Fauci: bocche spalancate, insaziabili.
Buchi neri all’interno dei quali precipitano mondi oscuri, sentimenti da nascondere, emozioni estreme.
Fauci, il romanzo con cui Maria Bellucci ha vinto l’edizione 2021 del premio Garfagnana in giallo Barga noir per la sezione romanzo inedito, non avrebbe potuto avere un altro titolo.
Definirne il genere non è facile: è un thriller atipico, in cui all’indagine condotta dalla classica coppia investigativa commissario/ispettore si sovrappone un noir crudo e urticante, come il noir dovrebbe essere.
Da una parte, una sequenza di omicidi accomunati da un modus operandi molto simile e relativa indagine di polizia; dall’altra, due fratelli, Gemma e Marco, e i loro demoni.
La vicenda viene così osservata contemporaneamente dal punto di vista degli inquirenti – anche questi sui generis – e da quello dei colpevoli, facendo anche sporadiche puntatine tra i pensieri delle vittime.
Ci sarebbero tanti aggettivi da attribuire a questo romanzo: di certo, di convenzionale non ha nulla. Non segue nessuno schema, è destrutturato nello spazio, nel tempo e non si cura della focalizzazione. Il linguaggio diretto, le scene crude, brutali tanto da risultare disturbanti, il continuo avanti e indietro nel tempo e nello spazio, la costruzione graduale di una back story terrificante, di un passato nero sia per Cesari e Capuozzo che – e soprattutto – per Marco e Gemma, sono tutti elementi che danno una connotazione definita al testo: non è politicamente corretto, non si salva nessuno, l’epilogo non riconcilia il lettore con il mondo di carta da cui è appena riemerso.
Un’apnea che dura per tutto il tempo della lettura e che non ti lascia libero di riprendere fiato neanche dopo.
Così è, se vi piace – semicit.
Per dire, consigliatissimo a chi ha voglia di emozioni non calmierate.
Recensione di Claudia Cocuzza