La Regina delle Dolomiti ha lanciato il suo grido di aiuto
Misura più o meno 200 metri il fronte che è sceso a 300 km/h per un chilometro e mezzo andando via via allargandosi fino a 400 metri di larghezza. Undici persone tra i deceduti e i dispersi è il bilancio della domenica più tragica per la Regina delle Dolomiti. Travolte cordate di escursionisti che stavano percorrendo la via abituale per raggiungere la cima. Si è salvato chi era ai margini della valanga o era già arrivato in vetta.
L’alpinista Reinhold Messner, in collegamento a Sky TG24, ha spiegato che “la montagna sente subito il caldo globale. Questi seracchi cadono, certo, per la gravità, ma la causa vera, originaria, è il caldo globale, che fa sciogliere i ghiacciai e rende più probabile che si stacchi un seracco“.
La Regina delle Dolomiti ha lanciato il suo grido di aiuto. 10 gradi in vetta per giorni, ma è da maggio che le temperature sono sopra la norma.
“La crisi climatica minaccia sempre di più la montagna. Quanto accaduto domenica scorsa sul ghiacciaio della Marmolada – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – ci dimostra che non c’è più tempo da perdere. La montagna sta collassando e sta diventando sempre più fragile. Di fronte a questo scenario, l’Italia deve accelerare il passo sulle politiche climatiche dove è in forte ritardo, approvando al più presto l’aggiornamento del piano nazionale integrato energia e clima agli obiettivi del Repower Eu e un piano di adattamento al clima. Servono allo stesso tempo scelte energetiche coraggiose che puntino con forza e vigore sullo sviluppo delle rinnovabili, snellendo definitivamente gli iter autorizzativi dei nuovi impianti, senza continuare ad investire su gas e perdere tempo sulla realizzazione di nuove centrali nucleari. A tal riguardo il nostro auspicio è che l’europarlamento, che si sta riunendo per il voto in plenaria, bocci l’attuale tassonomia verde che considera gas fossile e nucleare come fonti energetiche sostenibili. Per fronteggiare la crisi climatica, servono azioni e interventi coerenti e sostenibili. Se riusciremo a limitare il riscaldamento globale sotto la soglia dei 1,5 gradi come nell’obiettivo degli accordi di Parigi, a fine secolo sopravvivrà un terzo dei ghiacciai, in caso contrario i ghiacciai alpini scompariranno del tutto”.
A parlar chiaro i dati di Carovana dei ghiacciai, la campagna di Legambiente che insieme al Comitato Glaciologico italiano dal 2020 monitora lo stato di salute dei ghiacciai alpini.
In particolare, il ghiacciaio della Marmolada tra il 1905 e il 2010 ha perso più dell’85% del suo volume. Nell’ultimo decennio si è assistito a un’accelerazione dei fenomeni della fusione glaciale. La linea di tendenza che sino al 2000 consentiva di prevedere un esaurimento nell’arco di un secolo si è successivamente modificata tanto da far presagire la scomparsa del ghiacciaio entro i prossimi 15/20 anni.
Oltre alla Marmolada, situazione preoccupante anche per diversi altri ghiacciai alpini. Dall’ultimo monitoraggio di Carovana dei ghiacciai realizzato nell’estate del 2021, è emerso che i tredici ghiacciai alpini monitorati più il glacionevato del Calderone, in Abruzzo, perdono superficie e spessore frammentandosi e disgregandosi in corpi glaciali più piccoli.
I ghiacciai dell’Adamello hanno perso oltre il 50% della superficie totale, quelli del Gran Paradiso circa il 65%. In Alto Adige 168 ghiacciai si sono frammentati in 540 unità distinte. Il ghiacciaio orientale del Canin, in Friuli, oggi ha uno spessore medio 11.7 m, – 80 m rispetto a 150 anni fa. Il ghiacciaio del Calderone, dal 2000, si è suddiviso in due glacionevati e risponde alle oscillazioni climatiche in modo molto più veloce rispetto ai ghiacciai presenti sulle Alpi.
“I ghiacciai alpini sono in codice rosso – spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Legambiente Alpi – Nell’ultimo secolo hanno perso almeno il 50% della loro superficie. Di questo 50%, il 70% è sparito negli ultimi 30 anni con un’accelerazione inaudita negli ultimi anni. La combinazione tra clima mite e mancanza di neve dell’inverno 2021/2022 sommati alle alte temperature di questi giorni costituiscono una sorta di tempesta perfetta per la montagna rendendola molto più fragile e pericolosa. Ovunque sui ghiacciai si scorgono ruscelli di acqua, i torrenti impetuosi che ne derivano raccontano di un’emorragia senza pari. Ultime urla di un’agonia che dovremmo cogliere come monito al cambiamento. Per questo è fondamentale mettere in campo anche scelte innovative di sviluppo locale con forti azioni di mitigazione e adattamento per il turismo come per tutti gli altri ambiti. Un messaggio che rilanceremo anche con la prossima edizione di Carovana dei ghiacciai, che a metà agosto è pronta a tornare ad alta quota per monitorare i ghiacciai alpini, compreso quello della Marmolada dove siamo stati nel 2020 in occasione della prima edizione”.
Attualmente l’intera montagna in territorio Trentino è chiusa, secondo quanto previsto dall’ordinanza del sindaco di Canazei, Giovanni Bernard.
E poi c’è la questione economica, sorda e cieca ai richiami di Madre Natura.
I disboscamenti selvaggi, le strade sempre più grandi – ma non siamo negli USA, l’Italia è bella perché è a misura d’uomo – la corsa a chi raccoglie più “roba” di verghiana memoria.
E la Natura, silenziosa, soffre. Soffre e alla fine, suo malgrado, diventa matrigna come scriveva nella Ginestra, anno domini 1836, il signor Giacomo Leopardi, per cui la Natura non ha per gli uomini riguardo maggiore di quello che ha per le formiche: eppure “l’uom d’eternità si arroga il vanto“.
Forse è arrivato il momento di comprendere davvero che il disequilibrio di uno è il disequilibrio di tutti. E che siamo tutti formiche.
“Il cambiamento e la crisi climatica ci mettono di fronte a una realtà a cui non possiamo sfuggire. La quotidianità degli eventi deve cambiare. E gli eventi non possono dichiararsi sostenibili quando vanno a disboscare e livellare montagne che già soffrono i cambiamenti climatici. Dovremmo cambiare il corso degli eventi prima che il corso degli eventi cambi noi”. AC