Diamo il benvenuto ad Agnese Manzo, autrice di “Morte a Posillipo”.
“Morte a Posillipo” è un giallo dai tratti noir di ambientazione mediterranea. Parlaci della sua genesi.
Grazie per la domanda. L’idea che ha dato l’avvio a questa storia è nata tanti anni fa, quando avevo circa vent’anni e ho avuto occasione di trascorrere alcune settimane in una villetta semiabbandonata sulle sponde del Lago Patria, nella quale era stata sfollata la famiglia di cui ero ospite.
Nelle brume serali di novembre il luogo era tetro e inospitale, e spesso mi capitava di soffermarmi alla finestra in compagnia di un bambino di dieci anni ricco di fantasia a osservare la nebbia che proveniva dal lago, vicinissimo.
Mentre quel bianco lattiginoso pian piano avvolgeva tutto, ci divertivamo a immaginare che il giardino, nel quale crescevano solo canne, fosse diventato teatro di storie spaventose i cui protagonisti spesso erano zombie che a fatica venivano fuori da quel terreno dissestato per tentare l’assalto alla villetta.
Sin da allora ho pensato che quel panorama inquietante e surreale meritasse di essere ricordato, diventando lo scenario di una storia. Quando ho iniziato a scrivere, tuttavia, insieme alla convinzione che questa sarebbe stata la passione della mia vita, ne ho maturata subito un’altra: l’horror non faceva per me, il mio genere era il “giallo”.
Anni dopo, partecipando a un forum di scrittura che ormai non esiste più, venni coinvolta
in un gioco in cui ciascun partecipante doveva fornire a un altro scelto a caso tre elementi sui quali costruire una storia. A me capitarono questi elementi: una zia misteriosa, una casa abbandonata, un cofanetto che custodisce dei segreti. Mi sono subito piaciuti, e da questi spunti è nata la trama che si è tradotta nel mio romanzo “Morte a Posillipo”.
Leggendo, si nota la ricchezza delle varie sotto trame. La vicenda legata al protagonista adolescente mi ha fatto pensare a un romanzo di formazione. Sei d’accordo con la mia interpretazione?
Certamente: il protagonista del romanzo, Massimo, intraprende un viaggio interiore che lo porta da un punto di partenza di assoluta confusione a un punto di arrivo fatto di consapevolezza e di rimpianto. Durante il periodo che trascorre nascosto nella villetta di Lago Patria ritroverà, all’interno di un cofanetto da pochi soldi, dei piccoli oggetti senza valore – una foto, vecchi scontrini, una lista della spesa – che gli permetteranno di scoprire una dolorosa verità sul suo passato e sulla realtà delle persone che lo circondano, ciascuna delle quali ha trascorso la vita a custodire un segreto che ormai non ha più nessuna importanza, se non per lui.
Che strada ha percorso “Morte a Posillipo” prima di arrivare alla pubblicazione?
“Morte a Posillipo” era arrivato secondo a un concorso di Libromania in cui solo il primo classificato veniva premiato con la pubblicazione. Tuttavia, a uno degli esaminatori la storia era particolarmente piaciuta e così pochi giorni dopo sono stata contattata dal loro editor e abbiamo iniziato insieme la bella avventura del lavoro di revisione. Aggiungo che il titolo in origine era diverso, quello che avevo scelto era “Tre alternative”, in quanto tre erano gli indiziati. Mi fu consigliato di cambiarlo, perché non colpiva l’immaginazione e non restava in mente. Ancora oggi mi domando se sia vero, ma temo di sì!
Scriverai ancora gialli oppure hai intenzione di sperimentare nuovi generi?
Attualmente sto lavorando al seguito di “Morte a Posillipo”, un secondo episodio in cui ci sono gli stessi inquirenti ma l’ambientazione è in Romagna.
In “Morte a Posillipo” si racconta di come il Vice Commissario Claudio Giglio sia un vagabondo sempre pronto a spostarsi nei vari Commissariati d’Italia, e in questa nuova indagine si trova per l’appunto in missione a Cesenatico, nel periodo delle vacanze estive.
Spero di riuscire a terminare la stesura entro l’anno, carenza di tempo permettendo.
Nello stesso tempo mi dedico anche, molto saltuariamente purtroppo, a un altro romanzo di narrativa generale con il quale sono in conflitto da anni: è la prima storia che ho provato a mettere su carta, ambientata a Milano. Non riesco ancora a darle un’impostazione che mi soddisfi, e questo mi rafforza nell’opinione che scrivere di narrativa generale sia, almeno per me, più complicato rispetto ad altri generi.
Ringrazio tutto lo staff de Il Giornale delle buone notizie e tutti i suoi lettori per la disponibilità ad ascoltare la mia storia.
Grazie a te. A presto!
Claudia Cocuzza