Ciao Ernesto, oggi ti facciamo levare i panni di redattore per mettere quelli di autore intervistato, e vogliamo parlare del tuo ultimo romanzo, “La giostra dei pellicani”, edito da Watson edizioni.
Prima di tutto, sappiamo che la storia è ispirata a fatti reali. Quanto è stato difficile per te mescolare realtà e finzione, senza sentirti limitato nella tua creatività di autore?
Più che difficile è stato entusiasmante. Ho avuto la possibilità di costruire una statua (ciò che ho scritto) su un telaio (ciò che ho ascoltato): ho plasmato l’argilla a seconda delle mie suggestioni, le ho lasciate andare liberamente e ho ottenuto l’espressione dello sguardo, la forma dei muscoli, il tipo di capelli, i tratti del viso, la fisicità e i dettagli. A me questa statua piace molto, spero che piacerà anche ai lettori.
Puoi dirci una cosa vera e una completamente inventata?
Per esempio di vero c’è che un giovane ha dovuto dichiararsi colpevole dell’omicidio di due carabinieri, a fine anni Cinquanta, altrimenti il capobastone ne avrebbe fatto scannare la famiglia prima di ucciderlo: il ricatto l’ha tenuto oltre quarant’anni in carcere, con trattamento “di favore”, mentre all’esterno veniva garantita “un’attenzione particolare” ai familiari.
Poi ci sono fatti realmente accaduti ma che non sono stati vissuti da chi mi ha raccontato la sua storia. È il caso del prologo, nel quale parlo dell’uccisione di Masina Perricone (prima donna vittima della lupara bianca), evento che oltre a offrire spunti per l’approfondimento mi è giovato per contestualizzare la trama e per creare il climax da cui scaturisce il trasferimento dei Nucella in Calabria.
In realtà sono pochi gli episodi completamente inventati. Prova a scoprirli…
Un punto forte del tuo romanzo è la perfetta caratterizzazione dei personaggi. Se questa storia dovesse diventare un film, chi vedresti nei panni dei protagonisti? Nella tua mente hanno delle facce ben precise ispirate a persone reali oppure no?
Ho seguito il suggerimento di Leo Gullotta: «Parti dai personaggi, più saranno reali e più la storia verrà da sola». Forse per questo mi piacerebbe fosse lui a interpretare il clochard che mi ha raccontato la propria vita. Visto che la trama si sviluppa in un quarantennio, ci sarebbe bisogno di avere di ciascun personaggio un interprete “giovane” e uno “anziano”: Tony Sperindeo sarebbe l’anziano feroce don Cittarà; Favino il giornalista Biagio Munzone (dovrebbe diventare biondo, però); Monica Guerritore sarebbe una perfetta donna Gianna; Francesca? Fotinì Peluso da ragazza e Margherita Buy negli anni Novanta. Andrea Sartoretti ‘u Zzoppu; Vinicio Marchioni Duccio adulto. Ma prima di tutto ci vorrebbe uno sceneggiatore con i fiocchi e, soprattutto, un produttore… Certo, nessuno può privarmi di sognare, no?
Il tuo precedente lavoro era una storia autobiografica. Com’è stato cambiare genere per te?
In effetti questo libro è stato definito dallo sceneggiatore Salvatore Basile come “Un romanzo storico che si lascia contaminare dalla tradizione del giallo, del noir e della grande saga familiare”. È solo la mia seconda pubblicazione, pertanto, non definendomi scrittore di un genere in particolare ho scritto senza schemi precisi. Ho capito che amo scrivere di storie vere e vere, questo sì. E che mi piace giocare con “pesciolini rossi” e intrecci a sorpresa.
C’è qualcosa che vorresti rimanesse a chi legge il tuo romanzo?
Rabbia: perché è già una reazione. E riflessioni su temi come l’omertà e la “mala giustizia”. E, su tutto, una domanda: «Cosa avrei fatto al suo posto?»
Ernesto, quali ostacoli hai dovuto superare nel corso della stesura?
Mi ha molto impegnato – e appassionato – la fase della ricerca. Nel quarantennio nel quale si dipana la trama, ho dato assoluta veridicità a riferimenti storici e di costume, a ciò che è stata la tecnologia e la meccanica, a vicende carcerarie, a dettagli tipografici, fotografici e giornalistici, alle ambientazioni e ai paesaggi, a detti e dialetti. E poi agli aspetti psicologici che hanno caratterizzato e reso vivi i personaggi. Un gran bel lavoro per il quale ho potuto contare sulle “perle” donatemi da tanti amici scrittori e scrittrici (tra cui Giancarlo De Cataldo, Piergiorgio Pulixi e Gino Saladini), sull’editing con Elisabetta Torregiani, sul confronto con i miei “compagni” dell’affiatatissimo gruppo degli Scrittori Solidali e su tante risposte alle mie domande più intime o complesse. Un percorso corale, perciò spero di non aver dimenticato alcuno nei ringraziamenti finali.
Quali sono le tue abitudini/routine di scrittura, se ne hai? Ci sono dei rituali senza i quali non riesci a scrivere?
A dire la verità, non ho abitudini particolari, e neanche rituali. Dipende da come torno a casa dopo una giornata di lavoro, e se, giunto a casa, c’è qualcosa da fare o meno. Se mi viene un’idea l’annoto subito su un foglietto e la elaboro mentalmente. A volte passano giorni per scriverla. Diversamente da altri scrittori non riesco a tenerla solo abbozzata: devo renderla come vorrei leggerla. E perdo tempo per farlo. E poi riporto su post-it il pitch di ogni capitolo e lo fisso sull’anta dell’armadio; guardare nel complesso la storia, frazionata, mi permette di inserire, togliere o spostare senza troppe difficoltà mantenendo il filo rosso della storia.
Progetti futuri. Stai scrivendo qualcosa al momento? Hai altre storie in cantiere?
Sto iniziando l’editing del romanzo che svelerà alcune cose lasciate in sospeso su “La giostra dei pellicani”. Potrebbe uscire entro il 2024. E sì, ho un’altra storia che mi distrae dal quotidiano. È anche questa vera, vera e ricca di spunti e curiosità. Sarà impegnativo scriverla. Ma, come sai, sono un tipo competitivo e amo le sfide.
Ci lasci il pitch del romanzo?
Volentieri: “Cosa patisce, cosa prova chi è costretto a girare sulla giostra della malavita? Terrore, dolore, rabbia e forza, la forza della disperazione per proteggere la propria famiglia. Come un pellicano, metaforicamente pronto a squarciarsi il petto per nutrire i propri pulcini”.
Insomma, un libro rivolto a tutti?
A tutti, nessuno escluso.
Grazie del tuo tempo!
Grazie a te, Denise. E in bocca al lupo per la tua imminente pubblicazione.
Denise Antonietti