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Bizantini, il viaggio nell’Impero Romano d’Oriente

Un incredibile viaggio nel mondo, nella cultura e nell’immaginario dell’Impero Romano d’Oriente, sopravvissuto per oltre mille anni alla caduta della parte occidentale. A Napoli al MANN, dopo quarant’anni dall’ultima esposizione in Italia, oltre 400 opere con prestiti da 57 musei e istituzioni d’Italia e Grecia, per rievocare Bisanzio, cui la città partenopea fu legata per sei secoli. Il Direttore, Paolo Giulierini: “Con questa esposizione raccontiamo anche l’identità del nostro Museo”.

Robert Byron, noto scrittore di viaggi inglese dei primi decenni del Novecento, attribuiva la grandezza di Bisanzio alla sua «triplice fusione»: un corpo romano, una mente greca, un’anima orientale, mistica.

Una fusione che l’arte, la cultura, le testimonianze materiali della società interpretarono e seppero diffondere attraverso i secoli, come emerge dalla ricchissima mostra “Bizantini. Luoghi, simboli e comunità di un impero millenario” in programma al Museo Archeologico Nazionale di Napoli fino al 13 febbraio 2023.

Curata da Federico Marazzi (Università Suor Orsola Benincasa di Napoli) con la direzione scientifica di Paolo Giulierini, la mostra sviluppa in 15 sezioni il tema delle fasi storiche successive all’impero Romano d’Occidente, con un focus su Napoli (città “bizantina” per circa sei secoli, dopo la conquista da parte di Belisario e le sue armate nel 536 d.C.) e una particolare attenzione alla Grecia a all’Italia meridionale.

Il progetto scientifico dell’esposizione è stato sviluppato da un team di studiosi italiani della civiltà bizantina, guidato dallo stesso Federico Marazzi e composto da Lucia Arcifa, Ermanno Arslan, Isabella Baldini, Salvatore Cosentino, Edoardo Crisci, Alessandra Guiglia, Marilena Maniaci, Rossana Martorelli, Andrea Paribeni ed Enrico Zanini. La mostra, coordinata da Laura Forte (Responsabile Ufficio Mostre al MANN) e organizzata da Villaggio Globale International, è realizzata con il sostegno della Regione Campania (POC Campania 2014-2020) e in collaborazione con l’Università degli Studi “Suor Orsola Benincasa” di Napoli. Il progetto di allestimento è di Andrea Mandara e quello grafico di Francesca Pavese.

Diversi i temi affrontati – la struttura del potere e dello Stato, l’insediamento urbano e rurale, gli scambi culturali, la religiosità, le arti e le espressioni della cultura scritta, letteraria e amministrativa – e oltre quattrocento le opere esposte, dalle collezioni del MANN e da 57 dei principali musei e istituzioni che custodiscono in Italia e in Grecia materiali bizantini: 33 musei italiani, 22 musei greci isole incluse, Musei Vaticani e Fabbrica di San Pietro.

Grazie alla prestigiosa collaborazione con il Ministero Ellenico della Cultura, molti dei materiali in allestimento sono visibili per la prima volta: diversi manufatti sono stati rinvenuti, infatti, nel corso degli scavi per la realizzazione della metropolitana di Salonicco. Altri reperti, concessi in prestito dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Napoli, sono stati ritrovati negli scavi della linea 1 della metropolitana.

“Esiste una Campania archeologica dopo la caduta di Roma commenta il Direttore del Museo, Paolo Giulierini – e raccontare in una grande mostra i mille anni di questo impero è per il MANN una nuova tappa del percorso partito dai Longobardi verso una più completa identità del nostro stesso museo. Napoli bizantina è un tema cruciale e per molti sarà una sorpresa alla scoperta di un intreccio di destini tra la città e l’impero, dopo la sottomissione a Roma, durato per sei secoli, il tratto più lungo della sua storia. E anche quando il dominio bizantino di Napoli evaporò, questo legame con l’ Impero non fu mai rinnegato e si trasformò in volano per tenere vivi i contatti con il Mediterraneo, la tensione verso altri mondi. Il MANN è quindi il luogo ideale in Italia per raccontare questa storia”.

Sculture, mosaici, affreschi, vasellami, sigilli e monete, straordinari manufatti in ceramica, ma anche smalti, oggetti d’argento, preziose gemme e oreficerie, pregevoli elementi architettonici danno conto della strutture, dei sistemi organizzativi, dei commerci e dei rituali di questa complessa realtà politica, testimoniando nel contempo le eccellenze delle manifatture bizantine, gli incroci di cultura, gli stilemi e i simboli dell’Impero d’Oriente attraverso i secoli.
E’ la creatività artistica del mondo antico che transita verso il Medioevo, con un linguaggio rinnovato dalla fede cristiana e con gli innesti del mondo orientale, in particolare della cultura iranica e araba.

L’esposizione, infine, prevede un ricco apparato editoriale: il catalogo in uscita a gennaio 2023 che approfondisce e amplia i temi della mostra grazie ai contributi di numerosi studiosi italiani e greci, guida breve, itinerari bizantini in Campania e una guida kids, tutto edito da Electa.

Dopo circa 40 anni dall’ultima esposizione in Italia, una mostra affronta dunque il mondo – affascinante quanto complesso – dell’Impero Bizantino: quell’Impero Romano d’Oriente (Romèi erano chiamati e si autodefinivano i suoi abitanti) sopravvissuto per quasi dieci secoli alla caduta della pars Occidentis, allorquando il barbaro Odoacre nel 476 riuscì a deporre l’ultimo imperatore d’Occidente Romolo Augustolo.

Fu allora che Costantinopoli, la città sul Bosforo, l’antica Byzantion rifondata nel 330 dall’Imperatore Costantino come “Nuova Roma”, divenne il centro e il cuore politico, istituzionale e culturale dell’Impero Romano, che di fatto proseguì la sua esistenza fino al 1453 – con la caduta della capitale in mano ai Turchi di Maometto II – assumendo tuttavia nel tempo connotati sempre più lontani e diversi: dalla lingua greca per gli atti ufficiali e l’ambito culturale, fino all’assunzione del Cristianesimo come unica religione fondante l’identità dell’Impero.

È questo mutamento di pelle a indurre gli eruditi, dal 1600 in poi, a cercare un nuovo nome – Impero Bizantino – per indicare questa realtà politica che per secoli calcò le scene della Storia, connettendo Oriente e Occidente, contribuendo innegabilmente alla formazione dell’Europa medievale e all’Umanesimo, lasciando un’eredità culturale profonda tanto nel successivo impero islamico quanto nei suoi ex territori, comprese alcune città e regioni d’Italia ove più profondo e duraturo fu il legame con l’Impero.

Una volta superati i pregiudizi d’inizio settecento che associavano al bizantinismo le negatività di una burocrazia invalidante, del vuoto formalismo, della mera apparenza; superata l’idea errata di una società statica e immutabile contrapposta alla tradizione illuministica occidentale, il mito di Bisanzio è cresciuto in questi ultimi decenni, così come l’interesse per la sua storia e una cultura raffinata, coltivata in seno a un Impero incredibilmente multietnico eppure per secoli indissolubile nel suo concetto universalistico – pur nei mutati assetti geografici – e nei suoi pilastri identitari: l’imperatore e la corte, la burocrazia, la Chiesa.