In un nuovo studio, frutto della collaborazione fra la Sapienza Università di Roma e il Consiglio nazionale delle ricerche, è stato indagato il fenomeno di ricolonizzazione parte di linci, lupi e orsi che sta interessando diverse aree in Europa. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Diversity and Distributions, identificano come fattori determinanti i cambiamenti della copertura del suolo, della densità della popolazione umana e l’incremento di politiche di tutela delle specie.
Imbattersi in una lince, sentire l’ululato di un lupo, osservare un orso. Forse potrebbe non essere più tanto difficile e insolito in alcune aree, non ora che queste specie stanno ricolonizzando gran parte della loro storica area di distribuzione in Europa.
Dopo essere stati spinti sull’orlo dell’estinzione nel secolo scorso, negli ultimi decenni linci, lupi e orsi stanno ricolonizzando l’Europa, complici il cambiamento nell’uso del suolo e la diversa densità di popolazione, ma non la graduale espansione delle aree protette. È quanto emerge dal recente studio condotto da un gruppo internazionale di 11 Paesi coordinato da ricercatori del Dipartimento di Biologia e biotecnologie della Sapienza Università di Roma e del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR). Questi fattori sembravano aver influenzato il ritorno dei grandi carnivori in Europa negli ultimi 24 anni, ma fino a oggi l’effettivo ruolo svolto era stato poco chiaro. I risultati del lavoro, pubblicati sulla rivista Diversity and Distributions, indicano che tra il 1992 e il 2015 la combinazione di questi elementi abbia contribuito all’aumento della presenza di queste tre specie nell’Europa orientale, nei Balcani, nella penisola iberica nord-occidentale e nella Scandinavia settentrionale, mentre tendenze contrastanti sono emerse per l’Europa occidentale e meridionale.
“È molto probabile che la coesistenza dei grandi carnivori con gli esseri umani in Europa non sia legata solo alla disponibilità di un habitat idoneo, ma anche a fattori come la tolleranza da parte dell’uomo e le politiche per diminuire la caccia di queste specie” – spiega Marta Cimatti della Sapienza, primo autore del lavoro − “e questo permette di avere nuove opportunità per riconciliare la conservazione e la gestione di queste specie con lo sviluppo socioeconomico nelle aree rurali”.
Luca Santini, ricercatore della Sapienza e del Cnr e senior author dello studio, sottolinea “sfruttare i cambiamenti socioeconomici e paesaggistici per creare nuove opportunità di recupero per le specie sarà una sfida per l’Europa, cui si dovranno affiancare una corretta educazione ambientale, norme legislative e una gestione mirata a mitigare i conflitti fra uomo e fauna selvatica nelle aree recentemente ricolonizzate dai questi grandi carnivori”.
“L’associazione tra il diverso uso del suolo, l’abbandono delle aree rurali, l’aumento delle aree protette e l’espansione dei grandi carnivori in Europa sarà importante anche nei prossimi decenni” − conclude Luigi Boitani della Sapienza, coautore e presidente della Large Carnivore Initiative for Europe − “e suggerisce che la ricolonizzazione di vaste aree europee continuerà e che dunque saranno necessari maggiori sforzi per far coesistere l’uomo e questi grandi carnivori”.