Ci sono persone che lasciano un’impronta indelebile nella sabbia, che nemmeno il mare del razzismo e dell’ingiustizia riescono a cancellare.
Sono gli uomini e le donne che, in nome dei propri Valori, rifiutano di cedere.
La leggenda di quest’uomo straordinario va oltre il tempo e lo spazio attraverso la lotta all’Apartheid, ventisette anni di carcere, la vittoria contro la segregazione razziale fino a diventare il primo presidente nero del Sudafrica dal 1994 al 1999.
Nelson Mandela nasce Rolihlahla Mandela, nome che sembra un presagio per i posteri: significa “colui che provoca guai”. È la maestra della scuola elementare metodista a “ribattezzarlo” Nelson, perché Rolihlahla è troppo complicato da pronunciare. Per familiari e amici, invece, è semplicemente Madiba, soprannome all’interno del clan dell’etnia Xhosa.
Quello che vogliamo ricordare oggi, è la profondità di un uomo che, nonostante le vessazioni e il carcere, ha consacrato la sua vita alla gentilezza.
Nelson Mandela ha cambiato il mondo, per sempre, sorridendo.
Insieme a una palla ovale.
Dalla sua grande capacità di vedere dentro l’animo umano e di guardare oltre, di rendere possibile l’impossibile, nasce l’intuizione: i valori dello sport sono la chiave per unire un popolo.
Ricostruire e riunire un Paese spaccato in due attraverso una palla ovale, fa di lui un genio assoluto.
È la dimostrazione che quando credi veramente in qualcosa, le statistiche, la storia stessa non hanno più la forza di remarti contro.
Madiba conosce il meraviglioso mondo del rugby durante gli anni di prigionia a Robben Island. Osserva gli atteggiamenti in campo nelle partite tra le guardie carcerarie, comprende il valore del terzo tempo.
Nella sua mente si fa strada la chiave per arrivare alla più bella strategia politica di tutti i tempi: il perdono.
Entra in punta di piedi in un mondo che apparentemente non gli appartiene, nello sport privilegio della minoranza bianca. Sorprende tutti per la delicatezza, la comprensione ma anche e soprattutto per la determinazione con cui porta avanti il suo obiettivo: “Io so cosa i bianchi ci hanno tolto, ma questo è il momento di costruire una nazione”.
Comincia così la storia magistralmente descritta nel film Invictus: lo sport elitario della minoranza ricca e colta del Sudafrica diventa patrimonio di tutti.
Il riscatto, la riscossa, l’unità di una nazione passa attraverso una partita di rugby. Perché poi, quando hai ben chiara la via, l’Universo ti spiana la strada.
La Coppa del Mondo di rugby in Sudafrica è un’escalation di successi, spesso all’ultima meta, che raccoglie intorno a sé e intorno al progetto di Nelson Mandela oltre un miliardo di persone.
La vittoria della nazionale sudafricana di rugby del 1995 diventa il trionfo di una nazione unita e coesa, annulla le distanze tra bianchi e neri, insieme ad accompagnare da ogni angolo del Paese la squadra guidata dal capitano François Pienaar.
Il 24 giugno 1995 passa alla storia. Non è una vittoria qualunque. È La Vittoria. La percezione che a credere di battere gli All Blacks neozelandesi fosse solo lui, Madiba, è forte. È preso per visionario. Lui se ne frega e va dritto per la sua strada. Sa benissimo che questa è la partita della vita. Di un popolo intero, finalmente unito.
“Lo sport ha il potere di cambiare il mondo. Ha il potere di ispirare, di unire le persone in una maniera che pochi di noi possono fare. Parla ai giovani in un linguaggio che loro capiscono. Lo sport ha il potere di creare speranza dove c’è disperazione. È più potente dei governi nel rompere le barriere razziali, è capace di ridere in faccia a tutte le discriminazioni”.
Buon compleanno, Madiba.
cricol