Il romanzo storico di Franco Forte ripercorre la vita e le imprese dell’uomo che dopo più di tre secoli dalla caduta dell’Impero romano, nel Natale dell’anno 800 viene incoronato a Roma imperatore del Sacro Romano Impero per mano del Papa Leone III coll’appellativo di Karolus Magnus.
L’abate Angilberto fece un passo di lato, consentendo a Carlo di vederlo attraverso lo specchio.
«Questa notte il pontefice celebrerà la tua consacrazione, affidandoti l’imperium. Tutto il mondo tornerà a rifulgere della gloria dell’impero romano.»
[…] Carlo fece un sospiro […]
«Il Sacro Romano Impero» specificò. «Così mi è stato suggerito di chiamarlo.»
Il dialogo, tratto dal prologo, focalizza in prolessi il punto nodale della grande avventura di Carlo Magno, primogenito della stirpe dei Carolingi, per poi, tornare indietro nel tempo, al 6 gennaio del 754, anno in cui il sovrano aveva ancora 11 anni. Parte da qui la storia della sua vita e delle sue gesta, che l’autore dispone in due libri a sua volta divisi in prima e seconda parte. Il primo di essi, titolato L’ascesa, nella prima parte dal titolo Il ragazzo, narra dell’infanzia e dell’adolescenza di Carlo e ne segue le vicissitudini fino all’incoronazione a re avvenuta nel 772 nella basilica di Saint-Denis, a opera dell’arcivescovo Wilcaro per volontà del papa Adriano I.
Nella seconda parte, titolata Il re, Carlo, già trentenne, è impegnato nelle campagne militari che dovranno garantire la solidità del suo potere. Rientrano in questa fase della narrazione due episodi che hanno acquistato nella storia della letteratura europea un’eco famosa: la discesa in Italia attraverso le Alpi, emulo di Annibale, per attaccare i Longobardi
Se la sua impresa avesse avuto successo, i suoi discendenti ne avrebbero parlato per generazioni, esaltandolo e forse paragonandolo al grande Annibale, che era riuscito a compiere la traversata delle Alpi portando con sé addirittura degli elefanti.
«Se c’è riuscito lui» si disse a mezza voce, prendendo un pezzo di carne essiccata e masticandola con rabbia, «allora ce la faremo anche noi.»
E la disfatta di Roncisvalle:
Carlo si accigliò. «E Rolando?»
[…]Carlo comprese quello che dicevano gli occhi di Irmin prima ancora che iniziasse a parlare.
«Il duca Rolando è morto combattendo. Ha difeso con la vita il suo re, la sua terra e la sua gente. E ha consentito alla retroguardia di presidiare il valico sui Pirenei, per impedire ai Saraceni di violare le nostre terre.»
Il secondo libro, Il dominio, suddiviso anch’esso in una prima parte, Il soldato, e una seconda, L’imperatore, ripercorre le vicissitudini militari e le azioni diplomatiche e politiche, del sovrano. I suoi ambiziosi progetti, quali, ad esempio, la costruzione del palazzo di Aquisgrana, della cattedrale e di tutti gli altri edifici in cui avrebbe risieduto la corte dei Franchi.
«Quello che l’uomo più potente del mondo si merita è un palazzo che faccia impallidire anche le basiliche di Roma e dimostri a tutti che sei tu l’imperatore.»
[…]«È magnifico, sono d’accordo» commentò
La fondazione della Schola Palatina:
«Sono entusiasta del tuo progetto, maestà» affermò [Alcuino] con voce vigorosa. «Il braccio armato di Dio ha bisogno di una Schola Palatina che diffonda la conoscenza nel mondo.»
L’epilogo narra infine la sua morte. L’imperatore ha ormai abbandonato ogni desiderio di lottare, ma nel delirio le sue ultime parole sono ancora una volta piene di tensione per le sorti future della dinastia:
«Devi farlo venire qui» disse Carlo ad Alpaide […]«Deve assistere al mio funerale e prendere la corona lo stesso giorno.» «Di chi parli?» […]
«Ludovico» rispose lui con un filo di voce. «Deve garantire la successione del sangue carolingio.»
«Promettilo…» […]
«Lo farò, stai tranquillo».
Carlo allargò lo spettro di un sorriso sul viso scavato, poi richiuse gli occhi e si abbandonò sul cuscino.
Questi in breve i fatti essenziali, ma molti altri, di vita privata e pubblica, si succedono nelle 732 pagine che compongono il libro. L’autore per poterlo realizzare, ha condotto una straordinaria ricerca storiografica nell’intento di offrire al lettore un quadro esaustivo del personaggio e del contesto, come testimoniano anche le pagine iniziali destinate alla stesura di una minuziosa genealogia della stirpe, da Pipino il Breve a Ludovico il Pio.
L’obiettivo a cui tende questo suo enorme sforzo letterario ce lo dice in chiusura del romanzo lo stesso Franco Forte:
Ciò che mi preme è che la storia di questo grande uomo, Carlo Magno, sia conosciuta da più persone possibile. Perché ha tanto da insegnarci, e perché credo sia una magnifica storia: di un uomo, di un’epoca, di un passato che appartiene a tutti noi e che dovremmo conoscere più a fondo per capire meglio il presente in cui viviamo.
Obiettivo raggiunto dato che pagina dopo pagina, il personaggio di Karolus si presenta al lettore come ambizioso conquistatore e abile statista ma soprattutto come l’eroe di un Bildungsroman, un uomo che ha plasmato il suo carattere vivendo amori, sfide, momenti di gioia, di esaltazione, rinunce e perdite dolorose.
La comunicazione letteraria
Come si sia potuti giungere a questo risultato è facile intuirlo. Chi ha letto i libri di Franco Forte conosce già il suo talento di autore nel racconto di storytelling storici, da Roma in fiamme, a I sette re di Roma, da Carthago a L’uranio di Mussolini e altri ancora. Lo scrittore in Karolus ne dà un’ulteriore prova, affiancando un vero storico rigoroso e accurato anche nella ricerca sociologica, ad un verosimile scevro da condizionamenti ideologici come avviene ad esempio nella trasfigurazione giansenistica di Ermengarda e Adelchi nella omonima e celeberrima tragedia manzoniana. Altro punto di forza del romanzo è senz’altro rappresentato dalla capacità di tenere sempre alta l’attenzione del lettore senza mai annoiarlo anche in presenza di argomenti complessi o ostici per la specificità della loro natura. Per ottenere quest’altro obiettivo l’autore si avvale di un linguaggio immediato, dinamico, che concede ampio spazio al dialogo e mette in campo anche le sue doti di sceneggiatore. Di non minore importanza risulta, infine, la focalizzazione di oculate scelte tematiche. Ne citiamo due tra quelle che ci sono sembrate più rilevanti.
Un sistema etico
La storia di Karolus è anche narrazione di conflitti emotivi e di sentimenti. L’odio, l’invidia, il rancore, però, pur essendo presenti e rappresentando il motore di determinate situazioni e scelte, non appartengono mai al protagonista.
Carlo ha un carattere impetuoso, passionale, insofferente, ma è essenzialmente dotato di un animo nobile e magnanimo. In quanto tale, nutre un rispetto reverenziale per la chiesa sebbene sin da ragazzo gli sia divenuta bene chiara la distinzione tra chiesa militante e potere temporale.
«Molto bene» approvò il vescovo, sfregandosi le mani. «È giunto il momento di restituire a Dio i suoi territori.»
Carlo lo guardò divertito. «A Dio o al papa?»
«Non è forse la stessa cosa?» rispose sorpreso Turpino.
Altra faccenda è il rapporto col Creatore, un Dio intransigente che il sovrano teme e di cui non sempre capisce i disegni:
L’avrebbe scacciato combattendo per il Signore, questo era chiaro, ma non per rendere omaggio ai simboli del potere temporale. Lo avrebbe fatto per se stesso, perché solo quando fosse stato abbastanza vicino a Dio da poterlo guardare negli occhi avrebbe potuto chiedergli spiegazioni per tutto il dolore causato a lui e a sua moglie.
Di più facile comprensione è invece l’amicizia, un fatto tutto umano, tra uomini, un sentimento forte, leale come quello che lo lega al valoroso Irmin, pronto a seguirlo ovunque, a barattare la sua vita per quella del suo signore. Irmin, guerriero generoso e fedele, lo accompagnerà per tutta la vita, ne condividerà le mille esperienze, invecchierà con lui.
Stai invecchiando anche tu, allora» constatò [Carlo] «Eppure ti vedo allenarti con lo spadone tutte le mattine, e non mi pare che quei giovincelli che fanno a gara per sfidarti possano avere la minima possibilità di impensierirti.»
C’è poi l’amore presentato in tutti i suoi aspetti. Quello fraterno che lo lega senza riserve alla sorella Gisela. Quello più contenuto ma egualmente profondo che nutre per i suoi genitori, soprattutto per la madre Bertrada. Più distratto sembrerebbe quello manifestato verso i figli a causa degli onerosi impegni che lo costringono a stare lontano da loro. Carlo al contrario li ama tutti, anche quelli che è stato costretto a ripudiare per ragioni di stato. C’è infine l’amore per le donne, un sentimento complesso in cui sesso, tenerezza, rispetto, passione, si avvicendano e spesso convivono.
Un mondo femminile
In realtà quello che ruota intorno a Carlo è un mondo fatto di donne, per essere più precisi, tra i personaggi del romanzo sono proprio loro a ricoprire i ruoli più incisivi. Tra i più importanti quello della regina madre Bertrada, figura fondamentale nella vita del futuro imperatore, capace di saper sacrificare alla ragione di stato anche i suoi sentimenti di madre:
«Non è il momento migliore per parlarne, lo so» aveva poi esordito lei con aria grave. «Però una madre deve guardare avanti, e capire cos’è meglio per il bene dei suoi figli, del re e di tutto il regno.»
Un ruolo altrettanto rilevante è quello della sorella Gisela che Carlo amerà sin dalla sua nascita profondamente.
«Ma tu non sai proprio niente!» sbuffò Gisela. «Come diavolo faresti senza di me, fratello?»
Carlo le sorrise. «Per questo ti voglio bene, sorellina.»
Destinata al convento, anche lei per ragioni di stato, gli resterà accanto fino alla morte.
Anche se era molto invecchiata rispetto all’ultima volta in cui l’aveva vista, Carlo aveva riconosciuto subito la sorella, e la postura che lei teneva quando decideva di affrontarlo. Adesso indossava l’abito da badessa, ed era più robusta di quanto ricordasse, ma non aveva perso quella luce nello sguardo che lo aveva sempre divertito e intimorito al tempo stesso.
Mogli e concubine scandiscono le fasi della vita del sovrano. Sono tante, ma tra tutte Imiltrude, Idelgarda e Liutgarda sono quelle che hanno lasciato una traccia indelebile nel suo cuore.
Infine Alpaide, la figlia avuta da Imiltrude e ripudiata. Tutte le donne della vita di Carlo, lo hanno amato di un amore profondo ma è lei quella che, malgrado i torti subiti e le sofferenze patite, lo ha fatto incondizionatamente e per questo appare a nostri occhi come il personaggio più umano in assoluto.
Lei aprì un mezzo sorriso che lo riportò indietro nel tempo, fino ai giorni in cui, da bambina, gli saltava intorno e si aggrappava alle sue vesti per chiedergli di essere presa in braccio.
Lui l’aveva ripudiata, come aveva ripudiato la madre, Imiltrude, e soprattutto il fratello,
[…] «Mi dispiace…» mormorò allungando una mano per accarezzare le rughe che le solcavano il viso.
«Tu non ne hai colpa» lo rassicurò lei con l’ombra di un sorriso.
La “Prof” Maria Lucia Martinez