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Dov’è il Bello nell’Arte Contemporanea

Se davanti a un cesso esposto in un museo vi siete posti la domanda: “ma che diavolo ci fa questo coso qui? Dovrebbe essere arte?”, bene, sappiate che quello che avete fatto non è stato distruggere l’opera, ma elogiarla.

Partiamo da un presupposto: l’intera arte si fonda su due concetti di base: l’opera in sé e il contesto in cui si trova l’oggetto. I due aspetti, nella concezione classica di arte, sono inseparabili, in costante dialogo. Non può esistere un quadro senza un cornice (intesa come cornice appesa in un determinato spazio) e neanche una cornice esponente il vuoto.

Ora, per poter comprendere l’esistenza dell’arte contemporanea, è fondamentale partire da un pochetto prima. I grandi capolavori dell’arte umana hanno in comune un aspetto: quello della sublimazione. Il non-detto. Il non visibile del quale noi andiamo alla ricerca. L’arte può esistere grazie alla libido dell’uomo. Nel senso che ci deve essere qualcosa che l’uomo cerca, per esempio, in un’opera visiva. Non si parla più di contemplazione, ma di appagamento dell’inconscio. L’uomo è alla ricerca. Ma anche nell’arte, l’oggetto amoroso viene lasciato sublimare.

La Nascita di Venere presenta al centro una figura di una donna che in modo naturale copre le sue parti intime, quelle che in teoria sono l’oggetto della libido dell’uomo, alle quali, anche in questo caso, l’individuo non può avere accesso.

Non è sempre stato così: non tutti gli individui raffigurati nel corso degli anni hanno la tendenza di coprirsi le parti intime. Proprio qui è il punto: l’arte è in evoluzione, e per comprendere quella contemporanea dobbiamo appunto partire dal periodo artistico del “pudore”.

Quindi: l’uomo è alla ricerca della propria soddisfazione. L’azione dell’uomo non è più passiva, ma inconsciamente attiva.

Poi arrivò lui: Gustave Courbet, con il suo “L’Origine del Mondo”.

Il pittore strappò i veli a Venere, e mise in bella mostra ciò che stava sotto.

Ci fu un’esposizione di ciò che l’uomo andava sublimando da anni. Un’esposizione urgente e violenta.

Lo spettatore viene a prima vista accecato dal disegno. Pur essendo ciò che andava famelicamente cercando, prova disgusto al primo impatto.

È un quadro fastidioso.

La rottura della tradizione. Necessità data dall’evoluzione del contesto sociale umano.

Il contenuto latente, non più nascosto sotto quello manifesto, in realtà non ci soddisfa. Ovvero: ciò che cercavamo veramente, un tempo lo nascondevamo in molti modi. Ora tutto ci è sul piatto. Il fatto è che l’uomo ha come obiettivo quell’oggetto, ovvero gli organi sessuali, ma allo stesso tempo no. È una condizione un po’ ostica da mandare giù. L’uomo può sopravvivere solo grazie al limbo che si crea tra il bastone e la carota. D’altronde Freud vedeva  tra i malati e i sani solo una differenza quantitativa, cioè che anche i sani in realtà nascondono dei problemi di nevrosi.

Bisogna introdurre un altro piccolo concetto: il movimento dello Spirito di Hegel. Non fatevi spaventare, è più semplice di quello che sembra.

Lo Spirito parte da una condizione di staticità. In un secondo momento, lo Spirito esplora la natura. Si getta in un mondo di contraddizioni per poi ritornare in se stesso, arricchito.

Lo Spirito in Hegel deve essere inteso come la storia dell’uomo; noi  lo riduciamo allo spirito dell’arte (che poi sarebbe quello dell’uomo).

L’arte contemporanea è l’adolescenza dell’arte. È il momento di contraddizione. Contraddizione che viene espressa con il portare al centro di un museo, allo spazio adibito all’opera d’arte, qualcosa che non lo è: un cesso, una tela graffiata, una lattina di zuppa.

L’uomo spaventato dall’Origine del Mondo, si rifugia in ciò che niente ha da sublimare, visto che tutta la libido è stata “spenta”.

E per riprendere l’inizio della discussione: “Perché, questa è arte?” Ebbene sì. È arte in quanto capiamo che è fuori luogo, perché non c’è nulla che ci rimandi alla sublimazione. L’arte contemporanea è onesta perché ci mette di fronte alla nostra debolezza psicologica, ed è per questo che ci da fastidio.

Per gli amanti di Andy Warhol, godetevi questa fase artistica, perché essendo in un processo dialettico, prima o poi verrà superata. E per chi la odia, beh, non dovreste perché è il risultato naturale della nostra storia.

Fonte: “Il Trash Sublime” di Slavoj Žižek

Di Matteo Abozzi