A volte basta cambiare prospettiva per cogliere aspetti inattesi della realtà.
Chi è l’uomo, cos’è l’umanità se non un punto irrilevante dell’universo?
Ho imparato che anche le cose più umili come i batteri posseggono aspetti incomprensibili anche per le menti più evolute di questa nostra civiltà.
E pensare che fino a pochi decenni fa la flora intestinale, il nostro microbiota, per il 99,9% degli umani altro non era che CACCA. Allora tutti avevano una paura matta dei batteri e delle conseguenti infezioni: “Amuchinaaaa salvaci!”
Tutti ricordiamo le nostre madri quando ci sgridavano: “Non giocate con la sabbia ed il fango che poi vi ammalate!”
Poi gli scienziati hanno scoperto l’importanza del “biota”, ossia l’insieme di organismi che occupano un determinato spazio in un ecosistema, che può essere anche composto di microorganismi, situandosi anche nel nostro intestino, e lo hanno chaimato “microbiota”.
Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, la scienza ormai ha ammesso l’enorme importanza del microbiota presente in ciascuno di noi, considerandolo di fatto un organo fondamentale per la nostra sopravvivenza, organo presente anche nelle povere bestie che vengono macellate e che subiscono pesanti trattamenti con antibiotici per buona parte della loro vita.
Carne che qualcuno continua a definire “cibo genuino”.
Non ci siamo ancora accorti che senza un microbiota sano anche gli animali crescono malnutriti, con conseguenti carenze e anomalie trasmesse alle loro carni .
Un tempo sicuramente era cibo genuino, ora non più, almeno non per la maggior parte dei consumatori onnivori, nutriti dai prodotti della catena alimentare industriale.
I miei amici batteri, i nostri fermenti sotto copertura, nel loro piccolo ci stanno mostrando aspetti inattesi del cibo che dovrebbe nutrirci.
Vediamo una delle cause di questo sciempio alimentare.
Da alcuni anni si sta parlando della tossicità del Glifosato, un noto erbicida.
Il Fatto Quotidiano titola: “Glifosato, il caos sulla sua messa al bando spiega quanto sia cruciale l’erbicida nell’agricoltura”, ove traspare l’evidenza dell’enorme problema presente in agricoltura, dove pare che molti operatori abbiano bisogno di tale sostanza per rendere profittevole la loro attività.
Forse per venire loro incontro, alcuni scienziati hanno dimostrato come tutto il clamore sulla tossicità di questo prodotto sia esagerato: pare che nessun uomo possa morire avvelenato, neppure dopo averne ingurgitato svariati litri.
Diamogliela pure per buona, come tossicità acuta il Glifosato è irrilevante, decade abbastanza velocemente e le eventuali tracce rimanenti negli alimenti parrebbero innocue per l’uomo.
Per l’uomo.
E se cambiassimo prospettiva?
Per qualunque altro essere il Glifosato è altrettanto innocuo? Di sicuro non per le erbacce dato che è un diserbante, e per i batteri? Appunto, avete capito benissimo.
Il Glifosato fa terra bruciata come, se non peggio, di un antibiotico, alterando pesantemente il biota ambientale, trasformando un campo di grano biologicamente ricco nell’equivalente di un DESERTO, ove pochissimi bioti possono sopravvivere.
E con il mio kefir, con i miei amici batteri, come la mettiamo?
Se la mucca mangia gli insilati prodotti a basso prezzo grazie al Glifosato, il mio kefir MUORE se fatto fermentare su quel latte che, dal suo punto di vista, è altamente tossico.
Ed il mio microbiota? Cosa succede ai miei amici batteri intestinali? E cosa succede ai batteri del microbiota della mucca?
Tali domande a questo punto sono retoriche: abbiamo già svelato l’arcano.
Nonostante Copernico sia morto da oltre 500 anni, l’uomo continua a porsi al centro dell’universo e difficilmente cambia prospettiva rinunciando ai suoi paradigmi.
Era il 2011 quando compresi che un latte di una marca molto diffusa era stato completamente snobbato dai miei batteri, non era per nulla fermentato, sapeva ancora di latte anche dopo 24 ore di fermentazione.
Lo sciopero dei miei fermenti mi indusse a telefonare al numero verde del produttore:
“Pronto, servizio consumatori?”
“Sì, buongiorno come posso esserle utile?”
“Sono preoccupato perché il vostro latte non è fermentato, sa ancora di latte.”
“Scusi, non ho capito, perché non dovrebbe sapere di latte?”
“Perché qualunque altro latte che io utilizzo, anche UHT, dopo 24 ore a contatto con il kefir fermenta e si forma il siero. Il vostro latte è anomalo perché è rimasto tale e quale.”
“… Ma cosa… mi scusi, il latte deve saper di latte, eppoi cos’è questo kefir?”
“Assomiglia allo yogurt, per caso avete messo dei conservanti sul vostro latte?”
“click…”
La telefonata si concluse così. Cosa ci fosse in quel latte infermentabile non lo so, di sicuro il mio kefir lo aveva rifiutato. Cambiata marca di latte, il mio kefir riprese a fare il suo lavoro.
Ancor oggi, dopo 9 anni, è vivo e vegeto ed io sto ben attento alla sua salute perché, quando il kefir non forma il siero, significa che il latte non è gradito.
Anni dopo un tecnologo alimentare mi confermò che quella marca di latte tutt’ora si aprovvigiona di partite di latte a buon mercato, sicuramente nei limiti imposti dalla legge, quindi non commette alcun reato, ma la qualità…
Tutto questo dovrebbe spingerci a limitare il nostro consumo solo ai prodotti biologici, al latte biologico in particolare, anche perché vi assicuro che il mio kefir, con il latte bio di alta montagna, di siero ne produce tantissimo!
HGD