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Come nasce una scrittura #2

Proseguiamo la nostra piccola scoperta di come nasce una scrittura con un gradito ospite, Davide Baratto, a cui lascio subito la parola per narrarvi in prima persona la sua esperienza.

“Sono nato il 18 luglio del 1993 a Mirano, in provincia di Venezia. Ho sempre avuto la passione per le lingue, in cui mi sono laureato a Ca’ Foscari.

Mi interesso di diverse tematiche e coltivo da sempre anche la passione per il cinema ed i libri; di fatto mi appassionano le storie, i vissuti.

Se penso alla mia esperienza di scrittura, posso dire con certezza che la cosiddetta ispirazione, o impulso alla scrittura, è frutto, il più delle volte, di uno stimolo esterno, una consegna.

Infatti, finora ho scritto perlopiù per partecipare a concorsi letterari, tradizionali o sui social, dove il tutto parte da una tematica fornita, attorno alla quale i partecipanti sono invitati a sviluppare un testo.

Questa componente fondamentale, però, costituisce solo il punto di partenza; il cuore della vera narrazione che ne consegue ha una natura profondamente esistenzialistica e biografica: nella scrittura do forma a quello che so, che ho vissuto e sentito – in prima persona o attraverso le storie raccontatemi da chi ha voluto condividere con me particolari aneddoti ed episodi della propria vita.

E in effetti, i testi che ho scritto finora, hanno ben poca trama: il più è costituito da riflessione, tanto che convenzionalmente si potrebbero definire racconti filosofici o, meglio ancora forse, sociologici.

Naturalmente esistono diverse forme attraverso cui le vite degli altri, possono giungere a noi e stimolarci a scrivere una storia.

Nel caso di “Un’ultima cena e una prima volta”, ciò è avvenuto principalmente grazie ad una serie di articoli di Anna Castelli, uno in particolare: “A tu per tu con Étienne – Non il solito incontro” (28 gennaio 2023), un articolo intervista in cui un gigolò si racconta descrivendo diverse sfaccettature della sua professione e, qui in particolare, l’esperienza di essere stato l’ultimo desiderio di una donna a cui restava poco da vivere.

Ho esordito dicendo che perlopiù scrivo per partecipare a concorsi, lasciandomi stimolare dalla tematica proposta, e in effetti proprio da uno di questi concorsi ho ricavato un altro elemento cardine della storia, cioè l’”ultima cena”.

Era già maturata in me l’idea di scrivere un racconto a sfondo erotico ispirato agli articoli di Anna Castelli, confidando che la parola-tema proposta (a cadenza settimanale) dal concorso a cui stavo partecipando si rivelasse congeniale in questo senso.

Di per sé è stato così, ma scrivendo mi sono reso conto che per rispettare i requisiti concorsuali specifici avrei dovuto sacrificare troppo del testo che stava venendo fuori. E non mi andava proprio; ho preferito per questa volta rinunciare a scrivere un testo candidabile al concorso e tenere “Un’ultima cena e una prima volta” così com’era venuto: svincolato, libero.

Tornando all’articolo di Anna Castelli sopraccitato, da esso ho ricavato innanzitutto la tematica dell’ultimo desiderio (non in generale, ma questo specificatamente), alla quale sono andate aggiungendosene altre, profondamente intrecciate: la complessità e delicatezza del desiderio erotico (dalle quali deriva un confine molto sottile che separa il piacere dal tormento); la distinzione tra il bisogno di sesso e quello di connessione mentale, dialogo; la sofferenza provocata dalla prospettiva della morte, ma non meno anche dalla superficialità e scontatezza di certi aspetti della vita (nella fattispecie, nell’approccio sessuale da pare di buona parte del genere maschile nei confronti delle donne); la tenerezza disinteressata come buona cura a tutto ciò.

Tutto questo e tutto il resto di cui il racconto è composto, è vita.

Un po’ la mia, un po’ quella di tutte quelle persone che mi hanno fatto il regalo di condividere parte della loro con me, che sia stato per esperienze vissute assieme o raccontate durante un caffè, un aperitivo, una cena, una passeggiata.”

“UN’ULTIMA CENA E UNA PRIMA VOLTA”

di Davide Baratto

In qualche modo, si presenta sempre una nuova prima volta, anche se sei un professionista del settore, la qual cosa presuppone che tu non possa incappare in incertezze, difficoltà.

Siamo seduti al ristorante, io ed A., lei 55 anni e io 35, vent’anni di differenza.

È la situazione più comune per me, venire contattato da donne più grandi alla ricerca di un gigolò in grado di dare loro un vero momento di passione e intimità

La necessità per A. come per molte altre donne non è rimediare sesso, è rimediare connessione, relazione.

Qualcuno per andare a letto lo si trova: un collega che ti chiede di uscire, o un altro che ti accorgi che, illudendosi di non essere notato, ti sta prendendo le misure; un ex per cui la fiamma non si è mai spenta del tutto o qualcuno a suo tempo pensato come amico che sai che ancora ci spera e aspetta un via libera; o basta scaricare Tinder, incappando nella rete del like compulsivo della maggior parte degli uomini.

L’opportunità di sesso non manca, quello che mi viene pagato è l’ascolto.

Una cena dove, intanto, il senso è davvero parlare e conoscersi, dove l’uomo ha gli occhi concentrati sul tuo sguardo, sul tuo flusso di pensieri invece di essere già lì ad immaginare di spogliarti; una passeggiata che è davvero un camminare insieme e parlare e non solo la distanza da consumare in direzione del letto.

Ho incontrato tante donne come A., eppure questa per me è una prima volta.

A. ha una malattia che le lascia poche settimane di vita e io sono il suo ultimo desiderio.

Desiderio di un’ultima cena trascorsa a parlare, di una passeggiata fatta senza fretta, con il passo all’unisono. E dopo, solo dopo, il sesso. Fatto bene e senza fretta. Per lei e non per scaricare la libido.

Ora siamo sdraiati a letto, nudi appena dopo averlo fatto. A. si gira sul fianco sinistro: si chiude un attimo in se stessa, riposa, tira le somme, si protegge. Accade spesso, è una reazione istintiva.

Nella penombra silenziosa, avverto il suo lieve singhiozzare. Con la mia mano sinistra le cerco delicatamente un braccio, mentre la destra va ad accarezzarle il viso, invitandola dolcemente a girarsi verso di me. Incrocio il suo sguardo umido nella penombra e con il pollice le asciugo le lacrime, copiose, calde.

La do un bacio leggero in fronte e subito dopo uno sulle labbra; la stringo a me lasciando che abbandoni la sua testa contro il mio collo, sotto il mento.

Le do un ultimo bacio sulla testa, tra i capelli, come a baciarle l’anima. E stiamo così, ancora per un momento, molto lungo.
È la prima volta che lo faccio.

… e ringraziamo Davide per aver contribuito all’argomento con questo bel racconto!

Anna Castelli

Laureata in arte orientale, OSS, scrittrice part-time, matta per i cani e per i tatuaggi. Sicuramente curiosa della vita.