La filosofia di Charles Bukowski

Parlare di Bukowski è probabilmente una delle cose più difficili da fare. È uno di quegli autori dei quali se ne può parlare solo in maniera soggettiva. O lo si ama, o lo si odia, tacciandolo di maschilismo tossico e cattivo esempio per qualsiasi lettore. Diciamo che la questione è molto più complicata.

È difficile cogliere la vera essenza che si “nasconde” tra le parole di Bukowski; il verbo nascondere è tra virgolette proprio per un motivo. Questa è la grande difficoltà nel voler comprendere l’etica di questo autore: volerla cercare, perché un’etica non c’è.

Come diceva un filosofo del ‘900, Wittgenstein, noi siamo confusi, pensiamo che dietro ad una parola ci sia un mondo intero di metafisica ed interpretazione, ma così non è. Siamo scombussolati. Bukowski sembra mostrare la via d’uscita alla mosca intrappolata nella bottiglia.

La maggior parte della narrativa di Bukowski è autobiografica, e non ha bisogno di essere “esagerata” dal punto di vista narrativo, ed inoltre la sua poetica si basa su uno schietto realismo, che non cerca in nessun modo di andare a parare altrove. Le sue parole si stampano sulla realtà, come un pittore che cerca di riportare il mondo 1 ad 1 sulla sua tela.

Questo suo stile ci schiaffeggia, riportandoci a vedere il mondo da un’altra prospettiva. Ci afferra le gambe e ci riporta a terra. Ma allo stesso tempo riesce a creare una poetica che non riusciamo a cogliere appieno, poiché siamo talmente distratti dal mondo, che solamente quando qualcuno riesce a descriverlo nel modo più rozzo e soggettivo possibile, riusciamo a cogliere la poesia che lo circonda.

Cercando di comprendere il messaggio Bukowskiano, nell’intervista fatta da Fernanda Pivano allo scrittore, “Quello Che Importa è Grattarmi Sotto le Ascelle”, si coglie un altro aspetto fondamentale della sua poetica: quella del “menefreghismo”.

Messa in questi termini potrebbe sembrare una cosa negativa, il fregarsi di tutto il resto e pensare solo a se stessi, ma in realtà per alcune persone è il primo passo verso una vita felice. Prendiamo Epitteto, un filosofo della scuola stoica, che nel suo importante “Manuale” indica, proprio nel primo passo, la via della felicità:

La realtà si divide in cose soggette al nostro potere e cose non soggette al nostro potere.”

Per riassumere: nella vita bisogna preoccuparsi solo delle cose delle quali abbiamo la possibilità di cambiare, e solo per quelle possiamo affliggerci, perché sarà stata solamente colpa nostra se ci urteranno. Di tutto resto al di fuori da noi, che per l’appunto, non possiamo cambiare in nessun modo, è inutile affliggersi.

Questo style-of-life è proprio di Bukowski, che nei suoi romanzi (dove palesemente i protagonisti sono in realtà l’autore stesso) non rimane ferito da nessuna delle pietre che gli vengono scagliate, nonostante la loro grandezza. Neanche quando il cavallo sul quale aveva puntato molti soldi arriva ultimo in classifica Bukowski maledice il mondo.

Inoltre, come un vero filosofo dovrebbe fare, sempre seguendo i consigli di Epitteto, Bukowski riesce a fregarsi del giudizio degli altri:

“Oh, sì, c’era questa scrittrice, le ho detto, beh, io posso indovinare se sei una brava scrittrice o no. Alzati la sottana e fammi vedere le gambe e ti dirò se sei una brava scrittrice o no.” Tutto ciò detto in diretta Tv.

Oppure lo strano rapporto che Bukowski ha con il potere. Per esempio nel suo primo romanzo, Post Office, nel quale arriva a prendere anche a parolacce il suo capo postino e finire a fare i giri di posta più complicati e pericolosi, pur di rimanere se stesso e seguire la strana via della felicità.

Per molti Bukowski potrebbe sembrare addirittura un pavido, un essere senza spina dorsale, che non prende “decisioni importanti”; ma sempre Epitteto dice: “Puoi essere invincibile, se non entri mai in nessuna lotta alla quale non dipenda da te uscire vincitore.” Difatti Bukowski può accettare una bella scazzottata ma non riesce ad ingaggiare battaglie più grandi della sua ristretta e comoda realtà. Perché preoccuparsi di cose che non verranno mai in contatto con noi?

L’unico punto debole per lo scrittore sono però le donne, che in realtà, a dispetto di quello che si pensa, nei romanzi sono sempre dominanti rispetto al protagonista maschile, di conseguenza Bukowski si ritrova sempre sottomesso dalla controparte femminile; ma anche nei momenti di sottomissione Bukowski tende a non soffrire, ma a cercare di andare avanti nella sua giornata.

Tra un “Guerra e Pace” e una “Divina Commedia”, è necessario accompagnare questo disincantato ed ubriaco Don Chisciotte dalla triste figura che non combatte contro i mulini a vento ma che, come Sancio Panza, vorrebbe trovare un castello dove riposarsi e bere. Un personaggio che rutta sui grandi discorsi “sulla vita, l’universo e tutto quanto” e si preoccupa di puntare sul cavallo vincente, che solitamente, è quello sul quale nessuno punterebbe.

Matteo Abozzi