Dio di illusioni di Donna Tartt

Il protagonista e voce narrante del romanzo, Richard Papen, è un ragazzo proveniente da una piccola cittadina della California che, dopo avere affrontato varie difficoltà, alla fine riesce ad iscriversi all’ Hampden College nel Vermont. Richard ha una particolare predilezione per il greco antico che nel college insegna Julian Morrow, un professore molto preparato ma anche estremamente selettivo.  Il suo gruppo di studio è infatti costituito da soli cinque studenti ricchi, viziati e poco inclini alle confidenze. Alla fine, però, Richard riesce a farne parte ricorrendo a espedienti di ogni genere e bugie. Col passare del tempo i componenti della piccola élite finiscono per accettarlo e lo mettono a parte di un atroce delitto che hanno commesso, influenzati dalle deliranti parole del loro Mentore, delitto che li spingerà a compierne un altro ancora più tragico e devastante per le loro stesse esistenze.

Il romanzo di Donna Tartt, scritto nel 1992, è un approdo al nichilismo più assoluto e, a mio vedere, estremamente fuorviante nella interpretazione di alcuni saperi. Il tentativo fatto nella traduzione italiana di affidare al solo titolo una chiave di lettura possibile, mi sembra poca cosa, specialmente se si considera il fatto che quello originale, The Secret History, non si cura per nulla di raggiungere questo obiettivo. Anche le recensioni positive, molteplici per la verità, che gli sono state dedicate, sarà un mio limite, ma non mi hanno convinto, e, malgrado da alcuni si dichiari che tra le pagine del romanzo “cova un severo giudizio morale”, la mia osservazione è che quest’ultimo, è mimetizzato così bene da correre il rischio di non essere individuato.

Io vi ho letto di un professore, Julian Morow, che per molti aspetti mi ha ricordato il professore Edward Fosca delle Le vergini di Alex Michaelides edito nel 2021. Morow, come Fosca, è in possesso di una solida e sostanziosa cultura classica, ma di questo sapere comunica ai suoi alunni un’interpretazione cervellotica che sarà la causa della loro rovina. Egocentrico, autocelebrativo, viene meno alla sua missione educativa ed è pronto a fare un passo indietro, mettendo a rischio persino il loro iter di studi, quando ne conosce le disastrose conseguenze. E qui apro una parentesi per dire che, continuando di questo passo, l’insegnamento della letteratura greca e di Euripide in particolare, rischia di essere guardata con sospetto se non addirittura bandita dai piani di studio, se le conseguenze sono quelle di spingere a commettere una nutrita serie di delitti efferati. E, in verità, Morrow non è il solo a offrire un quadro pietoso della classe docente dell’Hampden College, che dovrebbe essere uno dei più elitari del Vermont, ma in realtà il gruppo docente del college annovera altre figure istituzionali insulse e a tratti perfino nevrotiche.

Ho letto di un gruppo di adolescenti dediti all’uso di alcool e di droghe con i conseguenti malesseri che si protraggono per l’intero corso delle loro giornate. Da qui la legittima domanda su quando questi giovani studiosi possano avere trovato il tempo di acquisire gli strumenti per portare avanti le loro dotte disquisizioni di greco spesso sviluppate anche nella lingua parlata da Platone e Euripide.

Ho letto di famiglie assenti nei riguardi dei figli tranne che per la solita proposta, tanto cara a certa letteratura, del padre alcolizzato e violento e della madre succube, perciò entrambi incapaci di creare un rapporto con i loro ragazzi.

La quarta di copertina, poi definisce il libro un romanzo di formazione, e se di formazione qui si deve trattare, parliamo della variante meno propositiva di tale genere, di quella, vale a dire, che si basa sull’introspezione psicologica delle emozioni, dei sentimenti, dei progetti di vita di giovani che, a differenza dei protagonisti del romanzo di formazione classico, rimangono anche in età adulta in conflitto con la società o quanto meno ne avvertono i disagi. Nel romanzo della Tartt, infatti, ad eccezione del solo Richard Papen, che malgrado il suo stile di vita disordinato e caotico e il suo rendimento scolastico mediocre, alla fine sarà l’unico a laurearsi e persino ad aspirare ad una borsa universitaria, tutti i componenti il gruppo di studio del professore Morrow sono destinati ad un grave fallimento esistenziale. Lo stesso dicasi per altri ragazzi che frequentano il college, anche loro non estranei a certe abitudini quali sesso, alcool, droga, spaccio. Giovani, che, come ci informa la scrittrice, non conseguiranno nella maturità traguardi per nulla lusinghieri. E qui nasce spontanea l’ulteriore considerazione che, se questo è lo stile dei college americani, sarebbe meglio chiuderli, ma per fortuna, credo e spero che la realtà in proposito sia ben altra.

Ho letto di due efferati delitti che non troveranno soluzione a disdoro della polizia locale e persino dell’FBI, dei mezzi messi a disposizione dall’esercito, di centinaia di persone comuni che lasciano il lavoro e battono i boschi alle pendici del monte Cataract alla ricerca di un cadavere.

In conclusione una delusione assoluta, almeno per me che sono una vecchia professoressa di latino e greco. A questo proposito posso assicurare che non mi è mai passato per la testa di trasmettere ai miei alunni valori del mondo classico, quali quelli oscillanti tra dionisiaco e apollineo, senza una cauta mediazione del pur affascinante pensiero nicciano de La nascita della tragedia greca e della musica. Il rischio è quello di porgere un’ottica fuorviante, come dimostra il fallimentare tentativo di decifrazione del messaggio di fondo del romanzo operato dalla stessa Tartt, quando in apertura del romanzo, dopo aver citato un passo di Considerazioni inattuali di Nietzsche, che preludono proprio a La Nascita della tragedia, propone un passo del secondo libro della Repubblica di Platone:

Venite dunque, e trascorriamo/ un’ora dilettevole narrando storie, e la nostra storia sarà l’educazione dei nostri eroi.

Concludo: anche se il libro propone l’esperienza di crescita di un gruppo adolescenziale in un contesto deputato a questa funzione e, secondo alcuni critici, la denuncia (!!) di una società fondata sul potere alienante della ricchezza non sostenuta da valori più significativi, per i motivi fin qui analizzati, non mi sento di consigliarlo a giovani lettori. Gli altri, quelli più attempati, facciano come credono.

“La prof.” Maria Lucia Martinez