Giulia: Ciao a tutti! Benvenuti a questo nuovo appuntamento con la rubrica Piccoli Lettori… come me!
Argo: Ciao amici! Giulia, vedo che hai portato Il barone rampante… posso presentarlo io? Sai, l’ho letto per il canliceo…
Giulia: Certo!
Argo: Il barone rampante è il secondo romanzo della trilogia I nostri antenati, scritto da Italo Calvino tra il 1956 e il 1957. È l’unico volume che può essere considerato un romanzo a tutti gli effetti.
Giulia: Raccontaci un po’ la trama.
Argo: Cosimo Piovasco di Rondò appartiene a una famiglia della nobiltà ligure. Tra le lezioni dell’abate Fauchelafleur, i noiosi pasti in famiglia e i movimentati giochi con suo fratello, intralciati dal carattere autoritario e altero della madre, le sue giornate trascorrono sempre allo stesso modo. Un giorno, stanco della situazione, Cosimo sfrutta un piatto di lumache come pretesto per dare inizio alla sua ribellione: rifiutandosi di mangiarle, si arrampica su un albero del suo giardino e promette di non scendere più. «Nostro padre si sporse dal davanzale. –Quando sarai stanco di star lì cambierai idea! – gli gridò. –Non cambierò mai idea, – fece mio fratello, dal ramo. –Ti farò vedere io, appena scendi! – E io non scenderò più! – E mantenne la parola».
Giulia: Ecco che, ancora una volta, Calvino parte da una situazione comica, un po’ infantile, e la porta alle estreme conseguenze. Come definiresti questo libro?
Argo: Grottesco. Il grottesco, in letteratura, è uno degli aspetti del comico che si basa sulla sproporzione degli elementi costitutivi di un avvenimento. In questo caso, l’aspetto comico è che Cosimo si arrampica su un albero in segno di ribellione; il racconto diventa grottesco, ovvero paradossale e inspiegabile, quando il protagonista decide di non scendere più e trascorre la sua vita sugli alberi.
Giulia: L’autore sfrutta questa immagine grottesca per trasmettere una morale più profonda. Ecco quanto scritto a tal proposito nella Prefazione scritta da Calvino per l’edizione del ‘65 de Il barone rampante per le scuole medie: «Il vero modo d’accostarci a questo libro è quindi quello di […] riconoscerne la filiazione da quei classici dell’umorismo poetico e fantastico, da quei libri scritti per gioco, che sono tradizionalmente destinati allo scaffale dei ragazzi. […] e così i libri il cui autore ha voluto ritornare fanciullo per dar libero corso alla sua immaginazione rivelano un’imprevedibile fratellanza con libri pieni di significati e dottrina, su cui si sono scritte biblioteche intere, ma che i ragazzi fanno propri attraverso le situazioni e le immagini visivamente indimenticabili».
Argo: Concordo. Cosimo incarna l’isolamento sociale di ogni uomo e la sua difficoltà a relazionarsi col prossimo. Avendo, a dodici anni, deciso di trasferire la sua esistenza sugli alberi, vede la vita dei suoi concittadini scorrergli sotto giorno per giorno. Non per questo, però, il barone non vuole avere contatti con gli altri: ama aiutare e trascorrere momenti in compagnia, ma basta quella lieve distanza a rendere tutto più difficile. Come chi, oggi, si distanzia dalle idee e dalle usanze della massa e viene condannato all’isolamento.
Giulia: Cosa ci dici riguardo allo sfondo storico della vicenda?
Argo: La vita di Cosimo si svolge nel XVIII secolo, durante la Rivoluzione francese e l’età napoleonica. La realtà storica viene sfruttata dall’autore per trasmettere messaggi in chiave critica che rispecchiano il mondo contemporaneo. Ad esempio, incontrando un ufficiale russo, Cosimo inizia a parlare degli orrori e dell’inutilità della guerra. Si parla molto di giacobini, repubblicani, aristocratici ed eventi storici reali, come le guerre di successione, ma in nessun caso prevale un’idea politica o filosofica dell’autore.
Giulia: E, invece, l’ambientazione geografica?
Argo: «un paesaggio e una natura, immaginari sì, ma descritti con precisione e nostalgia; una vicenda che si preoccupava di rendere giustificabile e verosimile perfino l’irrealtà della trovata iniziale» così Calvino commenta i contenuti del Barone nella Nota 1960. Come ho già detto, il romanzo è ambientato in Liguria, a Ombrosa, un paese fittizio. Il luogo è ricco di vegetazione, soprattutto di piante ad alto fusto, su cui Cosimo trascorre tutta la vita. È anche grazie all’ambientazione che il lettore si accorge del trascorrere del tempo: il narratore, Biagio, fratello di Cosimo, ricorda nostalgicamente che, durante la sua infanzia, le campagne intorno a Ombrosa pullulavano di alberi. Ora, a causa della guerra e dei cambiamenti da essa portati, molti di quelli erano stati abbattuti o sostituiti con piante esotiche. «Il cielo è vuoto, e a noi vecchi d’Ombrosa, abituati a vivere sotto quelle verdi cupole, fa male agli occhi guardarlo» scrive il narratore.
Giulia: Wow! Adoro che l’autore riesca a trattare così tante questioni in una storia “per ragazzi”.
Argo: Giulia, io non ho altro da aggiungere.
Giulia: Bene… allora, godetevi la lettura, amici!
Argo: Ciao!