Ognuno ha i propri hobbies, chi più chi meno, il Sior Pare ne ha sempre avuti molti, ma se dobbiamo parlare di giochi, il suo preferito rimane sempre quello delle carte. Dai lunghi solitari con le carte francesi a quelli più semplici con le trevisane. Se poi questa passione è condivisa con la persona che ami, chiaro che diventa ancora più bello e appassionante giocarci.
Negli anni 50/60 non c’erano tutti i divertimenti e le comodità di oggi. Una televisione forse per famiglia, una radio, un giradischi, libri e le carte. Alla sera era normale mettersi in cucina a giocare con i propri nonni o fratelli. Una cosa che in lui è sempre rimasta. Ricordo serate intere ad ascoltare musica classica e giocare a Machiavelli con lui.
Anche Siora Mare è sempre stata un’appassionata di carte, era abbastanza facile vederla in cucina dopo mangiato, tutta intenta nei suoi solitari. Le donne della mia famiglia hanno la peculiarità di essere animali notturni, difficile andare a letto prima dell’una di notte. Era normale per me perciò tornare la sera tardi e ritrovarmela in cucina a leggere un libro, guardarsi un film in televisione o appunto giocare a carte.
In questi casi il dialogo era quasi sempre lo stesso:
- “Te par ore de tornar casa? Come xe ‘ndada? Ti te ga divertìo? Dai, sentite che se fazemo ‘na partìa a carte! (Ti sembrano queste ore per tornare a casa? Com’è andata? Ti sei divertita? Dai, siediti che ci facciamo una partita a carte!)”
Finivamo così a fumarci qualche sigaretta, ogni tanto un grappino e via di sfide notturne a Briscola o Scopa, con il Sior Pare che puntualmente si alzava e ci guardava con questo fare sconsolato dicendoci: “Ciò, Bernarde, no ve par ora de ‘ndar a dormir?!? ( Oh, Bernarde*, non vi sembra ora di andare a dormire?)”
Quando ho iniziato ad andare all’Università e poi a lavorare, i miei genitori si sono ritrovati molto più tempo libero, per cui avevano preso l’abitudine di mettersi a giocare ogni pomeriggio. Puntuale come un orologio svizzero alle 17 Siora Mare si avvicinava con fare ammaliante al Sior Pare: “Dai, che xe ora… movite… vien quà… (Dai, che è ora… muoviti… vieni qui…)”.
Da lì partivano sfide titaniche fino alle 20, ora in cui di solito il Sior Pare iniziava a cucinare la cena.
Siora Mare è sempre stata una persona molto educata, fine nel linguaggio e mai scurrile. L’unica parolaccia che diceva era “stronso” ma doveva essere davvero molto molto arrabbiata con la persona in questione. Allo stesso tempo però è sempre stata anche molto competitiva. Ogni volta che perdeva (cosa che per fortuna nostra capitava raramente), le offese e gli improperi volavano come niente fosse.
- “Ma varda ti ‘sto Omo. Ti xe un trogio! Ti imbrogi sempre, no zogo più co ti!” (Ma guarda te quest’uomo. Sei un Troio! Imbrogli sempre, non gioco più con te!)
- “Dighe a To Pare che el xe un putan! E che quea poaretta de so mare no gera tanto seria!” (Di’ a tuo padre che è uno Gigolò! E che quella poverina di sua madre non era tanto seria!)
- “Che desgrassià, Bueo che no ti xe altro!” (Che disgraziato, Bueo** che non sei altro!)
Il Sior Pare incassava con il suo aplomb, sapendo già che tanto la partita successiva avrebbe sicuramente vinto lei dandogli così la possibilità di chiudere con la sua classica frase:
- Ecco, ti xe contenta ‘desso?!? Va in mona ti e anche e carte, che ti vinsi sempre ti e ti pianzi anca el morto! Vago cusinar desso che xe ora!” Condito poi dal gesto, da finale tragico d’opera, del lancio delle carte. (Ecco, sei contenta adesso?!? Va nel luogo in cui sei nata tu e anche le carte, che vinci sempre e piangi anche il morto! Vado a cucinare adesso che è l’ora!)
Con il calo sempre più veloce della vista, anche questa loro abitudine è venuta a mancare, il Sior Pare riconosce a fatica le carte, ma questo non gli impedisce di mettersi ogni tanto in cucina ad eseguire il suo “solitario ciosotto” (solitario chiozzotto) in cui si gira una carta alla volta e si commenta se si può attaccarla o meno. Il tutto con in sottofondo qualche aria d’opera grazie all’amorevole aiuto della sua adorata Alexa.
*BERNARDE: Sineddoche tipica veneziana per indicare le donne
** BUEO: Budello, pezzo d’intestino del maiale con cui si insaccano i salami. Usato in modo molto dispregiativo