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Il cimitero delle bambole di Maria Iervolino

Nel paese di Boccapianola, alle pendici del Vesuvio, sono tante le storie a intrecciarsi in un arco di tempo lungo quarant’anni. Storie di famiglie, ma soprattutto storie di donne, le cui esistenze nascono e si radicano tra gli eventi della Storia, la ferocia della camorra, il coraggio di chi, comunque e nonostante tutto, cammina a testa alta.

Il cimitero delle bambole si apre nel maggio del 2010, con una donna uccisa in aperta campagna; un racconto che ci porta con sé in un lungo flashback, ai tempi in cui – per dirne una – la cronaca ci dice che veniva trucidato il vicequestore Antonio Ammaturo; ci porta nelle pieghe dei silenzi di tanti abusi subiti, mentre il bacile dell’acqua benedetta per le feste pasquali si mischia col sangue innocente. È il racconto dei misteri di una villa decadente e dello spirito di Giacomo Leopardi, di tante vecchie bambole nascoste senza un perché, di tante vite che vogliono vivere e restano invece strozzate. C’è l’esistenza di Melina e delle altre, in questo affresco dai colori forti e vividi.

Ed è Maria Iervolino a dirci che tutto questo germoglia e muore sotto un sole potente e malato, nelle ombre delle cose che non si possono dire e di tutte le altre che è meglio nascondere. Ma la scrittrice non dà alla descrizione di questo microcosmo il taglio della fiction televisiva dozzinale, bensì quello di uno sguardo dal moto autentico, sincero, genuino, uno sguardo su una comunità di cui conosce ogni virgola, ogni abitudine e ogni pensiero sottinteso. Le protagoniste di questo romanzo corale compartecipano allo stesso destino, ridono e soffrono insieme: sono ginestre che crescono su rocce laviche, forse chiamate a spargere al cielo quel profumo “che il deserto consola”. Donne che sono scrigni fragili, ma portatrici di un profumo che è voglia di normalità, anelito di bene. Desiderio di infinito.

Maria sa commuovere con le sue frasi brevi e coordinate, con il suo lessico naturalmente schietto e non artificioso, con la sua scrittura che è scultura, incisione di volti, modellamento di anime. Ed è solo quando avremo chiuso il libro che ci accorgeremo che Boccapianola sarà diventata ormai parte di noi.

Per sempre.

Christian Floris