navigli, che poi ha smesso di farli) e già dal secondo decido di lanciarmi sul palco.
Come molti della prima generazione YouTube, avevo divorato i vecchi video di Carlin, Pryor e Hicks, e non vedevo proprio l’ora di cimentarmi nel genere. Ho scoperto ben presto che era come lanciarsi contro un muro di mattoni – penso di non aver avuto la mia prima risata fino al terzo tentativo sul palco. E anche dopo allora, ho continuato ad andare malissimo per almeno un buon annetto circa. Ma si imparava tantissimo, ogni giorno mi sembrava di scoprire delle tecniche nuove di scrittura, tecnica e presenza scenica. Fortunatamente ai tempi (a parte Satiriasi, il gruppo che aveva dato l’avvio alla stand-up in Italia), eravamo in pochissimi a fare stand-up comedy, quindi ci veniva permesso di sbagliare e ritentare senza preoccuparci troppo di non essere più richiamati. Inoltre molte delle serate comiche venivano organizzate proprio da noi, quindi non si sentiva proprio la difficoltà di trovare un palco (cosa di cui sento lamentarsi gli aspiranti comici di oggi). Certo, mi dispiace un po’ per quei poveracci del pubblico che ci hanno dovuto sorbire a quei tempi, ma siamo migliorati parecchio da allora!
Dopo l’episodio di Will Smith è diventato più pericoloso fare stand-up comedy?
Subito dopo quella vicenda, anche noi ci chiedevamo che cosa sarebbe successo.
Possibile che aprisse la stagione di caccia ai comici?
Invece, ormai a un anno di distanza, direi che rimane un episodio ancora abbastanza isolato. Non del tutto perché, poco tempo dopo, un membro del pubblico tentò di attaccare Dave Chappelle con una lama, ma dopo quell’arresto non si è più sentito di storie simili. Devo dire che in genere, a parte la gente davvero molto ubriaca, non succede quasi mai di essere attaccati dal vivo per qualcosa che si è detto. Spesso mi chiedono infatti se membri del pubblico mi approcciano dopo gli show per lamentarsi di una battuta, ma onestamente non mi è mai capitato faccia a faccia.
Ho però sentito persone lamentarsi a debita distanza, dove erano sicuri non potessi sentire, e questo esemplifica un tratto caratteristico delle persone: raramente si cerca il confronto diretto ma, quando ci si sente protetti a distanza, ci si scatena. Parlo dei social ovviamente, perché è lì che avviene il vero abuso a tutti noi comici: se diciamo qualcosa di controverso e quello finisce online, ci possono arrivare letteralmente centinaia di attacchi personali tutti di botto, in forma di commento o messaggio diretto, e non si risparmiano mica le parole.
Il mio reel “Il pugilato non ha senso” – per fare un esempio – attualmente conta quasi un migliaio di commenti per lo più aggressivi da parte di appassionati della boxe che si sono offesi. Qui abbiamo gente con il profilo da culturista, che si sente libera di darmi del “povero fallito”, “sacco dell’umido”, addirittura di minacciarmi fisicamente.
Qualcuna di queste persone è mai poi venuta a uno show per dirmi queste cose di persona? Ovviamente no.
Tutti gladiatori da tastiera.
È vero oppure è una leggenda che il comico nella vita privata sia sempre triste?
Per lo più direi che è una leggenda.
Seinfeld una volta disse a questo proposito “a nessuno importa se un dentista è depresso”. Però non si può negare che esistono molti casi famosi di morti per suicidio, overdose o alcolismo nella storia della stand-up. Robin Williams è quello più famoso, ma anche Richard Jeni, Freddie Prinze, Mitch Hedberg.
Si sono fatti degli studi e, in media, i comici hanno un’aspettativa di vita inferiore alla gente comune.
Tutto questo dunque sembrerebbe confermare lo stereotipo del clown triste. Tuttavia, ritengo che la questione sia più complessa: buttarsi su una carriera comica significa lanciarsi su un terreno poco stabile, soprattutto dal punto di vista economico.
Una carriera può prendere il volo e schiantarsi a terra letteralmente da un giorno all’altro (l’ho visto succedere sotto i miei occhi). Inoltre sei costantemente sotto il giudizio del pubblico, della rete (come menzionato prima), dei tuoi colleghi, di agenti e di possibili clienti. In aggiunta a questo, devi viaggiare. E lavori in orari non convenzionali. Questo significa che passi tanto tempo da solo, specie prima o dopo uno spettacolo – magari di martedì pomeriggio in una città dove non conosci nessuno. Facile allora cadere in alcolismo, gioco d’azzardo, manie sessuali o depressione acuta. Aggiungiamo poi che, di sera, sei per locali e ti offrono da bere gratis, per poi ritrovarti a mangiare dall’unico kebbabaro aperto alle due di mattina.
Tutta una serie di elementi che concorrono a rendere il mestiere del comico estremamente deleterio per la salute sia fisica che mentale.
Herbert Procknow sosteneva che “una persona equilibrata è colui che trova entrambi i lati di una questione divertenti” ma con questa testimonianza direi che non esiste un mestiere più duro del comico… grazie John per continuare a lavorare per strapparci una risata in questi tempi difficili!
Anna Castelli