Home / BenEssere  / La farmacia ai tempi del Covid

La farmacia ai tempi del Covid

La scorsa settimana abbiamo parlato dell’accelerazione che la pandemia ha impresso alla digitalizzazione della sanità in Italia. Questo mi ha fatto pensare a come anche il mio lavoro sia cambiato in questa contingenza e mi piacerebbe condividere la mia esperienza con voi.

I farmacisti hanno avuto la possibilità di tastare il polso della situazione rimanendo al proprio posto, al banco, mentre gli ambulatori medici chiudevano e le visite specialistiche venivano, e vengono tutt’ora, rimandate a tempi migliori.

Il farmacista è diventato l’operatore sanitario più facilmente raggiungibile e ha supplito all’improvvisa interruzione del rapporto de visu medico-paziente che ha provocato una sensazione di smarrimento, soprattutto tra gli anziani.

La pandemia ha rappresentato l’opportunità per la nostra categoria di recuperare la propria natura, che è quella di predisporsi all’ascolto del paziente, di rapportarsi privilegiando l’aspetto umano prima ancora di quello sanitario, e in questo la sburocratizzazione che per forza di cose è stata compiuta ci è venuta incontro.

Oggi stiamo fronteggiando la seconda ondata e siamo più o meno preparati, ma la chiusura di marzo ci ha lasciati sgomenti; i pazienti avevano bisogno per prima cosa di parlare con qualcuno che desse loro informazioni certe, regole comportamentali e rassicurazioni, soprattutto rassicurazioni. Nel momento in cui siamo stati privati della libertà di movimento e costretti al distanziamento sociale ci siamo resi conto che, nonostante sia l’epoca dei social media, il rapporto umano non filtrato da monitor e tastiera è insostituibile e queste imposizioni hanno inevitabilmente avuto ripercussioni sulla nostra salute.

Con il lockdown, infatti, è aumentata la prescrizione di farmaci ansiolitici e antidepressivi e le ragioni sono molteplici: paura per lo stato di salute proprio e dei familiari; preoccupazione per il peggioramento delle condizioni economiche; necessità di elaborazione di lutti improvvisi e per questo ancora più traumatici; esacerbazione di rapporti interpersonali già tesi tra conviventi costretti a condividere spazi ridotti per mesi interi. Non è un caso infatti che, proprio in concomitanza con l’esplosione di questa emergenza sanitaria, sia aumentato il numero di casi di violenza domestica a danno soprattutto di donne e minori.

A questo proposito mi sembra utile segnalare sia l’app della Polizia di Stato, Youpol, nata per denunciare episodi di spaccio e bullismo ma estesa a partire dalla scorsa primavera anche alla segnalazione di atti di violenza consumati all’interno delle mura domestiche, che il numero verde di supporto psicologico (800.833.833) istituito dal Ministero della Salute in collaborazione con la Protezione Civile, attivo tutti i giorni, dalle ore 8 alle 24.

Inoltre abbiamo avuto modo di osservare una diminuzione dell’aderenza alle terapie da parte dei pazienti cronici, soprattutto tra gli over 70: il fatto di non poter aver il rapporto diretto con il medico, di non poter uscire neanche per andare in farmacia, di subire la separazione forzata da figli e nipotini, ha indotto nei pazienti più anziani e fragili uno stato depressivo che si è manifestato anche come disinteresse, mascherato da dimenticanza, verso l’assunzione dei farmaci e come accelerazione dei processi di decadimento cognitivo.

Oggi, analizzando i risvolti psicologici della prima chiusura, questo comportamento viene annoverato tra quelli che indicano un peggioramento dello stato psichico del paziente, con ingresso o aggravamento della patologia depressiva.

In questa situazione di emergenza il farmacista ha continuato ad espletare il proprio lavoro e nel frattempo si è preso carico della gestione del paziente in maniera più consistente, senza mai sostituirsi al medico ma facendo piuttosto da tramite, fornendo supporto sia psicologico che pratico. La consegna a domicilio dei farmaci, in collaborazione con la Croce Rossa Italiana, e la ricerca e dispensazione di dispositivi di sicurezza personale che, soprattutto nelle prime fasi, risultavano introvabili, rientrano tra le nuove esigenze a cui abbiamo dovuto imparare a far fronte ma, nel contempo, abbiamo avuto la possibilità di rafforzare il rapporto di fiducia che già ci legava ai nostri pazienti.

Perciò permettetemi di dire che, se volessi trovare un aspetto positivo a questo particolare momento storico, come farmacista lo individuerei nella riscoperta del valore dei rapporti interpersonali, e scusatemi se vi sembra un’eresia ma noi farmacisti, si sa, siamo ottimisti per natura.

Dal mio angolino è tutto, alla prossima settimana.

Dr.ssa Claudia Cocuzza