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In grazia di Dio

Un’anziana suora di clausura viene trovata sgozzata nel Convento di San Giovanni nella primavera del 1822. Le indagini sono affidate ad Alfredo Casadio, ufficiale della gendarmeria pontificia, e al suo sottoposto Dante Graziani. È subito chiaro ai due investigatori che il colpevole non vada cercato all’esterno del convento. Nonostante l’atteggiamento reticente della badessa suor Amabile e delle risposte evasive delle consorelle, grazie a un dettaglio scoperto dal Graziani, Casadio intuirà il movente e l’identità del colpevole. Ma, si sa, le vie del Signore sono infinite…

Recensione

Ho un debole per il giallo storico e, come appassionata del genere, per me i dettagli contano.

In grazia di Dio, racconto lungo ospitato nella collana I gechi di Todaro, ci porta a Bagnacavallo, nel ravennate, nel 1822.

All’interno del convento di San Giovanni Battista, adibito a educatorio per bambine abbienti, avviene un fatto inaudito: suor Teresa, la più anziana delle consorelle, viene sgozzata nella sua cella.

Essendo un convento di suore di clausura, sebbene la Storia ci abbia più volte dimostrato che non esistono fortezze inespugnabili, la logica vorrebbe che l’assassino si nasconda tra le religiose. A confermare – o confutare – questa ipotesi sono chiamati l’ufficiale di gendarmeria, Alfredo Casadio, e il suo preposto, Dante Graziani.

La Biolcati costruisce un giallo classico che si basa su uno schema deduttivo, pulito e rigoroso: gli inquirenti, con il solo ausilio del proprio intuito, passano al setaccio i luoghi e le persone coinvolte nella vicenda, formulando ipotesi e via via scartandole fino alla risoluzione del caso.

Ogni personaggio ha una peculiarità che lo rende immediatamente identificabile: la badessa, suor Amabile, con la sua voce stridula che non nasconde il fastidio per la situazione; suor Grazia, pragmatica ai limiti dell’assenza di empatia; suor Primetta, la svampita; suor Diletta, la più giovane e impressionabile; Marisa e Marcello, i due coniugi che lavorano presso il convento.

Con la stessa attenzione che rivolge alla costruzione dei personaggi, l’autrice tratteggia l’ambientazione, curando i particolari, così che chi legge possa percorrere i corridoi di questo convento di inizio ‘800, godere del cortile interno, dove si riuniscono le bambine, e dell’orto coltivato da Marcello, e, grazie anche alla parlantina di suor Amabile, che fa da cicerone agli investigatori, si ottiene una gradevole ricostruzione storica di questo luogo che tuttora esiste. Finzione e realtà quindi si mescolano e l’operazione si rivela particolarmente riuscita in riferimento a uno dei personaggi, la piccola Allegra Byron, in quel periodo ospite del convento. Ho apprezzato la delicatezza con cui Cristina fa omaggio alla bambina, intrecciando la sua vicenda personale con il giallo: figlia del celebre poeta inglese, Lord George Byron, Allegra fu sottratta alla madre e affidata dal padre al convento di San Giovanni Battista, dove morì a soli 5 anni.

Il cammeo e la dedica iniziale che l’autrice le rivolge si amalgamano alla narrazione, ne diventano parte integrante e funzionale, così che per il lettore l’epilogo risulterà doppiamente amaro: da una parte per lo scioglimento del giallo, dell’altro per il destino della piccola.

Se vi va di seguire il mio consiglio di lettura, scarica In grazia di Dio

Claudia Cocuzza

Sono una farmacista e una scrittrice. La domanda è: con due figlie, un marito, un cane e un lavoro così impegnativo, come fai anche a leggere, studiare e scrivere? Facile: non saprei vivere senza tutto questo.