Scienza ed economia unite per la salvaguardia degli oceani
Venerdì 9 giugno l’Aula Magna dell’Università Bocconi – e in diretta streaming mondiale – è andato in scena il Blue Economy Summit, organizzato da One Ocean Foundation, realtà non profit italiana operante a livello internazionale per la tutela dell’ambiente marino. Per la prima volta, un tavolo di discussione nel nostro paese sull’importanza di agire per la salvaguardia degli oceani.
Un Summit che ha goduto della partnership istituzionale dell’Intergovernmental Oceanographic Commission UNESCO e che per la prima volta ha aperto un tavolo di discussione nel nostro paese sull’importanza di agire per la salvaguardia degli oceani, sull’urgente necessità di costruire un’economia blu che mantenga le risorse marine al sicuro per le generazioni future. Si è trattato, inoltre, del primo dibattito su questi temi organizzato in collaborazione con una Business School, dimostrazione del fatto che tutela dell’ambiente e sviluppo economico possano incontrarsi in modo virtuoso.
L’evento ha riunito Global Leader del mondo della scienza, dell’imprenditoria e dell’istituzioni con il claim we do not talk, we walk the talk, proponendo un approccio pragmatico, scientifico e lungimirante sulla necessità di trattare il ”Sistema acqua” nella sua globalità, con soluzioni innovative e nuove opportunità che spostino l’attenzione sull’importanza della “Prevention” per contribuire in modo concreto all’azione, condividendo nuove evidenze scientifiche e opinioni dei player più autorevoli.
Presentato da Terry Garcia, per anni Presidente della National Geographic Society, ha visto alternarsi sul palco relatori tra i più rilevanti nel loro campo, a cominciare da un ricco panel di manager italiani, composto da Marco Alverà, Giovanna Vitelli, Marco Tronchetti Provera, Mirella Vitale, Barbara Cimmino, e Elisa Zambito Marsala, tutte autorevoli voci che hanno offerto una prospettiva preziosa sul rapporto attuale della grande industria con il rispetto dell’ambiente ed in particolare delle risorse marine.
Tra gli ospiti internazionali, Carlos Duarte e Ralph Chami, esperti di fama mondiale sul capitale naturale e sviluppo economico, Sylvia Earle, iconica oceanografa, Torsten Thiele, esperto in Finanza Blu Sostenibile e fondatore del Global Ocean Trust, Kilaparti Ramakrishna, tra i più grandi esperti di politiche ambientali al mondo.
Voci autorevoli che hanno animato la giornata e dal cui incontro sono sorte significative indicazioni.
Ms. Kitlang Kabua, Ministra degli Affari Esteri e del Commercio della Repubblica delle Isole Marshall, ha raccontato come le popolazioni che abitano terre circondate dall’oceano vivano ogni giorno gli effetto dell’innalzamento dei mari e delle erosione delle coste, sottolineando l’assoluta urgenza di mettere in atto azioni concrete per combattere i problemi che affliggono i mari del pianeta, che inevitabilmente avranno un effetto sempre più drammatico sulle nostre vite e, cosa ancora più spaventosa, su quelle dei nostri figli.
Per Ruth Richardson, Secretary General & Advisor at International Network of Liberal Women, le donne avranno un ruolo determinante anche in questa sfida, soprattutto quelle nei paesi in via di sviluppo, il cui empowerment offrirà l’espressione di una grande potenzialità.
L’evento è stato occasione per presentare la terza edizione del report sulla blue economy della ricerca pluriennale che One Ocean Foundation porta avanti dal 2019 con il supporto di McKinsey & Company insieme al Sustainability Lab di SDA Bocconi con il Prof. Stefano Pogutz.
Il rapporto Business for Ocean Sustainability – Third Edition: Capturing the Blue Opportunity si concentra sulla relazione tra le imprese e la sostenibilità dell’oceano, introducendo tre novità rilevanti: il concetto di Capitale Naturale Blu come principio guida per un’economia positiva per gli ambienti marini, l’allargamento significativo del sample, pari ora al 70% del world market cap e una metodologia innovativa che combina due approcci basati sull’intelligenza artificiale per analizzare i comportamenti di oltre 2400 imprese in 20 paesi e appartenenti a 17 settori industriali.
Il report rileva un aumento dell’attenzione delle aziende verso gli ecosistemi marini e costieri, ma evidenzia la necessità di un impegno decisamente più profondo, sottolinea come alcune aziende stiano effettivamente adottando nuove misure, ma che oggi ancora un numero relativamente basso agisce in modo diretto nell’affrontare questi temi.
Elemento significativo, il fatto che le aziende più virtuose si dimostrino essere proprio quelle che riescono a comprendere come adottare strategie e practices rispettose del mare, possa rivelarsi essere una efficace leva di business.
“La rilevanza economica e ambientale dell’oceano è sempre più evidente: il valore economico ad esso associato raggiunge i 5.200 miliardi di dollari e il suo contributo per contrastare il cambiamento climatico è cruciale. In questo contesto, il progetto sviluppato con One Ocean Foundation mira a innescare un circolo virtuoso da parte delle aziende, fatto di consapevolezza, stimolo all’azione e creazione di valore attraverso opportunità di business. La terza edizione del report ‘Business for Ocean Sustainability’ prende in esame oltre 2.400 imprese e, grazie a una metodologia innovativa di intelligenza artificiale generativa, valuta in modo approfondito il loro impegno riguardo alle tematiche di sostenibilità degli oceani. Tale analisi dimostra che il circolo virtuoso si è avviato e va sostenuto”, ha commentato Federico Fumagalli, Partner di McKinsey & Company.
Pensiero condiviso ed espresso da diversi relatori e sintetizzato anche da Terry Garcia: “La buona notizia è che oggi sappiamo cosa deve essere fatto, sappiamo come e abbiamo tutti gli strumenti per farlo. A partire proprio dall’aumentare ancora la nostra conoscenza, soprattutto in tema di oceani, di cui abbiamo esplorato e quindi conosciuto, ancora solo una piccolissima parte”.
Idea comune, infatti, è anche l’urgenza di prendere coscienza della complessità di un tema come questo, che richiede un approccio multidisciplinare, altamente professionale e lo sviluppo di singole interazioni tra le parti, industria, scienziati e istituzioni, così come il fatto che per innescare ulteriormente l’adozione di good practices sarà fondamentale il supporto della finanza privata, che agisca da acceleratore di questo processo.
Elemento, la consapevolezza, significativo anche per Sylvia Earle, oggi ottantasettenne, ma ancora in prima linea nella difesa degli oceani, che ricorda come “la consapevolezza è il primo fondamentale passaggio attraverso il quale cominciamo a occuparci del problema e passare all’azione per porvi rimedio” e che è “fondamentale conservare la consapevolezza che ognuno può fare il suo e mettere in campo le proprie competenze per ottenere dei risultati significativi”.
Durante l’intervento della Signora degli Abissi, sono stati illustrati inoltre i sorprendenti e incoraggianti risultati del progetto Hope Spots, che si prefigge di istituire alcune aree nel mondo dove ripristinare le condizioni originarie di funzionamento del sistema marino e che saranno in grado di coinvolgere virtuosamente nel loro processo di guarigione aree sempre più grandi attorno ad esse.
Anche per Sandro Carniel, oceanografo di fama internazionale e membro del comitato scientifico di One Ocean Foundation “In uno scenario di sempre più evidente gravità e urgenza, nonostante il riscaldamento globale e il cambiamento climatico colpiscano sempre più duramente i nostri oceani, ci sono motivi di speranza per invertire questa tendenza. Rispetto a qualche anno fa, abbiamo più conoscenza scientifica, consapevolezza, maggiore quantità di dati. Dobbiamo passare dalla comunicazione alla azione immediata, per dare concretezza a questa speranza”.
Il summit si è concluso in serata con l’impegno di Riccardo Bonadeo, Presidente di One Ocean Foundation e di tutti i partner di rendere questo incontro un appuntamento annuale, dalle ambizioni sempre crescenti: “Il Blue economy summit è l’inizio di un nuovo percorso, che tiene insieme la scienza e l’economia, per la tutela dell’Oceano negli anni a venire”.
Attraverso la partnership con Green Future Project la Fondazione compenserà l’impronta carbonica derivante dall’organizzazione dell’intero evento, investendo nel progetto di riforestazione delle praterie di Posidonia Oceanica. Questo progetto, avviato a Bergeggi, mira al ripristino di questi preziosi ecosistemi marini, fondamentali per l’equilibrio dell’intero habitat.