Femminismo e “La regina degli scacchi”

Netflix va molto forte con le mini-serie e “La Regina degli Scacchi” non fa eccezione. Un prodotto che fonde una buona storia biografica con il secolare gioco per antonomasia: gli scacchi. Ma questa serie ha il potere di trattare in un modo eccellente il tema del femminismo. Come? La risposta più approssimativa è: perché non ne tratta.

Il cinema, e ogni prodotto audio-visivo, soffre di un grande problema: la politicizzazione, ovvero il politically correct. Il femminismo è un tema trattato malissimo nella maggior parte di questi prodotti. Lo schema e le particolarità nel trattare le figure femminili nel cinema moderno soffre sempre delle stesse problematiche. Un paio di esempi? Possiamo citare il remake di Ghostbusters, stravolto con il cast al femminile, così come Ocean’s Eight, ennesimo sequel della famosa saga action-spy: Ocean’s Eleven.

La voglia di rivalsa contro le figure maschili da sempre dominanti nel mondo del grande schermo trasuda da queste pellicole, che quindi cerca di incentrare la storia su attrici donne. È ovvio che non ci sia niente di male in questo. Il problema sorge nella fase di sceneggiatura del film in questione. Gli scrittori si pongono come obiettivo il mostrare quanto in gamba siano le protagoniste ma è veramente difficile guardare una di queste pellicole e non provare odio nei riguardi della protagonista, perché appunto questi film trovano la loro genesi solo nell’interesse di mostrare come le donne possano tutto, così come gli uomini.

Ma nel fare ciò costruiscono, innanzitutto, un mondo dove tutti gli uomini incarnano il male più assoluto. In ogni film “femminista” il nemico sarà sempre rappresentato dall’uomo e le uniche capaci di riuscire a concludere qualcosa saranno sempre le donne. Inoltre il personaggio femminile segue sempre degli stereotipi che spingono lo spettatore a detestarla, anche se dovrebbe essere l’eroina della situazione. La protagonista, per riuscire a uscire viva dal cattivissimo mondo maschile, non deve avere difetti. È coraggiosa, è forte, è intelligente, è silenziosa quando lo deve essere, è sensuale quando le serve. La perfezione fatta persona.

Ed è proprio per questo voler tendere alla perfezione più assoluta che si viene a creare un personaggio antipatico e insulso: non per il fatto che il personaggio sia una donna, ma perché sia una persona senza imperfezioni. E quindi la volontà di raccontare il femminismo con l’obiettivo politico di dimostrare qualcosa, senza poggiarsi così alla potenza della storia che si sta raccontando, fallisce. Mentre il modo migliore per raccontare una storia per sensibilizzare su questo tema, che anche oggi purtroppo ha bisogno di sensibilizzazione, è raccontare una buona storia. Niente più.

Ecco che qui entra in gioco “La Regina degli Scacchi”.

Appena uscito il trailer la paura più grande era: speriamo non sia improntato sulla scia del falso femminismo! Così non è stato. La serie si limita a raccontare la storia di questa aspirante campionessa nel mondo scacchista, appunto un gioco nel quale è indifferente che tu sia maschio o femmina. Una protagonista… tutt’altro che infallibile. La sua verità, il suo essere umana spinge noi spettatori a tifare per lei. La protagonista non prova soddisfazione a battere un uomo piuttosto che una donna; l’unica soddisfazione che prova è invece quella di poter battere una mente più complessa, indipendentemente da chi ci sia davanti a quel cervello. E gli avversari che vengono battuti non provano odio ad essere stati sconfitti da una lei, ma dal modo in cui lei riesce a metterli sotto scacco matto.

Probabilmente la questione del femminismo è anche troppo poco trattata! Nel senso che la serie è ambientata negli anni ’60 e la protagonista è una delle prime figure, stando al racconto, a entrare nel mondo scacchistico. Le reazioni a volte potrebbero sembrare un po’ troppo riduttive da parte degli uomini in competizione. Anche se è stato molto apprezzato il modo in cui è stato raccontato lo stile di vita delle donne negli anni ’60, alla presa con la depressione rinchiusa nelle mura di casa, tra il dover aspettare il marito sedute su una poltrona, un figlio da dover accudire e una birra nel tempo libero. Tralasciando il fatto che la serie è stata girata in modo perfetto, alcune scene, soprattutto quelle durante le sfide scacchistiche che richiedono per forza una buona mano dietro alla camera per non risultare noiose, sono molto affascinanti, da vedere e rivedere. Buona fotografia, musiche ottime per fare entrare nel mood di quegli anni. Due piccole pecche sono gli effetti visivi, non perfetti, che però non ostacolano per niente la narrazione, e il finale buttato un po’ alla “tarallucci e vino”.

In conclusione, “La Regina degli Scacchi” ha vinto su tutto per la sua narrazione, che ha come obiettivo raccontare una storia. Da un punto A fino a un punto B, senza dover dimostrare nulla.

Sono le rivoluzioni silenziose che riescono a vincere la partita contro il re.

Matteo Abozzi