Elisa: Qual è la storia degli Anaïs?
Franco: Mi piace che tu dica GLI Anaïs perché spesso molti pensano che Anaïs, essendo un nome femminile, sia uno pseudonimo di Francesca, anche perché è sì molto estroversa, ma il compositore sono io, e che diamine!
Abbiamo fatto concerti in cui la gente mi scambiava per il suo batterista: va bene che sono modesto e introverso, ma insomma…
La band (come piace dire a Francesca, anche perché dopo tutti questi anni non ha ancora capito come vorrebbe chiamarla lui, la band) ha sempre ruotato intorno al sodalizio del duo Francesca+Franco, detti anche Sandra e Raimondo per i frequenti dissapori di comunicazione.
Francesca: Sì, adesso siamo diventati i Sandra e Raimondo dell’underground genovese, come i fratelli Gallagher ma con meno alcol e più vicini alla casa di riposo che alla rehab: sono famosi i nostri battibecchi sul palco (e anche durante la registrazione dei pezzi; ma anche sui social: insomma, quasi ogni volta che si interagisce).
Nonostante questo, da vent’anni abbiamo avuto delle anime buone che si sono succedute al basso e alla chitarra o alla batteria, per portare avanti il nostro progetto musicale.
Il nostro ultimo disco “Emily Dickinson (because I could not stop for death)” l’ha registrato Franco, interamente, suonando uno strumento alla volta, e poi ci ho cantato sopra io, dopo l’ennesima rappacificazione.
La formazione che presenterà il disco, compatibilmente con l’andamento dell’emergenza sanitaria, si completa con Guido Zanone alle percussioni (già bassista per molti anni degli Anaïs) e Mauro “Momo” Ghirlanda al basso o alla chitarra acustica (anche lui suonò con noi negli anni ’90, quando gli Anaïs si chiamavano Chloe che a loro nascevano dalle ceneri dei Sybil).
La scelta di non avere una batteria dal vivo è anche tattica, non solo artistica: così facciamo meno casino e possiamo suonare anche in posti piccoli.
Francesca: e come vedrete, la storia del risparmio, di spazio, fisico, sonoro, è un leit motiv della nostra band: tanto per confermare lo stereotipo del genovese tirchio.
Elisa: Come è nata l’idea di “mettere in musica” le poesie di Emily Dickinson?
Franco: E’ nata nel lontano 1997: durante una notte insonne, in cui davvero c’era poco da ridere perché la gravidanza del mio primogenito si complicò non poco, ho aperto la raccolta di poesie di Emily Dickinson, “Silenzi”, e ho musicato “Good Morning Midnight”, canzone che poi è diventata un cavallo di battaglia, prima col gruppo dei Sybil, da cui nascono gli Anaïs, passando per i Chloe, una formazione che comunque ci ha dato grandi soddisfazioni con un solo demo.
Negli anni poi ho messo in musica altre poesie, di Blake, Auden, Antonia Pozzi, e soprattutto di Cesare Pavese, a cui ho dedicato un intero cd come solista nel 2008 (si può ascoltare su Spotify e YouTube, si intitola “Last Blues”; lì Francesca ha cantato il pezzo che ha riscosso maggior successo, Last Blues to be read someday: era incinta della sua prima figlia e ha disatteso le indicazioni del suo ginecologo per venire in studio di registrazione, ma ne è valsa la pena e, forse per merito degli ormoni gravidici, non abbiamo neppure discusso!).
Nel tempo abbiamo sempre preferito usare le poesie della Dickinson rispetto a quelle di altri poeti, grazie alla metrica particolare e all’adattamento musicale di Francesca: ad un certo punto avevamo così tanti pezzi che abbiamo pensato di fare un intero disco a lei dedicato (e così io avrei risparmiato, eh sì risparmiato, di nuovo, di scrivere i testi: in precedenza era io a comporli e a Franco, non ci crederete, piacevano tanto)
Anche questo disco, coi tempi di gestazione del Tirannosaurus Rex, ha visto la luce dopo circa tre anni, come tutti i nostri precedenti.
Il sottotitolo l’ho aggiunto io, reduce dall’esperienza di un tumore al seno che mi ha fatto dubitare, appunto, di dovermi fermare per cause di forza maggiore (e dotata di falce, sì, ci siamo capiti): la poesia di Emily Dickinson, per l’ennesima volta, era perfetta per noi.
Il disco è stato prodotto in 150 copie dall’etichetta alessandrina 1q84Tapes, che ne ha fatto un oggetto magnifico, con un libretto fotografico cui hanno contribuito due musicisti che sono transitati nella nostra band, Guido Zanone, che ancora ci suona, e William Tarantino. La copertina invece era un regalo dell’eccellente fotografo genovese Alberto Terrile, che ha ritratto da Wim Wenders a Bono Vox: un regalo, insomma.
Il disco è andato sold out in una settimana: adesso siamo in attesa della ristampa, bloccata nel Regno Unito causa Brexit.
Elisa: Avete citato molti poeti, e ora 1q84 mi ricorda Murakami: c’è un legame così stretto tra voi e la letteratura?
Franco: Indubbiamente, io sono libraio e con Francesca ci siamo conosciuti proprio in libreria, anche se al provino per diventare la nuova voce dei Sybil l’aveva portata il suo allora fidanzato.
Francesca Franco era il mio libraio di riferimento da Feltrinelli! Ha persino scritto un libro sugli strafalcioni dei suoi clienti, “Il fu Mattia Bazar”. Certo, all’epoca litigavamo meno; poi mi hanno fatto un provino da paura (ma la colpa fu di Mauro, che da vero burlone mi fece una finta piazzata alla prima nota che cantai, rea, a suo parere, di averla sbagliata: tanto per rompere il ghiaccio, eh?)
Elisa: Nel tempo avete avuto diversi riconoscimenti: recentemente il vostro video, I am Nobody, è stato utilizzato dall’ Emily Dickinson Museum di Amherst, Massachussets, che sorge nell’abitazione della poetessa, come sigla per le celebrazioni online del 190mo anniversario della nascita di Emily.
Francesca: vero, credo di aver stalkerato pesantemente il profilo Instagram del museo per arrivare a questo risultato, ma pare abbiano gradito!
Nel luglio 2001 invece abbiamo rappresentato la Liguria nel prestigioso festival di Arezzo Wave: altro che Sanremo!
Lì ci siamo distinti per la spiccata mentalità imprenditoriale: anziché pensare, come logico, all’occasione come una grande vetrina per le major e le etichette musicali, ci siamo portati dietro solo 5 cd e li abbiamo regalati a tutti quelli che abbiamo incontrato strada facendo, gestore dell’ostello compreso.
In quel contesto, ci siamo distinti anche per un’intervista radio in cui abbiamo parlato più del nostro dissenso verso l’imminente G8 genovese, tristemente salito agli onori della cronaca pochi giorni dopo; durante la diretta, l’allora bassista strappò il microfono al giornalista per dichiarare il proprio amore alla neofidanzata, che oggi è sua moglie: ne è valsa la pena, dai.
Franco Certo che lo scenario degli anni Novanta/inizio Duemila era ben più favorevole alle realtà musicali emergenti: c’erano più locali, potevi proporre i tuoi pezzi senza che nessuno ti torchiasse con richieste di cover distanti dal tuo repertorio e dettaglio non proprio trascurabile, nessuna emergenza sanitaria mondiale.
Francesca in quel periodo aveva il problema della somiglianza imbarazzante con Carmen consoli: persino Max Gazzé, al termine di un suo concerto in un locale in cui spesso suonavamo, la raggiunse dal palco, dicendole di averla scambiata per la Cantantessa.
Francesca: una volta ho persino firmato un autografo al posto suo, d’altronde era l’unico modo per uscire dal loop del fan che continuava ad insistere, “Lo so che sei tu ma dici di non essere tu”. Perciò se ci leggi, Carmen, chiedo venia, ma so che comprenderai.
Comunque si è suonato parecchio fino ai primi anni degli anni Dieci (si dice così?): nel 2012, a fine concerto, per restituire a Franco i pezzi della sua batteria dal mio bagagliaio, ricordo di aver persino perso i pattini a rotelle di mia figlia; dunque sì, con difficoltà e qualche dolore siamo riusciti a suonare anche da genitori.
Elisa: Franco, visto che sei l’autore delle musiche, quali sono i tuoi riferimenti musicali?
Franco Da sempre insieme a Francesca abbiamo teso a un suono scarno ma intenso, anche quando facciamo cover le “asciughiamo” al massimo, sia per personalizzarle, sia per valorizzare la parte vocale.
E sia perché alla fine siamo genovesi, il troppo stroppia sempre per noi, maniman è la nostra espressione di base. (“non ti sprecare eh”, quando qualcuno non fa qualcosa per pigrizia, stanchezza.
Da dove proviene questo termine? Stando al Piccolo Dizionario Etimologico Ligure (del prof. Toso) il maniman si presenta già nella letteratura settecentesca. Gerusalemme deliverâ (1755) […], Liberaçion de Zena (opera più o meno coeva) […], e in De Franchi (1722: tutti parlan così de man in man / ro Mœu, Valoria, Prè, Carmo, Sarzan). In quest’ultimo autore è ancor meglio evidente la connotazione dubitativa. […]. L’unico legame “esotico” del nostro maniman sta dunque nel fatto, questo sì, che il suo uso in ambito marinaresco, per indicare ad esempio la progressione di un lavoro (arriæ sta çimma de man in man, “cala questa cima a poco a poco, progressivamente”) ha favorito l’assunzione del genovesismo in turco e in greco (manimani).
Francesca
Anche per questo abbiamo intitolato il secondo disco Sottrazioni: niente a che vedere e con la matematica, ma col levare i fronzoli compositivi e di arrangiamento. I riferimenti musicali più evidenti sono i Velvet Underground di “Pale blue eyes” e “Femme fatale”, i Mazzy Star di “Fade into you”, i Cure della canzone “Faith”, i Low del primo disco, gli Smiths di “There is a light that never goes out”, PJ Harvey, Nick Cave, Leonard Cohen, i REM di “Daysleeper”…
I riferimenti meno evidenti ma altrettanto importanti sono Joy Division, Beatles e Ramones.
Francesca: La domanda più difficile per noi è sempre stata questa: “Che musica fate?” e ti ringraziamo per non avercela fatta.
Devo ammettere che sia stato divertente leggere la definizione attribuita alla nostra musica dai vari recensori: dreampop, shoegaze, lo-fi.
Io a casa conservo una collezione di volantini dei locali che ci ospitavano (all’epoca i concerti si pubblicizzavano così, altro che Facebook) e tutti ci attribuiscono un genere musicale diverso.
Va detto poi che il retaggio punk-rock porta Franco a fare canzoni brevi e sintetiche, spesso con finali volutamente bruschi: oltre i tre minuti è progressive! (E qui ritorna il genovesismo… Maniman il pubblico si annoia!)
Elisa: Francesca è l’anima social del gruppo, quindi.
Franco Di questo non finirò mai di ringraziarla. Anche quando i social non erano esplosi, si è sempre occupata di promuovere la mia musica, altrimenti destinata al solipsismo, diceva lei.
Francesca Di questo eh? E perché, di cosa non mi ringrazieresti? (Dissimulo la commozione) Di certo non mi perdona alcune mise da palco che vedeva meglio per il ballo liscio, ma io stimo anche loro, ma lo sapete quante date facevano i gruppi di ballo liscio?
Elisa: E la maglia di Emily Dickinson, la vostra Emilytee che compare nei vostri profili social indossata dai vostri fan?
Francesca Quella è stata una portentosa idea di Mauro Ghirlanda, il nostro bassista.
Nata un po’ come sogno nel cassetto, è diventata un progetto con una sua dignità: volevamo qualcosa di ottima qualità, ma da vendere a basso prezzo e iconica, come dicono quelli bravi nel marketing.
Su Instagram ho incontrato una Emily punk, col chiodo, punk: era lei che doveva finire sulle nostre maglie! L’illustratore argentino Isidoro Reta ce l’ha regalata et voilà! Ce le hanno chieste in tutta Europa e in America.
Ne abbiamo vendute così tante che se non andrà bene con la musica, possiamo sempre pensare di metter su un negozio di maglie online.
Elisa: Dove vi troviamo, quindi?
Francesca: Ovunque!
Su Facebook, @gliAnaïs. Su Instagram, anais_la_band. Su Youtube, anaïs la band.
Su Bandcamp, grazie all’etichetta 1q84Tapes, che ha prodotto il nostro disco e ne ha fatto un oggetto meraviglioso.
https://1q84tapes.bandcamp.com/album/ana-s-emily-dickinson-because-i-could-not-stop-for-death
E dal 12 febbraio su Spotify e su tutte le piattaforme digitali, grazie all’etichetta catanese Viceversa Records.
Ah, e poi c’è il blog di Franco! zaio.blogspot.com
Franco: Ma a voi non spaventa quando dice “Ovunque!”?
Maria Elisa Aloisi
Bio – Gli Anaïs sono Franco Zaio, Francesca Pongiluppi, Mauro Ghirlanda, Guido Zanone. Il progetto nasce a Genova nel 1999 tra chitarre e bassi sfiorati, batterie spazzolate e voce femminile che gioca a sussurrare, ispirandosi tanto ai Velvet Underground quanto al patrimonio cantautorale italiano. Nel 2001 gli Anaïs hanno rappresentato la Liguria sul Wake Up Stage dell’Arezzo Wave Love Festival. Il disco “Emily Dickinson. Because I Could Not Stop for Death” è stato pubblicato il 7 dicembre 2020 dall’etichetta alessandrina 1Q84 Tapes e in digitale dalla Viceversa Records.