Il canto della falena – Maria Elisa Aloisi

A Catania è un autunno mite ma un poco crepuscolare. Qui vive l’avvocato penalista Ilia Moncada, che passa le sue giornate tra il tribunale e lo studio Marra. Non lontano dal centro urbano, a Nicolosi, un noto commercialista è stato trovato morto nella sua villa. Si tratta evidentemente di un omicidio e diversi indizi sembrano convergere su un unico indiziato: la moglie Speranza Barone. Tra i due coniugi da tempo non correva infatti buon sangue: lui, marito negligente, a dir poco, e pessimo amministratore dei beni di famiglia; lei, fragile ed indecisa. Quando scatta il fermo per Speranza Barone in città infuria una bagarre mediatica. Perfino un giornalista televisivo molto noto, Andrea Belmonte, piomba da Roma nella città etnea. Il processo sembra avere un esito scontato. Ma i familiari di Speranza Barone, convinti assertori dell’innocenza della donna, non fidandosi (giustamente) dell’inetto avvocato Cristoforo Dito, si rivolgono a Ilia Moncada. Giovane ma scrupolosa, Ilia accetta il difficile incarico dopo qualche esitazione. Anche perché questa scelta l’avrebbe messa di fronte al suo doloroso passato sentimentale.  Nel corso del processo impiega con ben calcolata strategia tutte le possibili procedure e le necessarie schermaglie per scagionare la sua cliente. E siccome parte dal principio che conta solo la verità processuale, nonostante nutra diversi dubbi nei confronti di Speranza Barone, si impegna strenuamente nella difesa. Conduce perciò, mediante una fitta serie di dialoghi e riscontri incrociati, una vera e propria indagine parallela, interrogando familiari e amici dell’imputata, coinvolgendo luminari della medicina legale, facendo un vero e proprio scavo nel passato torbido del commercialista ucciso. Pian piano, in un serrato susseguirsi di colpi di scena, si scopre che dietro le apparenze della placida esistenza borghese si cela la cupa realtà di un inferno familiare tra violenze, intrighi, maliziosi sotterfugi e ipocrite finzioni. E qui sta la chiave per rivelare la sorprendente verità. O presunta tale.

Il romanzo, incentrato soprattutto sul processo e le indagini di Ilia Moncada, presenta un equilibrato dosaggio degli elementi propri del classico giallo giudiziario. I tanti personaggi che ne sono protagonisti si muovono in un ambiente alto-borghese infettato dalle tipiche nevrosi contemporanee. E non a caso praticamente tutti hanno alle spalle storie familiari contorte; rapporti spezzati; turbe psicologiche, tic e manie. Sullo sfondo c’è una metropoli frenetica e caotica, affollata da canaglieschi popolani; da fatui e narcisisti uomini di legge. Il tutto a dare vita ad un grande palcoscenico sociale nel quale, pirandellianamente, ognuno recita la sua parte, celando accuratamente i propri veri sentimenti. Così l’apparire prevale sempre sull’essere e in questo gran teatro non ci sono eroi puri e senza macchia.  Tutti, al contrario, hanno qualche cicatrice interiore; tutti sono inchiodati ai riti collettivi basati proprio sull’apparenza. Ed incapaci di trovare un equilibrio, se non a fatica. L’intreccio si svolge tuttavia seguendo un preciso crescendo, tra brevi pause e improvvise e vorticose accelerazioni. Il lettore non può fare a meno perciò di lasciarsi trascinare dal ritmo vorticoso degli eventi, sorprendendosi di fronte al susseguirsi delle rivelazioni che compongono, tassello dopo tassello, un mosaico che prende forma pian piano. Fino alla scoperta della sconcertante verità fattuale, braccata e alla fine agguantata dalla protagonista. Che però deve fare i conti con quell’etica professionale di cui si è detto.

Insomma, questo di Maria Elisa Aloisi è davvero un giallo «ben fatto», composto con uno stile terso e limpido, dal solido impianto dialogico, ma senza scadere in certo linguaggio scialbo e senza rinunciare alla definizione puntuale della complicata fisionomia dei personaggi. 

ALFREDO SGROI