Kafka sulla spiaggia

Murakami si ama oppure si odia.

Niente mezze misure.

A me piace, o meglio, adoro Kafka sulla spiaggia.

E per diverse ragioni, alcune anche personali.

Innanzi tutto su Tamura Kafka, uno dei protagonisti della storia, incombe la profezia di Edipo re.

Ed io, che sono cresciuta a pane, Sofocle ed Euripide (mia madre è un’insegnante di latino e greco antico), allora non potevo che amarlo.

…Va be’, ripensandoci magari “pane” no…

Perché nella ricreazione, quando andavo a scuola, tutti mangiavano il panino col salame; invece io la mela che mi aveva dato mamma (ve lo ricordate il proverbio, no? Non credeteci!).

Quindi il pane in effetti no, ma Eschilo e compagnia bella sì.

E da bambina a letto, anziché Cenerentola e Le mille e una notte, mia mamma mi raccontava la storia di Antigone e di Amore e Psiche di Apuleio.

Per cui questa è la prima ragione.

Ma non divaghiamo e torniamo a Kafka sulla spiaggia.

E andiamo al secondo motivo: adoro il realismo magico.

In questo romanzo i protagonisti sono due. Da una parte abbiamo Tamura Kafka, un ragazzino maturo come un adulto e colto come un vecchio saggio. Dall’altra Nakata, un vecchio che a seguito di un misterioso incidente avvenuto durante la sua adolescenza, non solo ha conservato il candore dei bambini, ma sa anche parlare con i gatti.

Sì, avete inteso, proprio con i gatti (miao).

Quello di Murakami è un realismo magico che, più di quello di ispirazione latino americana, a me ricorda quello nostrano di Buzzati, e in particolare Il segreto del bosco vecchio.

credits Anna Bigarello

E non lo cito a caso, perché anche qui il protagonista dovrà entrare nel bosco:

“Vai nella foresta perché solo lì troverai la spiegazione del mistero che ti tormenta, perché soltanto entrando nel labirinto e uscendone potrai superare la prova che farà di te un uomo”.

Ed infine la terza ragione.

Murakami con una scrittura asciutta, lineare ci racconta una storia intricata piroettando con grazia da un genere narrativo all’altro.

Kafka sulla spiaggia è una favola, ma non solo.

È un romanzo di formazione, è un mistery che a volte si tinge delle tinte cupe dell’horror altre dei colori di un memoir di viaggio.

E Murakami piroetta senza che chi legge se ne renda conto.

Perché le grandi storie sono fatte di amore e morte, sogno e realtà, farsa e tragedia, e sono di tutti.

Quindi per concludere, se anche a voi piace piroettare: leggete Kafka sulla spiaggia.

Ma se invece non siete disposti a entrare nel bosco e a credere che dal cielo possano piovere sgombri, sardine e perfino sanguisughe, allora questo libro non fa per voi, e forse neanche Murakami.

Maria Elisa Aloisi