Le cifre indo-arabiche, note come numeri arabi o cifre arabe, sono la rappresentazione simbolica delle entità numeriche più comuni al mondo. Sono considerati una pietra miliare nello sviluppo della matematica.
Si può distinguere tra il sistema posizionale utilizzato, conosciuto anche come sistema numerico indo-arabo, e il preciso glifo utilizzato. I glifi più comunemente usati in associazione all’alfabeto latino sin dall’inizio dell’era moderna sono:
1 2 3 4 5 6 7 8 9 0
Per quanto noti per tradizione quali “Numeri Arabi”, in realtà nacquero in India tra il 400 a.C. ed il 400 d.C., e furono trasmessi prima nell’Asia occidentale, dove trovano menzione nel IX secolo, ed in seguito in Europa nel X secolo. Poiché la conoscenza di tali numeri raggiunse l’Europa attraverso il lavoro di matematici ed astronomi arabi, i numeri vennero chiamati, appunto, “Numeri Arabi”.
Per contro, in arabo, i numeri arabi orientali sono chiamati “Numeri Indiani” (in arabo: أرقام هندية, ’arqām hindiyya), e viene utilizzato lo stesso sistema, con glifi di forma diversa:
(٠١٢٣٤٥٦٧٨٩)
I simboli da 0 a 9 nel sistema numerico indo-arabico si evolsero dai numeri brahmi. Le iscrizioni buddiste intorno al 300 a.C. utilizzano i simboli che poi divennero 1, 4 e 6. Un secolo più tardi, fu registrato l’utilizzo dei simboli che poi divennero 2, 7 e 9.
L’iscrizione, universalmente accettata come la prima contenente il glifo 0, è stata registrata per la prima volta nel IX secolo, a Gwalior, risalente all’870. In ogni caso, prima di questa data, l’uso del glifo aveva già raggiunto la Persia, ed è menzionato nelle descrizioni di al-Khwārizmī (matematico, astronomo geografo persiano, conosciuto come il padre dell’Algebra) sui numeri indiani. Una grande quantità di documenti indiani, su piatti di rame, con il simbolo zero inciso, risalgono al VI secolo d.C.
Del sistema numerico vennero a conoscenza al-Khwārizmī (vissuto fra il 780 e l’850, cui si deve il libro Sul calcolo con i numeri indù, scritto intorno all’825) e il matematico arabo al-Kindi, che scrisse quattro volumi Sull’utilizzo dei numeri indiani (Kitāb fī istiʿmāl al-ʿadad al-hindī) intorno all’830.
Questi scritti sono i principali responsabili della diffusione del sistema indiano di numerazione nel Vicino e Medio Oriente e nei Paesi occidentali.
Nel X secolo, matematici medio-orientali estesero il sistema numerico decimale ad includere frazioni, così come registrato dal trattato del Kitāb al-Fuṣūl fī l-ḥisāb al-hindī. Tale trattato venne redatto a Damasco nel 952/3 dal matematico Abū l-Ḥasan Aḥmad b. Ibrāhīm al-Uqlīdisī, rimasto inedito, ma studiato da A. S. Saidan.
Nel mondo arabo, fino ai tempi moderni, il sistema numerico arabo era utilizzato solo dai matematici. scienziati musulmani. Costoro utilizzavano il sistema di numerazione babilonese, e i mercanti utilizzavano i numeri abjad. In Italia invece, con la diffusione delle opere di Leonardo Pisano (detto il Fibonacci), mercante di Pisa, che aveva viaggiato sulle sponde del mediterraneo. Il sistema numerico arabo cominciò a essere utilizzato da larghi strati della popolazione.
Una variante distintiva “araba occidentale” dei simboli incominciò ad emergere intorno al X secolo nel Maghreb e in al-Andalus. Essa chiamava i numeri ghubar (“tavola di sabbia” o “tavola di polvere”).
Le prime menzioni dei numeri nei paesi occidentali sono trovate nel Codex Vigilanus del 976. Nel decennio del 980, Gerberto di Aurillac (più tardi noto come Papa Silvestro II) iniziò a diffondere la conoscenza dei numeri in Europa. Gerberto aveva studiato nella sua giovinezza a Barcellona, ed è conosciuto per aver richiesto trattati matematici, riguardanti anche l’utilizzo dell’astrolabio, a Lupito di Barcellona, dopo il suo ritorno in Francia, alla scuola di Reims. Proseguì i suoi studi anche in Italia, a Bobbio, come abate dell’abbazia di San Colombano, famosa per il suo celebre ed antico scriptorium. Egli perfezionò l’abaco introducendone uno nuovo su 27 colonne e mille gettoni con i numeri naturali da 1 a 9 (mancava il simbolo dello 0 sostituito da uno spazio vuoto), che permetteva di svolgere più rapidamente le operazioni matematiche. Scrisse il suo De Geometria e perfezionò l’astrolabio sferico; un suo allievo Bernelino poté raccogliere gli studi e gli scritti di Gerberto e pubblicare, prima della morte del maestro, il Liber abaci.
Evoluzione dei simboli
Il sistema numerico arabo è una notazione decimale posizionale. (una cifra vale unità, decine, centinaia, migliaia, etc. in base alla posizione nel numero).
Vari gruppi di simboli sono utilizzati per rappresentare i numeri del sistema numerico arabo, e tutti sono evoluti dai numeri brahmi. I simboli utilizzati per rappresentare il sistema si sono divisi in più varianti tipografiche sin dal Medioevo:
- i “numeri arabi” ampiamente utilizzati nell’alfabeto latino, nella tavola che segue denominati “europei”, discendono dai “numeri arabi occidentali” che si sono sviluppati in al-Andalus (Spagna islamica) e nel Maghreb (Vi sono due stili tipografici per rendere i numeri europei, conosciuti come figure allineate e testuali);
- i “numeri indo-arabi” o “numeri arabi orientali”, usati nell’alfabeto arabo, si svilupparono in origine nell’attuale Iraq. Una loro variante è presente nell’alfabeto persiano e urdu (pakistano).
- i “numeri devanagari”, usati nel Devanagari (India antica), denominati anche come numeri indiani.
Tavola di comparazione tra i diversi tipi di numeri arabi | ||||||||||
Europeo (dall’arabo occidentale) | 0 | 1 | 2 | 3 | 4 | 5 | 6 | 7 | 8 | 9 |
Indoarabo | ٠ | ١ | ٢ | ٣ | ٤ | ٥ | ٦ | ٧ | ٨ | ٩ |
Indoarabo orientale (persiano e urdu) | ۰ | ۱ | ۲ | ۳ | ۴ | ۵ | ۶ | ۷ | ۸ | ۹ |
Devanagari (hindi) | ० | १ | २ | ३ | ४ | ५ | ६ | ७ | ८ | ९ |
Tamil | ௧ | ௨ | ௩ | ௪ | ௫ | ௬ | ௭ | ௮ | ௯ |
Qui di seguito viene invece mostrata l’evoluzione della scrittura dei numeri arabi in Europa su una tabella redatta dallo studioso francese J. E. Montucla nella sua opera Histoire de la Mathématique (Storia della matematica), pubblicata nel 1758:
Perché i numeri arabi sono fatti così?
I Numeri Arabi e gli Angoli
Si dice che l’origine dei simboli utilizzati oggi è attribuita al numero di angoli che ogni numero ha. Non c’è dubbio che, se facciamo una buona analisi di ogni numero secondo il modo in cui sono scritti e come vediamo nella figura sotto rappresentata, potremmo confermarlo. Tutto è ancora più chiaro se pensiamo che il numero 0 non ha angoli.
Ogni cifra contiene il numero di angoli che le corrisponde: un angolo nell’1, due nel 2 e così via, ma tale ipotesi – per quanto corretta – è considerata fantasiosa dagli esperti, vediamo perché.
Quello degli angoli corrispondenti alle diverse cifre non è l’unico aspetto che fa discutere (talune rappresentazioni appaiono forzate, come l’8 a clessidra, la base del 7 e il ricciolino quadrato del 9). In Occidente i numeri attuali vengono insegnati sin dalle elementari come «numeri arabi», ma per gli esperti sono numeri «indo-arabi» e per essere corretti dovrebbero essere numeri indiani, perché provengono dall’India. compaiono intorno al 400 avanti Cristo, nella loro versione primitiva e poi si sviluppano per quasi otto secoli prima di diffondersi, attraverso i commercianti arabi, nell’Asia occidentale (IX secolo), e poi in Europa in meno di un secolo. E’ ovvio che poiché arrivarono nei nostri porti attraverso il lavoro di matematici ed astronomi arabi, i numeri vennero chiamati “numeri arabi”. Ebbene: non c’è traccia storica di questi numeri, un po’ artefatti, nei documenti rinvenuti.
L’addio ai numeri romani
I libri di Bernelino, e il Liber Abaci di Fibobacci, contribuirono in modo determinante a mostrare i vantaggi dell’uso delle cifre e della numerazione indo-araba nella soluzione di vari problemi di calcolo, spesso di origine mercantile, rispetto alle pratiche di calcolo con le cifre romane (per esempio l’incolonnamento nelle sottrazioni e addizioni). Questa fu una delle principali ragioni che portarono all’introduzione in Europa del sistema di numerazione arabo, da allora universalmente adottato nel mondo occidentale.
Storia e Origine dei numeri denominati “Arabi”
Possiamo affermare che il punto di partenza fu circa 500 anni fa in India. Non c’era una versione definitiva del sistema di numerazione in quel momento, ma ha gettato le basi per una simbologia che sarà utilizzata sempre di più.
Lo sviluppo del sistema arabo è progressivo, i commercianti e varie persone usano i numeri per contare ed effettuare scambi di valuta.
Inizialmente, le operazioni venivano eseguite attraverso il sistema di numerazione Brahmi, ma quando lo zero, che in un inizio era un semplice punto, fu introdotto nel 700, tutto cambiò. Questo è stato il momento che ha dato la svolta a tutto, perché lo zero permette di fare operazioni in modo più conveniente e, soprattutto, delimita l’uso dei numeri a dodici simboli.
Al-Juarismi, il matematico che ha introdotto la Numerazione Araba
Al-Khwarismi è un matematico nato e morto tra il 780 e l’850. È considerato uno dei maggiori esperti del suo tempo, se non il maggiore. Scrisse alcuni libri come punto di partenza per lo sviluppo dei numeri arabi in Europa, e nacquero i suoi termini manuali: i numeri ovvero l’algebra.
Scrisse anche altre opere, una delle più rappresentative è “Compendium for Computation by Completion and Comparison”. Ha usato le operazioni algebriche nell’ambiente reale per fornire soluzioni e applicazioni a molti problemi dell’Impero islamico di quel tempo. Dal punto di vista della predicazione, questa è un’opera che aiuta a divulgare la matematica e, soprattutto, è pratica.
Il suo lavoro copre argomenti come l’astronomia, l’aritmetica e la geografia, e i suoi contributi a tutti questi argomenti indicano la direzione di queste aree di conoscenza in un modo o nell’altro.
Numerazione Araba in Europa e Italia
C’è una data specifica che segna l’arrivo dei numeri arabi in Europa: 825. In quell’anno, Al-Khwārizmī (Al-Juarismi) pubblicò il documento “Calcoli digitali in India” (digitale: dal latino digitus, non dall’inglese tecnologico digit dei giorni nostri ndr), che ebbe un grande impatto.
La sua traduzione latina in “Algoritmi de Numeral Indorum” è ancora valida oggi ed è diventata una grande illustrazione dell’evoluzione dei numeri. È interessante notare che, ispirandosi alla traduzione latina del nome dell’autore, questa traduzione ha formato la parola comunemente usata oggi come “Algoritmo”.
In ogni caso, i musulmani del sud della Spagna e gli studiosi spagnoli iniziarono ad espandere i numeri arabi in Europa dalla stessa Spagna, e senza dubbio questi apprezzarono i vantaggi del sistema.
Poco tempo dopo, nel 1202, il matematico Leonardo Fibonacci pubblicò il libro “Liber Abaci”, in cui si concentrava sugli aspetti pratici di questi numeri e sul loro utilizzo.
Chi è Leonardo Pisano detto Il Fibonacci ?
È un famoso matematico di origine Italiana che ha diffuso e promosso il sistema numerico arabo in Europa, oggi è ampiamente conosciuto in tutto il mondo.
Storia dello “0” nella numerazione Araba
Il Numero 0 è nato dopo l’istituzione dei numeri arabi. Ma c’è un problema: è necessario trovare un modo per esprimere questo numero. Prima di questo numero, si utilizzava il PUNTO, con tutte le difficoltà che questo portava. In molti casi è stato dimenticato, o semplicemente cancellato, perché il sistema di scrittura dell’epoca era diverso da quello attuale.
Grazie al lavoro di Al-Khwarismi, la gente vide il valore aggiunto nell’adottare questo numero, e in breve fu “arruolato” nei numeri arabi. Entro l’anno 901, l’uso del numero zero si era diffuso nel nostro paese, ma non fu implementato in altre parti del continente europeo fino a due secoli dopo.
Considerazioni finali
Gli Arabi dei tempi dell’Impero hanno indubbiamente portato il sapere nell’occidente, sicuramente più di quelli moderni. La forma dei numeri che ravvisa una grandezza basata sul numero di angoli appare, effettivamente, un po’ fantasiosa, ma non inverosimile. In qualche modo i numeri vorrebbero sempre rappresentare una grandezza progressiva: gli uomini primitivi, per contare le proprie pecore, usavano dei sassolini: tenevano una sacca con un numero di sassolini pari al numero di pecore del proprio gregge, così da poterle contare durante il rientro all’ovile.
Un’errata interpretazione dei Numeri Sumeri fece sì che ai personaggi biblici anti-diluviani furono attribuite età superiori ai 900 anni: alla luce di un’interpretazione più corretta avvenuta molti secoli dopo, basta dividere per 8,5 l’età di Matusalemme e otteniamo 114 anni (anzichè 969), un’età superata più volte da uomini longevi contemporanei, ultimo fra tutti il giapponese Jirōemon Kimura (1897-2013, 116 anni e 54 giorni).
Che dire: un mondo senza numeri non è pensabile, e il numero dei campi applicativi è praticamente infinito: basti pensare alle misurazioni e alla vittoria del sistema metrico decimale: una vera e propria Rivoluzione. Per esempio, prima che fosse inventato il metro, solo in Francia esistevano più di 2000 tipi di misurazioni! In Inghilterra ogni volta che cambiava un sovrano cambiavano le misure: la yarda era la distanza fra il naso e il pollice di Enrico VIII. Nella Bibbia, Dio fornisce istruzioni agli israeliti guidati da Mosè per costruire l’Arca dell’Alleanza, esprimendo le misure in “Cubiti” (distanza dal gomito alla punta del dito medio, misura che è sopravvissuta a lungo, ma che è cambiata nel tempo, fino ad attestarsi a 444 mm).
E furono proprio i Francesi a inventare il metro, istituendo una misura non politica, ma neutrale che fu pari a 1/10.000.000 dell’arco di meridiano terrestre. compreso fra il polo nord e l’equatore, che passava (guarda caso) per Parigi, il cosiddetto meridiano di Parigi. Misura che in seguito fu riscontrata essere leggermente errata, dati i metodi di misurazione dell’epoca, ma che non fu più corretta, per ovvi motivi.
Difficile immaginare come potessero essere possibili gli scambi commerciali prima dell’invenzione del Metro, del Grammo, del Litro, e via discorrendo. La numerazione unica, che ha consentito una metrica universale, è stata il primo vero passo verso la globalizzazione: oggi adottare “due pesi e due misure” è considerata una truffa. Poveri… antichi? Mica tanto: meno di tre secoli fa!
Ma i numeri non risolvono tutti i problemi di misurazione: il cerchio non può essere quadrato perché “Pi Greco” ha un numero infinito di decimali, per cui la circonferenza non è mai un multiplo finito del raggio, di conseguenza non è divisibile per 4. Eppure un elastico può diventare quadrato.
Il moto di rivoluzione terrestre intorno al sole non è di 365 giorni e sei ore, ma è incrementato di un imprecisato numero di decimali che, nel tempo, necessitano di correzioni dell’anno (anno bisestile ogni quattro anni, ma non sempre); anche il giorno non ha esattamente 24 ore, e via discorrendo.
Però la rivoluzione dei numeri ha sicuramente dettato uno standard internazionale per ogni impiego, perfino nello Spazio-Tempo: quivi regnan sovrani l’Unità Astronomica (UA), il Parsec e l’Anno luce, almeno per ora. Chissà quante altre misure inventeranno gli astronomi per “Uscir a vedere le stelle”.
Vincent
Scrittore, Musicista, Informatico
Fonti: Wikipedia, Il Corriere della sera (articolo “Perché i Numeri Arabi sono fatti così? Ecco la spiegazione che fa litigare i matematici”), Youmath.it, rubrica “Domande e Risposte”, Istituto Giovanni Bosco articolo “Alcune indispensabili conoscenze di base sull’astronomia”, Focus TV, Bibbia