Ogni sessanta secondi, in Italia, 120mq di suolo sono persi per sempre, coperti da cemento, asfalto o altri materiali artificiali. Nel nostro paese infatti, secondo i dati contenuti nel rapporto Ispra 2020, il consumo di suolo avanza al ritmo di 2 mq al secondo.
“La formazione del suolo è un processo lunghissimo e per ottenere 5 centimetri di terreno fertile occorrono circa mille anni. Quando viene consumato, ad esempio costruendoci sopra, è irrecuperabile”, commenta Loredana Pietroniro, agronoma e membro del Consiglio nazionale di Slow Food con delega al Forum nazionale Salviamo il paesaggio. Purtroppo, nonostante la situazione sia sempre più grave, in Italia le proposte di legge per frenarne il consumo si susseguono dal 2011, ma puntualmente si arenano in uno dei due rami del Parlamento.
Ma la cementificazione non è l’unica causa di perdita di suolo in Italia. Anche l’agricoltura ha le sue responsabilità. “La diffusione dell’agricoltura industriale finalizzata all’aumento delle rese è strettamente legata all’uso di prodotti chimici di sintesi, alla genetica e alla tecnologia, e favorisce la diffusione della monocoltura con inevitabili conseguenze sul consumo di acqua e di suolo e sull’impoverimento dei livelli di fertilità”, spiega Marta Messa, direttore di Slow Food in Europa.
Che fare, allora? “Come afferma Slow Food, solo le pratiche agroecologiche, che limitano le monocolture e l’uso di prodotti chimici di sintesi possono preservare o rigenerare la fertilità del suolo”, continua Messa. La Commissione europea, che ha annunciato entro la fine dell’anno una revisione della sua Strategia per il suolo (al momento ferma al 2006), ha aperto una consultazione pubblica per raccogliere le opinioni dei cittadini comunitari, a cui è possibile partecipare fino al 27 aprile a questo link. L’obiettivo dell’Ue, si legge, è “raggiungere entro il 2030 la neutralità in termini di degrado del suolo, vale a dire rendere nuovamente sano tanto suolo quanto ne è stato degradato dall’attività umana”.
“Un obiettivo che dovrebbe essere sostenuto da altri elementi come il ripristino del rapporto tra suolo e microrganismi e pratiche agricole sostenibili. Inoltre, il problema ancora una volta è che questi obiettivi non sono obbligatori”, spiega Messa.
A tutto ciò si aggiunge la questione che riguarda l’uso dei prodotti chimici in agricoltura: a fine marzo, su Nature Geoscience, è apparsa una ricerca di un gruppo di studiosi dell’università di Sidney, secondo cui “il 64% dei terreni agricoli del mondo è a rischio di inquinamento da pesticidi” e il 31%, tra cui la maggior parte dei terreni europei, risulta “ad alto rischio”.
Ecco perché è importante che tutti ribadiamo a gran voce “che l’UE ha bisogno di un quadro dedicato e legalmente vincolante per proteggere i suoli europei dalle minacce poste dall’accaparramento delle terre, dal degrado del suolo e dalla contaminazione”, aggiunge Messa. “Pertanto la nuova Strategia per il suolo deve identificare l’agroecologia come lo strumento principale per raggiungere gran parte dei suoi obiettiv”.
Per approfondire l’analisi di Slow Food sulle Strategie Farm to Fork e Biodiversità, clicca qui.
foto di copertina: Claudia Del Bianco, Slow Food